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6 domande sulla sparizione degli investimenti in Italia

Qual è la sindrome della malattia economica italiana?

Gli investimenti.Nel periodo 2005-2015 calano del 26,3% contro il 3,5% dell’area euro (quasi 100 miliardi di euro in meno (in euro del 2010)). Il tasso d’investimento è ai minimi storici dal 2007.

Perché non si investe in Italia?

Perché manca ciò che dovrebbe stimolare gli imprenditori a investire. Mancano le due leve essenziali per far scattare la molla a rischiare da parte delle imprese: 1) un contesto favorevole a fare impresa e 2) l’ottimismo imprenditoriale.

Qual è il contesto favorevole che manca?

La Commissione europea stima che 3 imprese su 4 italiane considerano le infrastrutture del proprio Paese inadeguate, contro meno della metà per le imprese in Europa: 76% Italia vs. 46% Ue 28.

Non esiste un economia di mercato al mondo che sia competitiva senza la presenza, forte e vicina, di uno Stato che sostiene l’impresa con adeguati investimenti pubblici. Ma gli investimenti pubblici italiani sono costantemente al di sotto della media dell’Unione europea e ai suoi minimi da sempre dal dopoguerra, al 2,2% del PIL.

Beffa delle beffe, l’ultima legge di stabilità taglia nel 2016 la spesa in investimenti più di quella corrente: come volete che un imprenditore scommetta lui investendo se lo stesso Governo ha per primo paura di scommettere sul futuro?

E perché manca l’ottimismo? 

Semplice. Perché il Governo, il più importante produttore di ottimismo che esiste nell’economia di qualsiasi Paese che funzioni, in Italia ha clamorosamente fatto flop, scrivendo documenti pluriennali che deprimono le aspettative degli imprenditori.

Un esempio? L’ultimo DEF, documento ufficiale del Governo, prevede che nel 2019 gli investimenti in costruzioni siano ancora sotto del 30% (del 10% quelli per attrezzature e macchine) rispetto al 2007. Ma che senso ha dichiarare pubblicamente che nel 2019, cioè tra 3 anni e più, lo stesso Governo non crede nell’efficacia delle proprie politiche? Aspettiamo di vedere cosa dirà tra pochi giorni su questo il nuovo DEF, ma il pessimismo regnerà nuovamente sovrano, ne siamo certi.

E come rimanere ottimisti se il Governo stesso dice urbi et orbi che non garantirà nessun supporto tramite gli investimenti pubblici alla domanda privata? Se annuncia, come ha fatto lo scorso aprile (e come scommetto ripeterà tra pochi giorni) che il deficit pubblico verrà ridotto in 3 anni dal 2,2% raggiungendo addirittura un surplus di bilancio dello 0,3%, con una riduzione di 2,5%, 40 miliardi di euro di manovre che uccidono l’economia?

Cosa servirebbe per ripristinare fiducia e competitività per far ripartire gli investimenti?

Prima di tutti abbandonare la costruzione europea del Fiscal Compact. La flessibilità renziana non basta. Come ha detto pochi fa il Centro Studi di Confindustria: la flessibilità permette di avere “una minore riduzione del deficit di bilancio strutturale pari a 0,6 punti di PIL (più di quella consentita pari a 0,4)” ma “nel 2017 e nel 2019, se si desse seguito a quanto previsto dal Patto di stabilità e crescita la restrizione dovrebbe essere almeno dello 0,5% del PIL l’anno. Se si tiene conto delle clausole di salvaguardia che sono ancora attive, la correzione nel 2017 dovrebbe essere di 1,4 punti di PIL, circa 24 miliardi, l’anno successivo di ulteriori 0,2 punti e nel 2019 di 0,5 punti di PIL.”

Quanto basta per ammazzare il malato e a fare rinunciare a qualsiasi impresa di investire in Italia, terra di austerità e mancanza di opportunità.

Basterà far fuori il Fiscal Compact?

Ma no che non basta. A livello negoziale in Europa e per aiutare effettivamente il contesto italiano e la domanda pubblica a creare le giuste condizioni per la ripresa abbiamo bisogno di imparare a spendere bene, una volta per tutte.

Una spending review si rende dunque improrogabile: ma una spending diversa da quelle perorate sinora, fatte di idiotici tagli a casaccio. Una spending mirata a identificare gli sprechi, eliminarne le fonti (corruzione ma soprattutto insufficienti competenze), utilizzare i risparmi scovati per investire in competenze nel settore pubblico e per finanziare quegli investimenti pubblici di cui imprenditori e cittadini sentono oggi un bisogno indicibile.

Tutto qua.

Dati (e figure) ottenuti grazie al Centro Studi di Confartigianato.

17 comments

  1. Gustavo,

    dimentichi un fattore non marginale. Quasi un terzo delle imprese italiane ha livelli di debito molto alti (Debito/Ebitda > 5) e sono quindi “sotto tutela” dal sistema bancario e ha negoziato dei covenants che impediscono gli investimenti. Quindi anche volendo queste imprese non possono investire. Nota bene che non sto parlando di NPL, queste sono imprese ancora classificate in bonis o al massimo come ristrutturate. Non ho calcolato quanto pesa sul gap di investimenti privati ma certo qualcosa pesa.

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  2. Condivisibile, ma ormai cosa dovrebbe fare l’Unione Europea lo sanno anche molti uomini della strada.
    Davvero crede che a Francoforte sbaglino perché non conoscono l’economia?!
    Il problema è COME e soprattutto SE si può ottenere qualcosa dalla Germania e dalla Bundesbank.
    Chi può aprire questa discussione con la Merkel? Renzi?! Holland?! Suvvia, siamo seri.
    C’é qualche minima possibilità di ottenere quello che ha scritto?
    Se non risolve prima il problema del chi e del come, scrivere centinaia di post sul che cosa è demagogia.

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    • Certo che c’è. E sa qual è? Continuare a scrivere centinaia di post sulla cosa giusta. La goccia scava la pietra, mica siamo qua con le pistole a sparare a chi la pensa diversamente da noi. Le consiglio di scrivere tanto anche lei, se siamo due, siamo più forti.

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  3. Egregio Professore
    Vuole veramente farci credere che l’efficienza delle infrastrutture pubbliche in paesi come Bulgaria, Romania, Cipro, Malta, Slovenia…(finanziate con i fondi strutturali UE) sia tale da incitare alla fiducia ed incoraggiare il fare impresa?
    E quando pensa all’azione rassicurante di uno stato forte, pensa ai piani quinquennali sovietici o alle partecipazioni statali democristiane?

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    • Che domanda strana. Certo che se non sono bravi questi Paesi a usare i Fondi non si incoraggia. Mica ho detto che tutti lo sanno fare. Ma prenda la Polonia: fantastico utilizzo, fantastica crescita.

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  4. Veramente di domande “strane” c’è n’erano due.
    Ma vede, fra uno Stato ed un imprenditore la propensione all’investimento non dipende né dal coraggio né dall’ottimismo (diciamo fiducia) né da correlazione alcuna fra “pubblico” e “privato”.
    Dipende prima di tutto dalle condizioni congiunturali proprie al settore d’attività dell’impresa e poi dal livello di indebitamento che il suo modello economico può sopportare. Nel caso dello stato, dalla fiducia dei mercati nella sostenibilità del debito sovrano, nel caso delle imprese dalla solidità del sistema creditizio che le finanzia e dalla competitività del loro business model.
    Per tutte le imprese passate in mano straniere (da Gucci a Pirelli, da Bnl a Peroni…) il “financial model” non rendeva più sostenibile il “business model” e le banche hanno imposto convenants insostenibili.

    In termini macro e in termini micro, Le suggerirei di rivisitare la cassetta degli attrezzi keynesiani per evitare semplificazioni che non spiegano la complessità dei fatti.

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    • Certamente la crisi settoriale c’è, nell’edilizia, e questa si lega alla carenza di investimenti pubblici, senza dubbi. Detto questo…
      Se il financial model non rendeva più sostenibile il business model, beh, il business model non è mai granché. E se non è granché, le assicuro, ci sta a spiegarlo tutto l’ottimismo del mondo. Avrò fatto un bel po’ d’investimenti in vita mia, all’università: avevano tutti NPV decisamente negativo. L’ho fatto per un solo motivo: un irrefrenabile ottimismo. Oggi hanno NPV ampiamente positivo. E le assicuro, l’ottimismo non è esogeno, è endogeno, anche nel più irrefrenabile degli ottimisti.

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  5. Grazie.
    Ma non penso che l’obiettivo dei suoi investimenti in campo universitario fosse la sete di guadagno né la lotta contro la concorrenza…
    Peccato non poter dire la stessa cosa della competizione globalizzata che costituisce il pane quotidiano di ogni impresa…
    Quanto al calo degli investimenti, le suggerisco di analizzare quelli in nuove tecnologie (automazione, robotizzazione…) secondo le statistiche pubblicate da IFR (international federation of robotics). Vedrà che nel periodo 2002-2015, l’Italia è in testa insieme alla Germania è questo spiega, ovviamente, perché siamo il secondo paese esportatore in UE.

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    • :-) un guadagno economico? In parte sì perché si crea occupazione. Un guadagno spirituale sì, ma come per gli imprenditori. Le ricordo cosa diceva Alfred Marshall:‘‘Il chimico o il fisico certo si arricchiscono dalle loro invenzioni, ma tale arricchimento è raramente il motivo principale per cui lavorano… Gli imprenditori, similmente, hanno la stessa natura degli uomini di scienza; possiedono gli stessi istinti di inseguire e scoprire, e molti tra loro hanno la stessa capacità di essere stimolati a fare grandi ed addirittura febbricitanti sforzi di emulazione che non sono né sordidi né ignobili. Questa parte della loro natura è stata tuttavia a volte confusa con e oscurata dal loro desiderio di arricchirsi . . . E così tutti i migliori imprenditori vogliono ottenere denaro, ma molti di loro non sono tanto interessati ad esso per se stesso; lo vogliono principalmente come la prova più convincente per loro e per altri che hanno avuto successo nella vita’’. In questo senso non mi sento diverso da imprenditore e le assicuro che la concorrenza dei miei rivali mi preoccupa e stimola ogni giorno… :-)

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  6. Pingback: Che fine ha fatto l’economia circolare nell’ultimo Def, il Documento di economia e finanza? - Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile

  7. Buongiorno Dott. Piga,

    ottimo articolo, complimenti!!

    Domanda da un milione di dollari:

    ma se l’Italia uscisse dall’euro, gli investimenti in Italia segnerebbero un sostanziale più, un sostanziale meno o rimarrebbero allo stesso livello? E perchè?

    Do per scontato che un’uscita dall’euro per l’Italia significherebbe anche presentarsi anche con un’efficace riforma della macchina statale nei punti più critici dei seguenti settori pubblici: giustizia, fisco, sicurezza, difesa, sanità, università.

    Cordiali saluti.

    Fabrice

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    • Grazie. Ecco appunto, la domanda chiave è: cosa avverrebbe ASSIEME all’uscita dall’euro è la domanda chiave che va fatta. Molti sono convinti che senza euro tutta una serie di politiche DIVERSE da quelle fatte nell’euro e che oggi ci fanno male, verrebbero attuate. E perché mai. Perché la spending review che manca oggi, figlia di connivenze politiche e incompetenza, dovrebbe tutt’ad un tratto materializzarsi? Perché le politiche monetarie espansive, figlie di una scelta politica vicina al potente settore bancario ed alla lobby dei creditori (anziani inclusi) dovrebbero materializzarsi?
      Non mi attendo nulla sugli investimenti finché i mali cronici italiani di questo tempo non verranno eliminati: abolizione fiscal compact e spending review in primis.

      Reply
      • Dott. Piga,

        grazie mille della pronta risposta!!

        Comunque, di seguito due note per eventuali spunti di riflessione, una è in topic e una è solo un pò off topic!!

        1) In Topic.

        La Svezia è in Top 5 nell’Indice di Prosperità perchè finora ha saputo effettuare una sintesi virtuosa del meglio di ciò che tradizionalmente si definisce di sinistra e del meglio di ciò che tradizionalmente si definisce di destra!!

        Eccola:

        http://www.linkiesta.it/it/article/2012/09/30/ne-liberista-ne-socialista-e-la-svezia-la-vera-terza-via/9485/

        La top 5 ( 2015 ) della Svezia nell’Indice di Prosperità:

        http://www.prosperity.com/#!/ranking

        Da notare che nella Top 10 dell’Indice di Prosperità, ben quattro nazioni europee sono in Top 5 e sono quelle che non hanno l’euro , le tre nazioni europee che hanno l’euro sono quelle in coda nella Top 10, ossia Olanda, Finlandia e Irlanda.

        2) Off Topic

        ( just a little bit! )

        Study: US is an oligarchy, not a democracy

        http://www.bbc.com/news/blogs-echochambers-27074746

        Il Paper:

        https://scholar.princeton.edu/sites/default/files/mgilens/files/gilens_and_page_2014_-testing_theories_of_american_politics.doc.pdf

        Domanda:

        e chi l’ha detto che i cosiddetti futuri Stati Uniti d’Europa non finascano subito in un’oligarchia ( se non peggio! ) come sono chiaramente diventati gli USA ?

        Gli USA storicamente partivano da una religione comune ( protestante ), da una lingua comune ( inglese ) e da una razza comune ( anglosassone ) e sono diventati un’oligarchia, insomma avevano tutte le premesse per fare bene e invece stanno andando a finire male, che fà gli europei partendo storicamente da premesse meno promettenti saranno poi molto più intelligenti e più forti da produrre risultati positivi molto diversi?

        Diciamo che qualche dubbio in merito sarebbe più che legittimo per usare un eufemismo!!

        My 2 cents!

        Cordiali saluti.

        Fabrice

        Reply
        • Le oligarchie dominano il mondo, non solo gli Stati Uniti. Funziona così il mondo. Tutto sta a creare checks and balance forti a sufficienza, come nei 40 anni che seguirono FDR e non come fece l’Europa “tedesca” che le oligarchie lasciarono crescere con benigna indifferenza (da qui la necessità di un check and balance rafforzato chiamato Unione europea). By the way, le lingue erano diverse, le religioni pure e cosi le razze.
          Mi piace la Svezia, ne ho un ottavo di sangue.

          Reply
  8. Buongiorno Dott. Piga,

    grazie mille della pronta risposta!!

    1) Per quanto riguarda “Le oligarchie dominano il mondo, non solo gli Stati Uniti. Funziona così il mondo”, le segnalo il passaggio molto significativo del seguente articolo:

    Back in 2009, the Belgian Minister of State and former chairman of the Bilderberg Group Étienne Davignon revealed that the group ‘helped create the Euro in 1990’s’, demonstrating the power of the group in making major decisions regarding Europe’s economic affairs. The President of the European Central Bank (ECB) Mario Draghi has also attended the conference in 2009 when he was Governor of the Bank of Italy, two years before taking office at the ECB.

    The elite will remain in control as long as people allow themselves to be Balkanised by the media and the political establishment along the lines of race, class and status, whilst the true enemy to a free world continues to roll on unabated.

    Fonte: http://www.globalresearch.ca/the-economic-corporate-oligarchy-of-the-world/5386794

    Io personalmente sono d’accordo al 100% con la conclusione e dico che l’oligarchia non è inevitabile ma evitabile, tutto dipende dalla maturità e voglia di riscatto della gente che risiede in un determinato paese e guarda caso, che strana coincidenza, in UK dove è nata una delle più antiche democrazie del mondo occidentale, i britannici probabilmente decideranno per l’uscita dall’Unione Europea!!

    E siccome io sono nato in una nazione facente parte del mondo occidentale europeo, guardo a loro e non alle oligarchie che dominano in Russia, Cina, nei paesi del Medio Oriente e purtroppo ormai anche in USA!!

    Comunque, ecco la classifica per il “Democracy Index” per il 2015:

    http://www.yabiladi.com/img/content/EIU-Democracy-Index-2015.pdf

    Da notare che della Top 5 del “Democracy Index” 2015, ben quattro sono nazioni europee che non hanno l’euro, subito dopo al N 6 c’è un’altra nazione europea, la Svizzera, che non ha l’euro e in coda nella Top 10 ci sono tre nazioni europee che invece hanno l’euro, insomma, nella Top 10 per il 2015, forte correlazione fra l’Indice di Prosperità ( segnalato nel mio precedente post ) e Democracy Index!!

    Strana coincidenza? Non penso proprio!!

    Comunque, gli USA sono al N 20 del Democracy Index 2015, cioè all’ultimo posto della prima classifica denominata “Full Democracies”, l’Italia invece è al N 21, con la differenza che l’Italia inizia la seconda classifica denominata “Flawed democracies”!!

    Ma che strane coincidenze….!!

    2) Per quanto riguarda “By the way, le lingue erano diverse, le religioni pure e cosi le razze”, anyway, gli USA sono stati fondati da WASP ( White Anglo-Saxon Protestant ), eccoli:

    https://en.wikipedia.org/wiki/Founding_Fathers_of_the_United_States

    E infatti:

    The White Anglo Saxon Protestants

    This was the first immigrant group to settle in America in the late 17th and early 18th centuries. They are often referred to as the ‘old immigrants’.

    WASPs originally came from northern Europe, especially from Britain, Ireland, Germany and Scandinavia. Immigrants from these countries continued to migrate to America throughout the 19th century.

    The promise of cheap or free land, higher wages, better housing and assisted passage schemes enticed large numbers to follow their ancestors in the pursuit of the American Dream.

    Many in this group were skilled and often had family already living in America who had arranged jobs and housing for them.

    This allowed them to forge successful and prosperous lives in America. WASPs controlled the banks, industry, politics and law (among others).

    Fonte: http://www.bbc.co.uk/education/guides/zkng87h/revision/3

    Poi che gli USA sono diventati un “Melting Pot” ( con tutti i pro e i contro del caso!! ) è un altro paio di maniche completamente diverso, io mi stavo riferendo al periodo storico iniziale ossia 17esimo, 18esimo e 19esimo secolo dove di “Melting Pot” in USA non si parlava neanche!!

    3) “Mi piace la Svezia, ne ho un ottavo di sangue”

    A me più le svedesi!! I’m kidding!!

    Comunque, a parte gli scherzi, il modello socio economico svedese è vincente perchè ha saputo fare un’efficace sintesi virtuosa del meglio di ciò che tradizionalmente si definisce di sinistra e del meglio di ciò che tradizionalmente si definisce di destra e negli ultimi anni li ha aiutati anche il fatto che si sono tenuti alla larga dall’euro!!

    Certo è che se poi gli svedesi entreranno nell’euro ( se cavallo vincente non si cambia e allora nel caso della corona svedese, valuta vincente non si cambia!!) e se si faranno travolgere dagli immigrati extraeuropei e allora si daranno la zappa ai piedi!!

    Comunque, ho i mie dubbi che facciano cose del genere!!

    In conclusione, è stato davvero un piacere scambiare dei pareri con una persona molto intelligente come lei, comunque già la conoscevo per il suo eccellente lavoro sull’utilizzo dei derivati dell’Italia per l’ingresso nell’euro e leggevo pure qualche suo interessante articolo!!

    Cordiali saluti.

    Fabrice

    Reply

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