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Spain 4 Italy 0: la Furia Roja beats the Azzurrini

At the end of June of this year Italian spreads over German bunds were lower than Spanish spreads by 60 basis points, 0.6%. One month later both countries were perceived as equally risky by investors. After that Italy became increasingly more risky than Spain. It has remained more risky  ever since.

Then came Monti. When elected, the situation was exactly the opposite than in June: 60 basis points higher were Italian yields this time. Monti quickly created enthusiasm in financial markets and one week into his mandate the spread was down to 22 basis points. It was the same day in which Rajoy won elections in Spain, with many doubting on the Spanish conservative to generate successful policies.

After that, however, the honeymoon with Prof. Monti and the markets ended and started the one with Rajoy: the spread between Italy and Spain rose to 83 basis points on December 5, then 111 on December 14, then 166 on the 19th, the day in which Dr. Rajoy addressed the Parliament with his programme.

Markets are volatile we know. And things might change quickly in the near future. But something must have convinced investors; something must have been more credible in Dr. Rajoy’s policies than in Prof. Monti’s ones, I told myself.

So I downloaded Dr. Rajoy’s speech and while my Spanish is quite shaky I think I got the gist of it, and I think I know why Spain is faring better in market’s hearts. Mind you however: it is not true that Spain has an easier task than Italy in begining to solve its problems. True, Spain has a bit more than half of the Debt over GDP ratio of Italy but it also has more than than double its unemployment rate.

So here are my reasons of Spain’s current leadership over Italy:

Spanish upside over Italy n. 1: fiscal stability will be achieved but not by 2013, but by 2020. This allows for less recessionary measures in a very dark period of the economy. There will be less social tensions, more output growth and thus more space for credible reforms. markets like that, for sure. I do too by the way.

Upside n. 2: Rajoy gave a 360° (bold) program (plan) that encompassed all issues relevant for Spanish society. Exports, education, public sector, work, energy …you name it! He thus gave a sense of being capable of mastering a complicated administrative machine but also of having a sense of direction for the future of his country. He is also a politician, who has the goal of succeeding so as to win elections again, you might say. Absolutely, and that is a good thing that pushes him to embrace growth-oriented policies. Yes, I like that too.

Upside n. 3: Rajoy is clearly concerned about the social cohesion of his country. Pensions for the weakest are about the only thing for which he asked higher expenditures. Labor market reforms, after being discussed with trade-unions,  must go in the direction of strengthening the rights of workers while making employment entry easier. This creates an environment conducive to calm industrial relations and therefore to greater stability.

Upside n. 4: Rajoy clearly gave a big weight to the issue of achieving better government. He indicated that waste in public procurement of goods and services would be cut also through tools of centralization. Spending cuts of waste are not recessionary: they free up space (resources) for more public demand with no greater deficit, boosting immediately growth.

I am not surprised that markets are rewarding (promises of) growth and thus credible stability over non credible stability because of lack of growth. Are you surprised?

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Liberi di spendere. Bene.

Mi succede questa cosa strana. Che ovunque io vada, quando parlo di espandere la spesa pubblica finanziandola con tassazione o con … (vedi dopo prossimo post in italiano) senza creare deficit o debito, la gente (quella più benevolente, ok … ) mi dice che “l’Europa non ci permette di fare deficit”. Allora rispondo, no ma guarda non è in deficit, la finanzio con maggiori tasse o con … (vedi dopo) e allora si rilassano un poco ma mi guardano sempre strano. Se gli dico che fare spesa pubblica in questo modo nelle condizioni odierne diminuisce e NON aumenta il rapporto debito/PIL e deficit/PIL mi credono poco, anche se accettano che il PIL salga a seguito della maggiore domanda pubblica. Se però gli spiego quello che sta succedendo in Grecia dove la spesa si riduce, le tasse aumentano, il PIL crolla di conseguenza e il rapporto debito/PIL è salito alle stelle mi danno più retta.

Oggi mi è successa una cosa strana, diversa, ma sempre significativa. Lo scetticismo ha fatto un passo più in là. Un collega che stimo molto mi ha detto: “bisogna accettare il fatto che l’Europa non permette di fare maggiore spesa pubblica” e dunque non ci è consentita, anche se questa non aumenta il deficit/PIL. Lo stesso collega un’ora prima aveva detto che nell’Unione Europea convivono paesi con livelli di spesa/PIL molto bassi (Regno Unito), medi (noi e la Francia), alti (i paesi scandinavi) e che quello che conta nella sostanza non è il livello della spesa ma come si spendono quei soldi. Dunque, ne deduco, l’Italia può passare al livello della spesa della Finlandia (55% circa) senza colpo ferire e senza critiche europeee, basta che non peggiorino il debito ed il deficit sul PIL.

E in effetti non è vero che non siamo liberi di sceglierci la spesa che vogliamo a livello nazionale.  Non è vero che non siamo liberi di decidere quanto e quale Stato avere nella nostra economia, in recessione come oggi e in tempi normali (come non vedremo per tanto tempo se continuiamo a fare queste politiche folli). Purché non conduca ad instabilità di deficit e debito su PIL. Abbiamo dunque margini enormi di indipendenza. Dobbiamo usarli. Usarli bene. E qui si apre un oceano di discussioni serie. A tra poco.

Ps: e aggiungo. Non è nemmeno necessariamente vero che se si spende male bisogna per forza ridurre la spesa pubblica. Nel settore privato se un manager non è bravo non si chiude l’azienda, non si smette di produrre: si cambia il manager, sperando che il prossimo possa fare meglio.

 

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Quelle domande sulla spesa pubblica che non facciamo. Mai.

Tagliare la spesa. Il dibattito perenne e sempre mancato. Soprattutto: quante domande mancate!

Non è vero. Qualche domanda ce la facciamo. Domina in Italia il quando tagliare. Mai? A volte no, a volte si rimanda. Così, per vivacizzare la cosa. Prendete l’ultima manovra estiva 2010 tremontiana (art.8, comma 5), che indica un tetto agli acquisti di beni e servizi (consumi intermedi) delle Amministrazioni Centrali e Periferiche dello Stato per il 2012 e per il 2013 pari ad una riduzione rispettivamente del 3% e del 5% in riferimento ai due anni rispetto al valore storico dell’anno 2009. Perché mai, se si era deciso di tagliare, bisognasse tagliare dopo non era chiaro, ma sta di fatto che, giusto o sbagliato che fosse, tutto il dibattito si fermò lì.

In realtà si tentò anche di fare un’altra domanda, dato il taglio, di come tagliare tale spesa. Una domanda già più interessante. Ma senza risposta, o se vogliamo, con risposta disarmante: tagli orizzontali, cioè uguali su tutti i capitoli di bilancio, stessa proporzione. Compri bene? Compri male? Tutti tagliati uguale. Bello stimolo ad essere bravi.

Mai si cerca di introdurre una domanda chiave quale, dove comprare o dove tagliare la spesa. Per carità. Compri gelati? Compri ecotomografi? Non c’è differenza. Eppure si parla in tutto il mondo (compreso in Europa, dove la Commissione Europea ha appena terminato la nuova consultazione per modificare la Direttiva degli appalti in una direzione più aperta all’impatto industriale del procurement pubblico) di come il procurement pubblico (acquisto di beni, servizi, lavori da parte della Pubblica Amministrazione) possa sostenere, tra l’altro, l’innovazione tecnologica oppure la domanda e l’offerta di beni ad alto contenuto ecologico. Mentre in tutto il mondo la domanda pubblica fa nascere nuovi mercati ed è diventata strumento forte di politica industriale, noi ci condanniamo, per la mancanza di una cabina di regia nazionale e di voglia di costruire un settore pubblico migliore, a subire molto spesso una domanda pubblica non coordinata e spezzettata, perdendo opportunità di sinergie e risparmi.

Proibito è il dibattito apertissimo (fuori dall’Europa) di politica industriale del “da chi comprare” o da chi non comprare, essendo ben noto che mentre alle piccole imprese negli Stati Uniti è riservato come minimo il 23% della domanda pubblica (e un “ambasciatore” della piccola risiede presso ogni grande amministrazione pubblica, messo là dal Governo a controllare che le gare non siano di dimensione talmente grande da escludere senza grandi vantaggi le piccole aziende)  in nome della futura partecipazione e concorrenza, in Europa proprio in nome della stessa concorrenza si dice (seriamente, senza vergognarsi neanche un po’ dell’assurdità di una tale affermazione) che piccole o grandi corrono alla pari, bastando che i bandi siano pubblicati per garantire tale uguaglianza di trattamento.

E non solo proibito ma tabù risulta fare la madre di tutte le domande, perché ridurre la spesa?  Due qui sono le questioni a cui va data risposta. Perché ridurla e non migliorarla? Questa è una domanda strutturale a cui possiamo e dovremmo rispondere in ogni momento del ciclo economico, buono o cattivo che sia. Secondopoi, c’è la questione ciclica che attraversiamo. In tutto il mondo si nota che in un momento di crisi l’impatto della minore (maggiore) spesa è recessivo (espansivo), come sostiene lo stesso Fondo Monetario Internazionale. Uno studioso del calibro di Riccardo Fiorito scrive come La principale conclusione è che la componente discrezionale della spesa pubblica dovrebbe aumentare solo in periodo di recessione, purché essa sia insieme efficace e revocabile.  Gli esempi in Italia vanno purtroppo nella direzione opposta. In materia, la mia analisi sui fatti stilizzati della spesa pubblica nei G7 mostra, comunque, che solo gli acquisti intermedi anticipano ovunque positivamente il PIL. Eppure, gli acquisti intermedi sono spesso considerati una forma di spreco solo perché sul piano politico sono meno costosi da tagliare rispetto alle altre spese.

In realtà, si dirà,  il FMI sostiene che gli impatti espansivi della spesa sono minori qualora un Governo abbia una situazione di partenza di alto debito pubblico come da noi.  Non mi è mai risultato chiaro quale sia il fattore che faccia ridurre la forza della spesa quando il debito è alto. Forse il fatto che la maggiore spesa segnala minore capacità di ripagare il debito e che dunque renda più cauti i consumatori nello spendere. Ho 2 obiezioni forti al riguardo. Primo, stiamo parlando di spesa in una recessione. Se questi programmi di spesa sono adottati in periodi di recessione la maggiore crescita che viene ad essere causata dalla spesa pubblica ha un impatto enorme su famiglie ed imprese vincolate dal credito: è difficile immaginare che queste non siano sollevate dal crescere del reddito più che preoccupate della futura maggiore tassazione. Secondo. Nulla osta che questi aumenti di spesa non siano finanziati da maggiore debito ma siano: a) finanziati da tassazione, senza scalfire il debito oppure b) finanziati da tagli di spesa pubblica proprio sugli (altri) acquisti, se con questa spesa che tagliamo intendiamo i trasferimenti impliciti negli sprechi negli appalti. Ambedue i meccanismi scatenano la domanda aggregata in una congiuntura in cui le imprese altrimenti non ricevono ordini, non producono, non occupano.

Ribadisco, ambedue. Ma ora lasciatemi approfondire il secondo canale di finanziamento della spesa chiamata domanda pubblica, cioè quello con un pari taglio di altre spese di apparente domanda pubblica di beni e servizi. Perché dico apparente sarà chiaro tra poco.

Immaginate di avere una amministrazione, una ASL, ASL 1, che compra 1 ecotomografo  a 200.000 euro quando in realtà si dimostra che qualche altra ASL, la ASL 2, lo compra a 100.000 euro. Ora fate sì che siate in grado di avere questa informazione e possiate tagliare quella spesa di 200 a 100 mila euro. Cosa è successo alla spesa pubblica? E’ diminuita di 100 mila euro? Sì, ma comprate sempre due ecotomografi. La spesa nominale è cambiata ma quella reale, l’unica che conta per i cittadini, è rimasta uguale. Nessuna macelleria sociale, i 2 ecotomografi sono sempre lì. Cosa avete tagliato allora? Un mero trasferimento che andava dai contribuenti a imprenditori corrotti o che approfittano di amministratori incompetenti e che vendevano a 200.000 un ecotomografo che poteva essere comprato dalla ASL 1 a 100.000 euro. Quando tagliate un trasferimento di questo tipo non tagliate il PIL, lo ridistribuite semplicemente. In questo caso, tagliando lo spreco fate un mero ma importante trasferimento di un extra-profitto da un’impresa a ….  a chi?

Avete liberato risorse per 100.000 euro che ora potete riutilizzare. Come? Tagliando le tasse o aumentando la spesa. E in una recessione la seconda cosa funziona molto meglio (le famiglie e le imprese in una recessione risparmiano, non domandano). Ecco dunque… 3 ecotomografi per voi.

E c’è di più. 3 economisti di grande valore hanno pubblicato sulla rivista scientifica internazionale di maggiore prestigio mondiale per noi economisti, l’American Economic Review, la loro analisi su 3 anni di acquisti pubblici di beni e servizi in italia. E hanno scoperto che gli sprechi ammontano a … 2% di PIL annuo.

2% di PIL. 2% di PIL: 2% di PIL! ma vi rendete conto. Mettetevi nei panni di un politico che si ritrovi con uno schiocco della dita in mano il 2% del PIL: sarebbe per sempre (o quasi) rieletto! Perché ora ha 30 miliardi di euro per … per abbassare le tasse o, meglio ancora in questa situazione di crisi, ricostruire carceri, scuole, strade, paesaggio, patrimonio culturale, asili nido, ecc. ecc…. Dando lavoro a tantissime piccole e grandi imprese inneschiamo il moltiplicatore della spesa che genera reddito, occupazione, PIL e dunque anche … stabilità del debito. To be continued.

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1932-2012 – “Rigid economy is the real road to relief” . Wow.

Imagine you had a time machine. Now you have boarded it, pushed the button to travel far, but you forgot whether you have travelled back to January 1932 OR moved forward to next year, January 2012. Imagine you exit your machine and find yourself in the middle of the Country’s Presidents’ speech that, in the midst of the worse recession of the century, were to adress you and the crowd in this way:

“…  The statement of the … (majority) and … (opposition) leaders of both the Senate and the House  show a a real nonpartisan determination to cooperate with the administration to assure the  country of the balancing of the Federal budget of expenditures and income of the fiscal year beginning next July. The amount of taxes that we will need to impose for this purpose, of course, depends on the amount of the further cuts that can be made in expenditures, and I welcome any reduction that can be made and still preserve the proper and the just functioning of the Government. With the general realization of the necessity for reductions in expenditure, we should at least be able to bring about the wholesale elimination of overlapping in governmental machinery, out of which we can get some very important economies. And with the program which  has now been assured, we can also maintain the stability and credit of the Federal Government by having no increase in the national debt beyond that necessary to cover the deficit for this year, as with a balanced budget for next year we would have no increases in the debt. [....] Rigid economy is the real road to relief to homeowners, farmers, workers, and every element of the population. [...] The reduction in governmental expenditures and the stability of Government finance is the most fundamental step that we can take to this end. It can contribute greatly to employment and the recovery of prosperity (…), and it must be our concentrated purpose”.

So where did your time machine take you? January 1932 or 2012? Maybe Italy 2012? Maybe Greece 2012? France? Looks like. But no. It is just President Hoover, soon to be replaced by President Roosevelt for lack of capacity to manage economic policy. Mr. Hoover and his crazily wrong model of the economy of expansionary fiscal restrictions in a recession. Sounds familiar, I know.

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Free to spend. Effectively.

So, this strange thing happens to me everytime I argue in favor of more public spending in this recession. I am told that Italy, with its public debt, will never be allowed by the European Union to run a deficit. When I interject that, no, I am not suggesting to increase the deficit and the debt because I say ”finance this spending with taxes or cuts in waste (see next post)”, I still get a puzzled expression.

Never mind that the greater GDP we obtain by expanding public spending financed by taxes (taxes that are taken from citizens or firms that in this climate hoard and do not demand) allows for debt/GDP and deficit/GDP to fall and NOT rise. However, if I mention the Greek drama of higher taxes and lower spending with a crazy recession in the making and skyrocketing public debt I get my point through more easily.

Today the fear of public spending without deficit was raised one notch higher when I was told by a colleague that in Europe the level of public spending is chosen by the European Union and that Italy would be unable to expand spending even if it were to be proven that it would not impact negatively on the debt and deficit to GDP ratio. Wrong. In the European Union there is a wide degree of different public spending to GDP ratios. You have the scandinavian (British) countries with a much higher (lower) level than the Italians that provide for generous (scarce) and more effective services than Italy.

We as Italians are free to choose the level of public spending we think is best suited for our life. Thank God (but for an opposite opinion, see here a true Repubblican post, thank you Bob). As long, however, as we do not finance it with increasing debt/GDP or deficit/GDP, i.e. as long as we spend effectively and generate growth with it. So now the ball is in my court: how to make good public spending appear on the screen since it has never been that effective before in the past decade? Next posts.

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Cosa è una recessione?

Una recessione sono imprenditori che muoiono togliendosi la vita perché non ce la fanno più con i debiti.

Una recessione sono famiglie che non sanno se riceveranno aiuti sanitari basilari su cui hanno sempre contato.

Una recessione sono Paesi vicini che cominciano a rinfacciarsi colpe reciproche.

Italia, Grecia, Francia, Regno Unito, Europa. Per chi ne subdora l’odore puzzolente, la recessione è l’unica cosa che dobbiamo combattere, buttandola nel cestino. Tutto il resto è mero interesse particolare.

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Living within the truth. In memory of a Man

It seems that the primary breeding ground for what might, in the widest possible sense of the word, be understood as an opposition in the post-totalitarian system is living within the truth. The confrontation between these opposition forces and the powers that be, of course, will obviously take a form essentially different from that typical of an open society or a classical dictatorship. Initially, this confrontation does not take place on the level of real, institutionalized, quantifiable power which relies on the various instruments of power, but on a different level altogether: the level of human consciousness and conscience, the existential level. The effective range of this special power cannot be measured in terms of disciples, voters, or soldiers, because it lies spread out in the fifth column of social consciousness, in the hidden aims of life, in human beings’ repressed longing for dignity and fundamental rights, for the realization of their real social and political interests. Its power, therefore, does not reside in the strength of … political or social groups, but chiefly in the strength of a potential, which is hidden throughout the whole of society, including the official power structures of that society. Therefore this power does not rely on soldiers of its own, but on the soldiers of the enemy as it were-that is to say, on everyone who is living within the lie and who may be struck at any moment (in theory, at least) by the force of truth (or who, out of an instinctive desire to protect their position, may at least adapt to that force). It is a bacteriological weapon, so to speak, utilized when conditions are ripe by a single civilian to disarm an entire division. This power does not participate in any direct struggle for power; rather, it makes its influence felt in the obscure arena of being itself. The hidden movements it gives rise to there, however, can issue forth (when, where, under what circumstances, and to what extent are difficult to predict) in something visible: a real political act or event, a social movement, a sudden explosion of civil unrest, a sharp conflict inside an apparently monolithic power structure, or simply an irrepressible transformation in the social and intellectual climate. And since all genuine problems and matters of critical importance are hidden beneath a thick crust of lies, it is never quite clear when the proverbial last straw will fall, or what that straw will be. This, too, is why the regime prosecutes, almost as a reflex action preventively, even the most modest attempts to live within the truth.

Václav Havel, The Power of Powerless

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Per chi si batterà contro i potenti con le armi della verità. In memoria di V. Havel

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What is a recession?

A recession is when an entrepreneur is eaten up by debts and decides to take his life.

A recession is families not sure of receiving their basic health services.

A recession is two bordering countries fighting among their state leaders publicly.

A recession stinks. A recession brings despair and sometimes wars. A recession is the only thing that we should fight now. Concern about other issues, including inflation and budget balance, should come second.

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Passera, vola a Bruxelles!

Dopo anni di disinteresse i ritardati pagamenti della PA ottengono l’articolo di fondo del Corriere della Sera. Wow. Ne avevamo scritto un mese fa. Ma che se ne occupi il Corriere è una cosa ben più importante, bravo Di Vico.

Peccato però che non si prenda mai il toro per le corna: “Il ministro Corrado Passera ha ventilato la possibilità di rimborsare gli imprenditori assegnando loro Btp e Bot. «Piuttosto che niente, è meglio piuttosto» hanno commentato i Piccoli chiedendo, nel caso, di poter scontare in banca i titoli assegnati. La strada individuata però non è facile da percorrere: i tecnici sostengono che si corre il rischio di sopraelevare la montagna del debito pubblico italiano. Bisogna trovare, dunque, un meccanismo differente.”

No! Non bisogna trovare un meccanismo differente. Ed è assurdo dare Btp e Bot illiquidi. La soluzione è semplice: si emettono 60 miliardi di BTP e la cassa derivante da queste emissioni si consegna alle imprese, alleviando i loro problemi urgentissimi di liquidità. Ma come? E il debito? Non salirà? Certo che non salirà. Abbiamo trasformato un debito commerciale in debito negoziabile, ma il debito totale della P.A. non cambia. E dunque i mercati, che questo già sanno, non si preoccuperanno. Anzi, lo spread scenderà un poco perché capirà che esiste un governo attento alla crescita, unica cosa che interessa oggi ai mercati stessi.

L’unica cosa che il Dott. Passera deve fare è la seguente: prenotare un volo easy Jet per Bruxelles, spiegare alla Commissione Europea che se il debito negoziabile sale in percentuale del PIL (perché i debiti commerciali non sono inclusi per regola) non c’è nulla di cui preoccuparsi e che i mercati ne saranno felici, e chiudere da par suo una negoziazione delicata con un grande successo politico.

La Ragioneria sarà messa a tacere e Bruxelles, ben convinta da una telefonata precedente della Merkel di ascoltare Passera, si adeguerà, come spetta ad un burocrate di fronte alla politica.