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Dalla Politica: un solo mandato per la Bankitalia e un nome

Il mio articolo oggi sul Sole 24 Ore

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E’ complesso pronunciarsi da tecnico in una materia, come quella del rinnovo del Governatore della Banca d’Italia, divenuta ormai quasi squisitamente politica. Eppure qualcosa possiamo dirlo.

Primo. Da fonti autorevoli come il Quirinale si chiede giustamente la salvaguardia dell’autonomia e dell’indipendenza della Banca. Ora questa indipendenza deve essere ben delimitata: in particolare non significa né irresponsabilità, da un lato, né onnipotenza.

La Banca d’Italia ed il suo Governatore non sono onnipotenti nel senso che la legge del 2005 prevede che non sia il Consiglio superiore della Banca d’Italia a nominare il Governatore ma il Presidente della Repubblica con un suo decreto, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Dunque certamente non si può qualificare come “eversiva” la mozione approvata della Camera dei Deputati che impegna il Governo «ad individuare nell’ambito delle proprie prerogative, la figura più idonea a garantire nuova fiducia nell’Istituto».

Secondo. L’indipendenza della Banca deve piuttosto intendersi come libertà di muoversi operativamente per raggiungere l’obiettivo previsto dalle norme: per esempio un’efficace vigilanza bancaria. E qui è piuttosto paradossale che nel suo comunicato la Banca d’Italia si sia espressa affermando che “nella sua azione l’Istituto ha sempre agito in contatto con il governo”. Questa affermazione andrebbe qualificata per rimuovere le perplessità che essa genera nel lettore.

Terzo. E’ vero anche che un Governatore, a fronte di questa indipendenza operativa, non può dirsi nemmeno irresponsabile. Se è di fatto impossibile per la politica licenziare un Governatore non efficace durante il suo mandato, un suo non rinnovo – là dove di rinnovo si può parlare (per esempio non nel caso della BCE) – non è questione astratta ma può ben essere messa sul tavolo. Un processo di conferma e quindi di possibile revoca non è d’altronde nemmeno un’anomalia tutta italiana né una minaccia assoluta all’indipendenza dell’istituzione: in questo momento Trump sta decidendo se a febbraio revocare l’incarico al Governatore della Fed, Janet Yellen, e tutto questo non mina assolutamente la credibilità e l’indipendenza della banca centrale più potente al mondo.

Certo si corre un rischio che ha del paradossale: che il potere che la legge dà alla politica di non rinnovare per un secondo mandato un Governatore che non si è dimostrato all’altezza del suo compito possa essere usato per non rinnovare per un secondo mandato un Governatore che non si è piegato a eventuali voleri impropri della politica stessa. Il coltello come sempre può essere usato per uno scopo giusto, tagliare il pane, ma anche come arma impropria.

Nel caso di specie, se avessimo informazioni certe sulle colpe della vigilanza bancaria da parte della Banca d’Italia in quest’ultimo sessennio la cosa sarebbe semplice. Certamente vi sono stati nell’azione della vigilanza di questi anni momenti che hanno generato perplessità rispetto all’efficacia dell’azione. 2 esempi? Fino al 2013 si è minimizzata la situazione di dissesto dei bilanci delle banche italiane. I problemi sono emersi solo dopo l’intervento dell’EBA e della BCE con l’introduzione degli stress test. Questo ha ritardato il processo di ristrutturazione del sistema bancario italiano, avendo effetti negativi sulla crescita economica del paese. Si è poi permesso alle banche di collocare presso il pubblico i titoli subordinati che sarebbero stato oggetto del bail-in. Si trattava di titoli ad alto rischio non adatti al pubblico retail. I regulators avrebbero potuto prevenirne il collocamento?

Eppure, anche tenuto conto di tutto quanto sopra, non è così facile attribuire una responsabilità alla Banca quando si aggiungono a ciò gli interessi di parte politica, non sempre trasparenti (o perlomeno non sempre percepiti come tali) e quel potenziale agire “in contatto” tra Governo e Banca d’Italia, menzionato sopra.

Forse quanto ci insegna tutto ciò è che un mandato unico (come per la BCE) di 6 anni, senza l’opzione del rinnovo sarebbe lo stratagemma per risolvere questo problema in avvenire, rafforzando anche l’indipendenza operativa del Governatore. Ciò permetterebbe alla Banca d’Italia di mantenere una sua credibilità rispetto alla politica, a cui essa riporterebbe periodicamente come per la BCE, e a cui essa si sottometterebbe, come è giusto che sia, solo nel momento topico della nomina del suo vertice apicale nella figura di un Governatore con mandato unico non rinnovabile.

2 comments

  1. Difficile tutelare i risparmiatori in questo contesto di fortissimi interessi. Too-big-to-fail é una ignobile scusa …

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  2. Ottimo spunto Professore.
    Purtroppo la nostra politica (tutta) e la nostra stampa (quasi tutta) analisi così lucide non ne riescono mai a fare.

    Michele Marroni, studente Università “Tor Vergata”

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