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E’ tutta colpa nostra, non dei tedeschi. Lettera di un imprenditore italiano

Quando abbiamo firmato per una unione monetaria abbiamo fissato il cambio lira-marco ma non la nostra competitività rispetto ai tedeschi, cioè la nostra capacità di competere con le loro aziende sul prezzo per il mercato internazionale.  Da cosa dipende se un consumatore acquisterà le nostre o le loro lavatrici? Dal prezzo (pensiamo per ora ad una qualità simile).  Il prezzo deve coprire i costi dell’imprenditore.  I costi di produrre una lavatrice dipendono in buona parte dal fattore lavoro, da quanto costa per ora lavorata e da quante ore ci mette a lavorare sulla lavatrice, ovvero dalla sua produttività. Ebbene, da 10 anni l’Italia ha lasciato la Germania superarla in guadagni di produttività e in moderazione salariale come un maratoneta dilettante dalle scintillanti scarpe da 300 euro si fa superare da un olimpionico africano dai piedi nudi. Gongolando e rimirando la nostra vana bellezza, come la cicala, siamo morti durante l’inverno o quasi, e chiediamo aiuto alla triste formica che così tanto ha lavorato.

E forse non ha tutti i torti a non rispondere. Ecco la mail che ho ricevuto ieri da un imprenditore italiano che lavora in Germania, desolato per le sorti del suo Paese: “l’approccio Merkel  che potrebbe essere sbagliato  a una cosa serve : ci costringere a riflettere a tanti errori che abbiamo fatto e che continuiamo a fare ed ai quali va posto rimedio. La corruzione, i sindacati irresponsabili, la demagogia da terzo mondo, la inesistenza del merito, un welfare sprecone dato a persone che dovrebbero lavorare e che invece da anni sono pagati per non lavorare; insomma una irresponsabilità generalizzata che esprime una classe politica che butta i soldi a vanvera per essere lasciata in pace si  da consentirle di rubare a quattro ganasce. In più mettiamoci il nero, la mafia e cosi via, a che serve un  euro 2 per svalutare e rilanciare la crescita ? tutto si può fare ma se non si rimuovono questi cancri di base non se ne esce anche perche non vuole lavorare più nessuno. Siamo diventati un mondo di pizzaroli e commercianti nessuno si vuole sporcare le mani; gli imprenditori rischiano i soldi delle banche, i manager imbrogliano. Forse sono troppo pessimista. Forse se riducessimo del 30% le problematiche che ci affliggono  i pochi che lavorano seriamente manderebbero avanti il paese. Chi parla più di ridurre le spese ? parlano di tasse. Per  ora il buon Monti continua a pensare a nuove  imposte che gravano su quelli che già le pagano. Ma perche non si taglia la cassa integrazione oltre i 2 anni?  Perché per esempio non si fa funzionare la Consip?  Ne parla nessuno ? Forse ci vogliono veramente la mamme tigri cinesi o le sturm truppen della Merkel col forcone che ci rimettono a lavorare!

Insomma, prima di guardare la pagliuzza tedesca, guardiamo alla trave nel nostro occhio. Concordo. Allora come ne usciamo?  L’ultima possibilità è quella di reflazionare l’Europa, cioè spingerla subito e non tra 10 anni verso la crescita dell’occupazione e produzione. E’ chiaro che l’unica espansione possibile per tirarci fuori dalla crisi la può lanciare la formica tedesca. Sono in tanti a dire che la Germania consuma poco e che il rilancio della domanda interna tedesca ci tirerebbe tutti fuori dai guai, come fa formica quando dà rifugio alla cicala. Non possiamo chiedere ai cittadini tedeschi di ridurre i loro risparmi, ma certo se vuole la Sig. ra Merkel può abbassargli le tasse alle famiglie tedesche, così che consumino di più spontaneamente. E può soprattutto spendere tanto con la spesa pubblica, rilanciando i redditi tedeschi ancora di più e con essi i consumi di tutta l’Europa. Insomma stiamo chiedendo alla Germania di oggi di fare quello che fece per i poveri e improduttivi Ossie, tedeschi orientali, di allora. Io dubito che i tedeschi lo vogliono fare, non siamo loro fratelli, né cugini come olandesi, belgi, austriaci. Né abbiamo il loro rispetto come i francesi. Se, cambiando idea, la Germania decidesse di farlo, salvando l’euro come lo conosciamo adesso, con il contrario di quanto chiede scelleratamente la Commissione Europea e la stessa Germania di oggi (basta leggere il documento pubblicato ieri), e cioè autorizzando l’espansione e non restringendo la domanda in Europa, il nostro debito (di riconoscenza, non quello pubblico!) con la Germania sarebbe immenso e andrebbe ripagato in  moneta sonante con quanto chiede quell’imprenditore italiano (visto che sì, le riforme, ma quelle vere, non l’INVALSI che ci consiglia la Commissione Europea, vanno fatte). Ci vorrebbe probabilmente una nuova classe politica, non supina rispetto a diktat burocratici, ma con un senso della propria dignità e della propria storia e forza culturale che sia capace di avviare un nuovo Rinascimento.

Se la Germania non vorrà fare tutto ciò, come è probabile, andremo incontro ad una svalutazione della lira e del nostro orgoglio. Dovrà partire non un rinascimento, ma una ricostruzione. Sarà un momento di grande sbandamento, di tensioni e rinfacci tra Paesi e, come giustamente ricordava di recente Lucio Caracciolo: “nessuno in Europa uscirà più forte dalla tormenta. L’essenziale è salvare il salvabile delle nostre democrazie, dei nostri valori, della nostra civiltà. Impedire che le devastazioni della finanza fuori controllo, le deficienze strutturali dell’euro e la delegittimazione della politica riproducano i mostri del razzismo autoritario. Contro i quali non esistono vaccini eterni”.

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