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Da Pompei parta un nuovo servizio di leva

Abbiamo abolito il servizio militare. Il tasso di disoccupazione giovanile monta. Il nostro patrimonio culturale va perdendo la necessaria manutenzione. Il nostro export collassa.

Mettete assieme questi 4 fatti apparentemente non legati tra loro e chiedetevi perché non obbligare tutti i nostri 18enni a lavorare 3 mesi dopo la maturità presso i centri culturali nevralgici del Paese: chiese, musei, siti archeologici.

Sarebbe splendido. Coraggio ad attuare un disegno di legge al riguardo? Capacità di organizzare e monitorare la qualità di una macchina di questo tipo?

3 comments

  1. Giacomo Gabbuti

    23/12/2011 @ 18:29

    Un’idea che mi sollazza in testa da qualche tempo è: perché non pensare proprio ad una intelligence archeologico-culturale da inviare in missione all’estero al posto o accanto alle missioni di pace? Creando scuole superiori in lingua inglese, offrendo borse di studio a studenti di paesi usciti da conflitti o in transizione (e invece facendo pagare il giusto a chi dall’occidente ricco volesse venire a studiare Beni culturali a Roma, Firenze, Venezia..). Potrebbe essere pensato anche includendo accordi di collaborazione nella creazione di infrastrutture turistiche e alberghiere.
    E’ fantasia in libertà, ma visto che già diverse istituzioni ed università operano in tal senso, e che i nostri interventi militari son spesso contrastati a livello di opinione pubblica, incerti nelle tempistiche e talvolta misconosciuti (si veda i ringraziamenti di Obama sulla Libia), forse potrebbe costituire un risparmio di spesa, fornire una prospettiva per le eccellenze umanistiche del nostro paese, e perché no un biglietto da visita per un’idea diversa di Italia.

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      • Giacomo Gabbuti

        24/12/2011 @ 12:50

        Condivido pienamente, infatti pensando alla sua proposta ho rivisto la mia fantasticheria come un modo, eventualmente, di dare una prospettiva continuativa ad uno slancio di questo tipo.
        Del resto la nostra storia è piena di momenti in cui iniziative sono nate spontaneamente, e non credo sia cambiata la gente, quanto i ritmi di vita (penso a chi l’estate della maturità la passa a preparare test d’ingresso o alle sessioni invernali che richiedono di correre già da settembre) e l’assenza di organizzazioni diffuse in grado di mobilitare. Anche senza un carattere impositivo, se lo Stato fornisse un contenitore in cui veicolare i mille slanci individuali, credo avrebbe molto successo.

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