Ieri sera a Tor Vergata a discutere di Europa con il mio amico e collega Giovanni Salmeri , legato a lui da una crescente identità di vedute ed esperienze (tutti a parole a parlare del come la filosofia non vada esclusa dai percorsi formativi, e con molti miei colleghi in pratica sconvolti dall’idea che economisti, aziendalisti e filosofi si possano mettere insieme in un progetto culturale comune, come è il nostro Dipartimento di Studi di Impresa Governo Filosofia). C’era Claudio Borghi ormai schierato con la Lega e contro l’euro, sempre piacevole da ascoltare e poi c’era Diego Fusaro, filosofo che non conoscevo che pensa che l’Europa sia un lager e paragona al nazismo l’attuale vertice capitalistico-istituzionale continentale. Ho sempre pensato che chi ama ascoltare le proprie parole vibrare nell’aria finisce per distruggere il loro significato, e ne ho avuto una drammatica conferma quando ho sentito questi paragoni così superficiali. Peraltro tutti e quatto credo abbiamo passato una serata interessante perché gli stimoli sono venuti da tutti e abbiamo mostrato che Tor Vergata è luogo di apertura culturale profonda come pochi altri Atenei. Bravo Lorenzo Echeoni che ha organizzato con 2duerighe.com il tutto.
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Pochi giorni fa, a proposito di Europa, ho letto quest’articolo dell’imprenditore Bulgari, sul futuro dell’euro e dell’Europa. Egli parte da un dato di fatto inequivocabile: il rigurgito di nazionalismo è ovunque, anche nel Regno Unito, alle prese con il dilemma scozzese, e pare virale, rischiando di mettere in difficoltà altri Paesi come Spagna e la stessa Italia, alle prese ora con una ripresa delle tensioni separatiste regionali.
Ed ha ragione da vendere quando si lamenta dell’inadeguatezza della risposta che diamo ai problemi europei attuali, quando rilanciamo con una unione politica che sia lui che io riteniamo assolutamente “non a portata di mano”. Una illusione capace di ritardare la ricerca di una soluzione concreta ai problemi che affollano il Vecchio Continente. Gli Stati Uniti, di fatto, hanno impiegato ben 150 anni a raggiungere una struttura centralizzata a Washington, lentamente facendo i conti con le sane ed inevitabili enormi differenziazioni culturali ed economiche (ed anche antropologiche) di partenza tra Stati.
L’Europa di oggi non è tanto diversa dagli Stati Uniti di allora. Decisero una moneta unica ben prima di essere uniti politicamente, ben prima di essere “mobili” culturalmente e geograficamente, perché il simbolo della sovranità doveva – malgrado le evidenti rigidità che avrebbe comportato – forzare il dialogo tra diversi. Ovviamente non fu un processo semplice. Anzi, spesso ebbe risvolti drammatici. Come ricorda lo stesso Bulgari richiese, oltre all’invenzione del treno, una anzi due guerre: quella civile, di cui parla Bulgari, ma anche la prima guerra mondiale che fece prendere coscienza del ruolo geopolitico che gli Stati Uniti erano per la prima vota chiamati a svolgere a fronte del declino britannico.
Ci volle anche un grande leader, Franklin Delano Roosevelt, che proprio in una crisi economica drammatica ottenne, con la solidarietà dal centro che mostrò nel suo primo mandato, la delega a decidere per tutti gli Stati nel secondo mandato, con opere pubbliche rivolte innanzitutto a chi soffriva maggiormente nella Depressione. Da quella solidarietà nacque un progetto geopolitico nazionalistico che oggi anche Bulgari prende come un dato di fatto. Avessero, gli Stati degli Stati Uniti, abbandonato il progetto in corsa per le mille difficoltà, ognuno adottando una sua moneta, saremmo qui a chiederci sui libri di storia perché quel progetto di Unione è fallito.
Non possiamo salvare l’euro e l’Europa allo stesso tempo, dice Bulgari, che paragona il nostro dilemma a quello della scelta di Sophie che deve abbandonare un figlio o perderli tutti e due. Sophie emigrò in America, scappando da un’Europa devastata dall’Olocausto che gli aveva strappato un figlio. E’ quell’Europa che abbiamo cercato di superare: essa nacque dai nazionalismi che si abbeveravano alla fontana dell’incapacità di saper gestire la Grande Crisi tramite la solidarietà tra Stati, come invece fece Roosevelt al suo interno. Possiamo salvare i due figli, e risparmiarci l’isolamento a cui ci destinerebbe la rottura dell’euro, con l’unica arma a disposizione: non l’unione politica, ma la fine dell’austerità che condanna i più deboli e meno protetti al dolore ed alla sofferenza.
Ma non è solo questione di isolamento. La scelta di Claudio Borghi di schierarsi con la Lega è sintomatica di un’evidenza che finalmente, col passare dei giorni e dei mesi, diventa più nitida a tutti riguardo a quale sia la vera scelta da fare.
Altro che euro, “tramonto dell’euro” à la Bagnai o “euro o morte” à la Piga: la questione vera, politica, essenziale, è quella dei “confini territoriali” che vogliamo dare alla nostra vita futura. Se vogliamo l’Italia o l’Europa, essere cittadini della prima o della seconda.
Io la mia scelta l’ho fatta. Mi sento cittadino di questa Europa, le cui scelte non condivido assolutamente. Ma di chi sono le scelte europee? Sono le mie e le tue, che ti piaccia o no. E dunque, come dice Giovanni Salmeri, so che spetta a me ed a te cercare di cambiarla, per quanto è nelle mie e tue possibilità: “l’Europa ci chiede che”, di nuovo da Giovanni, è un’idiozia equivalente, in una coppia in difficoltà, a dire “la nostra coppia ha deciso che tu vai al supermercato”.
Chi paragona l’Europa ad un Lager dimentica tante cose. La meno evidente? Che i Lager li abbiamo in Italia, regione d’Europa, si chiamano carceri, dove tantissime persone piene di dignità sono trattate quotidianamente, spesso, come animali da macello, intasati in 2 metri quadrati a testa. E che è proprio l’Europa a condannarci quotidianamente per queste violazione basilari dei diritti umani. L’Europa è casa mia anche per questo.
04/04/2014 @ 08:51
Certo, prof. Piga, un argomento ben scelto. Il superamento degli “egoismi” nazionali, per comprendere, tutti insieme, che la solidarietà è nel cioè anche nell’interesse di quello che ora, in questa congiuntura e condizione, è il più forte (naturalmente nell’interesse e in prospettiva medio-lunga) sarebbe effettivamente risolutivo; consentendo di salvare sia il grande progetto unitario europeo sia lo strumento della moneta unica.
La moneta diventerebbe, anzi, strumento del progetto di unificazione.
Credo anche che sbagli chi concentra l’attenzione sullo strumento senza guardare la mano che lo brandisce. E anche, per richiamare la sua critica a Fusaro (che non ho letto e dunque non giudico), che sbagli chi pensa ad una volontà unica, quasi ad un macrosoggetto. Il sistema d’azione plurinazionale che esprime una logica di stretto interesse nazionalistico (che per semplificare mentalmente pensiamo come egoismo) e, insieme, di stretto interesse di parte (cioè di un ambiente internazionale culturalmente coeso fatto di funzionari, professionisti e aziende non solo finanziarie) è altamente plurale, si tratta mi pare di un intero mondo-di-vita (vecchia categoria habermasiana).
Però il suo esempio, il processo di unificazione americano, è contemporaneamente ben scelto e tragico. Due guerre, infiniti conflitti sociali, giuridici, economici, umani. Tensioni gigantesche. Una enorme sofferenza.
Si potrebbe dire, seguendo la sua traccia, che la scelta è tra “venire alle mani” con quel mondo-di-vita (cosa molto più difficile di quanto possa sembrare, perchè non è solo questione di argomenti e di razionalità, neppure solo di interessi) o accettare di passare per tensioni, rivolte, forse guerre; oppure cercare una strada più lunga (sacrificando uno dei figli). Che, certo, non garantisce l’approdo.
Del resto nessun approdo è garantito.
04/04/2014 @ 22:00
Grazie per questo suo post.
04/04/2014 @ 08:54
Prof. Piga,
non le pare di confondere Euro ed Europa ?
Come mai lei sente la appartenenza europea in temi di diritti umani ( e questo le fa onore ), ma legata alla presenza di una valuta unica ?
In poche parole : Cosa aggiunge l’Euro all’essere “europeo” ?
Mi sfugge il passaggio…
Distinti saluti
04/04/2014 @ 21:58
Buonasera Francesco. In un certo senso poco, come ho avuto modo di dire, è stato un matrimonio forse consumato troppo presto. Ma non si divorzia da un matrimonio solo perché è stato fatto troppo presto.
Ma un matrimonio tiene insieme spesso due parti che senza di esso si sarebbero lasciate.
A volte le differenze sono così insostenibili che il divorzio (la lira) è la cosa giusta. Ma sapendo che non si torna più allegri e fidanzati come prima.
Sapendo ciò, i costi del perdere l’euro sono anche i costi di perdere l’Europa.
Quanto io stia sopravvalutando queste perdite di Europa dovute all’uscita dall’euro o quanto lei le stia sottostimando è cosa che non potremo mai conoscere se non uscendo dall’euro.
08/04/2014 @ 12:02
Se due persone stanno insieme solo perchè unite in matrimonio allora è giusto che si separino…
04/04/2014 @ 09:35
Professore, le propongo una sfida: provi a calcolare quanti sacrifici umani è costata questa Unione Europea in paesi come la Grecia. il Portogallo, la Spagna e, ormai, la stessa Italia. Quanti suicidi? Quale peggioramento dei tassi di mortalità infantile? Quante persone decedute perchè non hanno potuto curarsi adeguatamente? Quanti anziani lasciati morire perchè non vi sono risorse sufficienti per una loro adeguata presa in cura? Quanti disabili sono rimasti in lager di fatto lasciati alla sola cura dei parenti o della carità? Quante persone hanno dovuto ridurre l’alimentazione e le cure sanitarie perchè hanno perso il lavoro?
Me lo fa questo calcolo, per favore? Quanti sono: 1000, 10000, 100000? Di più? Le sembra poco per fare un paragone con il nazismo? O è solo questione di numeri? Siccome nei lager nazisti ne morirono cinque milioni ed oggi (ad oggi) solo 100.000 trascuriamo che stiamo assistendo ad un massacro non solo sociale ma anche fisico? Celebriamo la giornata della memoria a fine gennaio, ma perchè giriamo la stessa quando vediamo ogni giorno l’inferno in terra che milioni di nostri concittadini e cittadini di altri paesi soffrono? Questo si chiama collaborazionismo! E un giorno bisognerà renderne conto ai tribunali della storia!
04/04/2014 @ 22:09
Mi sembra non solo un’idiozia, ma un insulto alla Memoria.
Detto questo il primo paragrafo io lo condivido. E come lei sa penso sia sbagliato dire che la causa di ciò stia nell’euro. L’euro è un pezzo di carta, dietro ci sono uomini e poteri, e quelli trovano modo di vedere rappresentate le loro istanze e pulsioni indipendentemente dal colore dei soldi. E per combatterli, dunque, cambiare il colore dei soldi serve a nulla.
04/04/2014 @ 11:20
“Ma di chi sono le scelte europee? Sono le mie e le tue, che ti piaccia o no.”
Ecco l’errore di fondo. Né io né tu né altri come noi hanno mai scelto qualcosa come questa Europa. Le scelte le ha fatte un ristrettissimo manipolo di soggetti, in barba a qualsiasi principio democratico e nell’interesse esclusivo del loro ceto di riferimento.
04/04/2014 @ 21:45
Ma no buon Peppe, ma no. Una marea di organizzazioni, piccole e grandi, influenzano le leggi europee. Altre vengono invece decise con un processo molto meno democratico. E molte di queste ultime rovinano la vita della gente. E’ su quelle che ora dobbiamo concentrarci. Noi.
04/04/2014 @ 15:48
Caro Prof. concordo in pieno con la sua analisi: l’ Europa è nostra e siamo noi a decidere come cambiare scelte sbagliate. Ma ora che tutti (o quasi) anche in Italia (compreso Renzi e forse anche Monti) dicono che bisogna “cambiare” queste regole europee non trova che siano posizioni opportunistiche dettate dalle imminenti elezioni europee ? come riconoscere chi ha veramente voglia di cambiare ?
04/04/2014 @ 16:01
Complimenti al Dipartimento di Studi di Impresa Governo Filosofia.
Fondamentale sarà per affrontare le sfide del futuro formare i giovani unendo sempre le scienze umanistiche alla tecnica, dando sempre una base di sensibilità per ragionare, per comprendere come la domanda sia spesso più importante delle possibili risposte. Non meraviglia “l’ignoranza umanistica” di quei collegi economisti, privi evidentemente di una visione completa, tanto da sconvolgersi all’idea di accomunare tecnica e filosofia in un progetto comune. Molto probabilmente perché troppo assopiti oramai da quei rimedi escogitati dalla scienza per la spiegazione di ogni cosa. Ma se la filosofia riuscisse a riproporsi nel suo valore essenziale di domanda profonda, potrebbe mettere questi individui di fronte alla loro incompiutezza e all’assenza di Senso, che si determina quando la ragione è ormai assuefatta a spiegare il “come” delle cose e tace di fronte al “perché” del loro accadimento.
Così come gli economisti tacciono di fronte a stragi ambientali, cibi e acquedotti avvelenati, stragi nucleari, stragi umanitarie. Così come tace un economia che ha trattato il mondo come spazzatura. E questo è progresso?
No è la violenza dell’ignorante.
È auspicabile quindi che il tecnico e lo scienziato non sia solo specializzato, ma abbia anche le basi umane necessarie a comprendere le azioni che compie e per cosa lavora.
Bellissimo questo suo post Professore, il lungo viaggio continua, a “Domani”.
04/04/2014 @ 18:52
Gent.mo Prof. Piga, pur avendo opinioni diverse, l’ho sempre stimata…. fino ad oggi. Ma dopo questa Sua uscita, la saluto per sempre.
“e e poi c’era Diego Fusaro, filosofo che non conoscevo che pensa che l’Europa sia un lager e paragona al nazismo l’attuale vertice capitalistico-istituzionale continentale. Ho sempre pensato che chi ama ascoltare le proprie parole vibrare nell’aria finisce per distruggere il loro significato, e ne ho avuto una drammatica conferma quando ho sentito QUESTI PARAGONI COSI’ SUPERFICIALI”
Per Le la vita umana è SUPERFICIALE? Lei legge inglese, si accomodi e buona lettura:
http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736%2813%2962291-6/fulltext
Detto questo, La saluto e chiudo.
Se fossi in Lei, dopo la lettura, chiederei scusa.
04/04/2014 @ 21:39
Non so lei chi sia, ma posso dirle che quello che ho sentito era, oltre a superficiale, anche terribilmente noioso e scontato. Lei lo ha ascoltato? De gustibus non est disputandum. La saluto e chiudo.
04/04/2014 @ 23:32
Io sono uno di quei cretini che pensano (a volte sbagliando) che un docente universitario dovrebbe avere sempre la curiosità di imparare. Purtroppo il rapporto di The Lancet Lei non lo ha letto, come posso notare.
“The Lancet è considerata tra le prime cinque riviste mediche internazionali” dice wiki.
E di cosa si occupa quell’abstract? Di questo:
“Greece’s health crisis: from austerity to denialism”
Un piccolo assaggio:
“Greece’s austerity measures have also aff ected child
health, because of reduced family incomes and
unemployment of parents. The proportion of children at
risk of poverty has increased from 28·2% in 2007 to 30·4% in 2011,45 and a growing number receive inadequate nutrition.46 A 2012 UN report emphasised that “the right to health and access to health services is not respected for all children [in Greece]”.47 The latest available data suggest a 19% increase in the number of low-birthweight babies between 2008 and 2010.23
Researchers from the Greek National School of Public
Health reported a 21% rise in stillbirths between 2008 and
2011, which they attributed to reduced access to prenatal
health services for pregnant women.48 The long-term fall
in infant mortality has reversed, rising by 43% between
2008 and 2010,49 with increases in both neonatal and
post-neonatal deaths.”
La morte dei bambini non è “superficiale”, soprattutto se ad ammazzarli siamo noi.
Cordiali saluti.
05/04/2014 @ 18:35
Guardi quest’articolo, già letto a suo tempo. http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2014/02/26/gli-invisibili-delleuropa-di-barbara-spinelli/
Leggendolo scoprirà la differenza che passa tra chi sa comprendere quali siano le dimensioni gravissime ed a volte tragiche di una recessione (voluta a tavolino o dovuta a incompetenza, scelga lei) e chi non comprende le dimensioni inenarrabili di un genocidio premeditato.
Chi non sa fare questa differenza, anche solo semanticamente, per me è un cretino.
07/04/2014 @ 08:10
Diamo per scontato che chi ha imposto le politiche di austerità fosse inconsapevole delle sue conseguenze (non ci credo, anzi sono convinto del contrario ma soprassediamo). Quando oggi persino serissime e prestigiosissime riviste mediche sostengono che le politiche di austerità uccidono a migliaia esseri umani innocenti ma le politiche non cambiano, allora, egregio professore, come chiama coloro che continuano ad imporle? Le da fastidio definirli nazisti? Li chiami stinazi, li chiami mario, la sostanza non cambia. E chi continua a proporre di “dialogare” con costoro io continuerò a considerarlo collaborazionista
30/04/2014 @ 17:03
Gent.mo professore mi sembra contraddittorio e superficiale liquidare la fase storica attuale come semplice “recessione”.
Qui la recessione non c’entra nulla (e lei lo sa benissimo) e c’è molto poco da scegliere (dato tra l’altro lo scarsissimo tasso di democraticità delle istituzioni europee), infatti come sostiene ad es. Zingales:
“La teoria economica dice questo: in un’area valutaria in cui non c’è mobilità, non ci sono trasferimenti e per di più avviene uno shock, si ha un collasso.
L’aspetto criminale dei fondatori dell’Euro è che tutto questo lo sapevano, e non solo non han fatto nulla, ma anzi l’hanno fatto apposta: la crisi dell’Euro di oggi era inevitabile.
Dire che è colpa degli Stati Uniti è una balla: è vero che è stata quella la causa scatenante, ma la crisi era inevitabile. Non fosse successo il patatrac negli Usa sarebbe successo altro. Era una scelta premeditata: “Nel momento di crisi, ci uniremo di più”, si pensava. Abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo, solo che il corpo è rimasto di qua.” http://tagli.me/2012/12/19/1932
Le riporto anche un passo della lettera scritta al direttore del Corriere della Sera dal sig. Bulgari il 3/3/2014:
“L’euro ha detto l’ex cancelliere tedesco Schroeder, è nato da un malinteso tra Kohl, che credeva che la moneta unica avrebbe accelerato l’unione politica che lui desiderava e Mitterrand che non ne voleva sapere e desiderava solo indebolire la Germania privandola del Marco. Una riedizione del copione di Versailles 70 anni dopo. L’Euro disse Schroeder “è un bambino malato nato prematuramente”. L’idea di Mitterrand non era diversa da quella di De Gaulle per cui l’Europa era un carro tirato da un cavallo tedesco, ma con un cocchiere francese.
Testimonianze confermano che la consapevolezza che l’Euro fosse nato incompiuto era presente in coloro che lo crearono. E’ difficile pensare che possa essere altrimenti. Ma costoro erano convinti che l’unificazione politica si sarebbe fatta in corso d’opera, trasformando così l’euro in una moneta vera e propria. L’euro introdotto per promuovere l’Europa rischia di travolgerla. Tramontato l’alibi dell’unificazione politica, resta la finzione di una moneta che nella realtà è un sistema forzoso di cambi fissi. Ciò che oggi dobbiamo salvare a tutti i costi è il grande patrimonio acquisito nel lungo processo di pacificazione europea che ha preceduto l’euro. Non possiamo salvare l’Europa e l’euro allo stesso tempo. L’Europa è oggi confrontata con il dramma della scelta di Sophie: abbandonare un figlio o perderli tutti e due.”
Come vede qui non si tratta di mangiare un gelato o di scegliere quale sciarpa indossare, l’idea romantica degli Stati Uniti d’Europa non si è mai realizzata e vi sono evidenze storiche incontrovertibili di quale sia stato il processo (in cui tra l’altro l’euro viene trasformato in un atto di fede, in un totem, in un dogma irrinunciabile, al punto che ogni critica viene tacciata come eretica e negata con argomenti irrazionali) che ha portato alla creazione della moneta unica e di quanto poco sia contata (e conti) la voltontà del popolo sovrano in tutto questo.
Questo era noto, questo era premeditato, questa non è una crisi, l’euro è un lager! Se ne dovrà fare una ragione…
01/05/2014 @ 07:14
Immagino che lei abbia letto la mia risposta sul blog a Bulgari. Detto questo, non è l’euro che rischia di travolgere l’Europa, ma la sua gestione politica. Gestione politica che travolgerebbe l’Europa dei cambi flessibili ugualmente con l’aggiunta di un tramautico divorzio dal quale non si torna indietro. Smettiamo di parlare di euro, parliamo di Europa. Che non va così come è.
07/04/2014 @ 10:25
I greci messi alla fame senza più sanità pubblica. La filarmonica di Atene chiusa. In Italia hanno distrutto la chimica di livello, la farmaceutica. Imprenditori suicidi ogni giorno (la vita umana). Ora stanno chiudendo anche l’Ilva…cui prodest?
Forse è Lei a dover chiedere scusa al prof. Piga?
04/04/2014 @ 22:07
Caro Professore, percependo il suo comprensibile scetticismo nei confronti delle tesi che esprimo la teoria complottistica, devo peraltra informarla che tale pensiero trova espressione in molteplici e stimate personalità del mondo culturale, politico ed economico di tutto il mondo.
Non voglio farle l’elenco, però sarebbe sufficente leggere la famosa “lettera degli economisti” in cui più volte viene nominata la parola “liberismo” (ma Lei non è Keynesiano?) e di cui mi fa piacere sottolinearle questo estratto:
“E’ bene tuttavia chiarire che l’ostinazione con la quale si perseguono le politiche depressive non è semplicemente il frutto di fraintendimenti generati da modelli economici la cui coerenza logica e rilevanza empirica è stata messa ormai fortemente in discussione nell’ambito della stessa comunità accademica. La preferenza per la cosiddetta “austerità” rappresenta anche e soprattutto l’espressione di interessi sociali consolidati. Vi è infatti chi vede nell’attuale crisi una occasione per accelerare i processi di smantellamento dello stato sociale, di frammentazione del lavoro e di ristrutturazione e centralizzazione dei capitali in Europa. L’idea di fondo è che i capitali che usciranno vincenti dalla crisi potranno rilanciare l’accumulazione sfruttando tra l’altro una minor concorrenza sui mercati e un ulteriore indebolimento del lavoro”.
E’ inquietante leggere questo documento che già nel giugno 2010, quando ancora i ristoranti erano pieni, sembrava preconizzare i prodomi dello sfacelo a cui stiamo assistendo.
Possiamo definire solo coincidenze la scelta di utilizzare la moneta unica prima di ottenere una vera e propria unione fiscale, politica, sociale ecc, oppure scoprire che a redigere i famosi Trattati europei siano stati due potentissime lobbyes economiche come la Businnes Europe e la E.R.T., oppure verificare sulla nostra pelle che Robert Frenkel aveva ragione oppure scoprire che dietro lo sfacelo europeo c’è chi fa acquisti al discount dei grandi marchi e ne trae un lucroso beneficio personale, secondo il concetto che la ricchezza non si distrugge, ma si trasferisce?
04/04/2014 @ 22:16
Come lei sa concordo sulla frase da lei citata, in toto. Che , se vera, rende irrilevante la questione dell’euro.
04/04/2014 @ 22:56
Beh, vi sono due differenze sostanziali e determinanti; la prima è che, di base e in misura maggioritaria, in quelli che poi sarebbero diventati U.S.A, c’era un’unica lingua. Credo non debba spiegarle il significato di tale fatto, anche perché per fortuna ci sono parecchi libri ben scritti che fan capire l’estrema importanza della questione.
La seconda, altrettanto fondamentale, è che quella dinamica sociale non aveva una storia legata al territorio.
Anche questo punto è determinante sotto almeno due aspetti; il primo è gioco forza, se ti trovi in una terra semisconosciuta e con le pezze al culo, avrai la tendenza ad allearti con chi si trova nelle tue stesse condizioni, non hai scelta, infatti appena si sono sistemati un attimo han subito fatto una bella guerra civile, l’altro sono le immense possibilità di ricchezza alla portata di tutti che offre un nuovo territorio.
Non vorrà mica paragonare i millenni di storia europei con tre secoletti scarsi di storia nord’americana?
No, il paragone non calza, nessun paragone calza con l’Europa, nessun’altra zona al mondo ha una storia simile alla nostra, e se dopo tremila anni siamo così messi un motivo c’è, e men che meno sarà una moneta a farci cambiare.
05/04/2014 @ 18:27
Ha ragione nessuna storia è simile alla nostra, in tutti i sensi: ecco perché dobbiamo batterci per tenere assieme l’Europa, facendo cadere questa Europa (e non questo euro, che solo a dirlo mi vien da ridere).
06/04/2014 @ 21:51
Prof, non è che mi fa la supercazzola?
05/04/2014 @ 12:05
Desidero rivolgermi sopratutto a Saverio.
A proposito di euroscettici, che adottano la speculazione della sofferenza a tal punto da voler citare a sproposito, significati di indicibile dolore come gli atroci Lager, oltre a rivolgersi con pesante insulto alla Memoria, non “Ricordando” appunto, riducono l’evoluzione a un qualcosa che deve essere subito un vantaggio assoluto senza nessuna altra considerazione di merito, se non quella di pensare , perché altrimenti sforzarsi a crescere?
E allora visto che abbiamo voluto inoltraci nelle abissali profondità della nostra storia, domandiamoci cosa faceva distinguere Primo Levi fra i “sommersi e i salvati”?
Quella dignità che nemmeno gli immani soprusi di un vero campo di sterminio, hanno potuto svilire nell’Uomo, che non è certo quello di sopravvivere costi quel che costi. Possiamo dire a Diego Fusaro che Dotto non sempre significa Evoluto.
Ritengo che vergogna la dovrebbe provare chi strumentalizza la sofferenza. La tribolazione dei nostri giorni, gran parte di noi purtroppo la conosce molte bene per testimonianza diretta , ma molti di noi hanno anche capito altrettanto bene che tutto questo con un inerte moneta non ha nulla a che fare. E che ci batteremo con forte consapevolezza per il futuro di un Europa più giusta, come la desideriamo, con la stessa passione con la quale ci batteremo per un Italia migliore.
07/04/2014 @ 08:16
Lei mi ricorda molto gli abitanti dei villaggi nei pressi dei campi di concentramento che, pur consapevoli di quello che accadeva a pochi chilometri da loro, non avevano neppure il coraggio di ammettere a sè stessi che qualcosa di terribile stava accadendo, per mettere a tacere la propria coscienza
05/04/2014 @ 17:00
uah uah uah! “Rende irrivelante la questione dell’euro?????” Ma dio bono, secondo lei i differenziali di inflazione che si sono accumulati tra i paesi core e quelli periferici come sono stati (solo in parte) compensati, visto che i cambi tra chi va in surplus e chi va in deficit non si possono più riallineare? E scusate la considerazione troppo “tecnica” e poco “filosofica”
Risposta: i differenziali di inflazione sono stati recuperati smantellando stato sociale e produzioni ad alto valore aggiunto, oppure svendendo all’estero industrie prestigiose ma ormai poco competitive, oppure chiudendole e creando disoccupazione, il che crea un eccesso di manodopera che inevitabilmente spinge al ribasso i salari. In assenza della rigidità del cambio (cioè l’euro, nel caso non avesse capito) tali differenziali sarebbero stati recuperati con una normalissima svalutazione – operata dai mercati, non dalla castacriccacorruzionemafiaromaladrona – della lira. Dire che oggi uscire dall’euro sarebbe una catastrofe ha nonostante questo qualcosa di vero. Ma soltanto se l’uscita non viene programmata (magari lì sì che la cosa sarebbe preceduta – non seguita – dalla “caccia all’uomo” che molti di quelli come lei paventano, io al vostro posto andrei a cercare un monolocale a Berlino, non si sa mai…). Se si sceglie di uscire le robe tipo bail-in o embarghi etc etc semplicemente non si realizzerebbero, a parte forse il blocco temporaneo dei conti correnti. I bail-in e le cadute verticali del PIL le abbiamo avuto CON l’euro, non senza. E le rivolte di piazza domate da massicci impieghi di forze di “sicurezza” non soggette alle leggi dello stato in cui operano le abbiamo avute per NON FARE USCIRE la Grecia dall’euro, non per domare rivolte del pane in seguito alla sua uscita. Ma secondo lei, quando il sol dell’avvenire finalmente sorgerà, vivremo in un’europa di liberi ed uguali… non so se è più Napoleone o Gondrano.
Quella del paragone dell’europa alla vita di coppia poi è Gotica, avrebbe detto il mio vecchio prof di storia dell’arte… quante volte sono andati Renzi, Letta e Berlusconi (Monti non ci pensava nemmeno, da buon Eurocyborg) dalla Merkel e dalla BCE a chiedere? O preferisce il termine elemosinare? Le ricordo che il Berlusca, che probabilmente, ahinoi, rispetto al ragazzo del muretto che abbiamo oggi è politicamente un gigante, è stato silurato dopo aver ventilato alla merkel la possibilità di un nostro defilarsi nel caso la bce ci avesse mandato quella famosa letterina che poi è arrivata e adesso ci troviamo con il pareggio di bilancio in costituzione, il fiscal compact, il mes, gli esodati etc etc etc etc. Se è un matrimonio, si tratta di un matrimonio combinato dai genitori con un marito molto tradizionalista… Ma non lasciamoci trarre in inganno dalla…. dalla realtà!
Ma per passare dalla bassa “tecnica” alla molto più nobile “filosofia” se vogliamo “più Europa” perchè questa non ci piace l’unica strada per entrarci senza che questa cosa diventi un’annessione è quella di COSTRINGERE i paesi core a politiche espansive che generino PIÙ INFLAZIONE di quanta ne generiamo noi dopo aver adottato noi stessi politiche espansive, magari un po’ meno decise. Realisticamente in quanti anni pensa di ottenere questo risultato?
Le faccio presente che nel lungo periodo saremo tutti morti. Magari lei col suo stipendio non se ne accorge, ma ascolti un’attimo una ormai falsa partita iva i cui corrispettivi sono diminuiti in termini reali di circa il 30% in 5 anni e ha la presunzione di voler mantenere agli studi due figli, del resto contessa di che si stupisce, anche l’operaio vuole il figlio dottore.
Ma non lo farà. Perchè è uno dai tanti Attila Melanchini che pensa che, siccome c’è stato il nazismo, tutto il resto possa essere solo oro colato. Certo, sono sicuro che per lei lo è. LA LEGA OGGI È PIÙ A SINISTRA DI LEI.
E mi sa che, almeno alle europee potrei votarla, soprattutto dopo aver letto questa roba. Se non capitavo qui probabilmente mi sarei astenuto sa?
05/04/2014 @ 18:40
Il mio obiettivo non è essere a sinistra di tutti. E nemmeno di tanti.
Sono felice che grazie al mio blog abbia trovato il suo voto, è un bel complimento. E votare Lega mica è una cosa di cui vergognarsi: come dicevo nel post, la Lega interpreta a mio avviso molto meglio di lei la vera questione in gioco, quella di cosa sia la nostra identità nazionale. Su cui, come sappiamo, de gustibus non est disputandum.
05/04/2014 @ 19:05
wow, la parabola dei piddini, non si rammaricano nemmeno di essere scavalcati a sinistra da gentaglia tipo Borghezio… è proprio sicuro che il paragone col nazismo sia così avventato?
Per quanto riguarda i suoi messaggi subliminali: il concetto di nazione che era venuto fuori dalle conquiste sociali del dopoguerra non aveva niente a che fare con quello che lei subdolamente suggerisce. E non ha niente a che fare nemmeno con quello che hanno in mente i leghisti: su questo siamo d’accordo ma sono stufo di sentire le vostre mezze verità usate per propagandare le vostre colossali menzogne.
Non so quanti anni abbia lei, presumo abbastanza per ricordarsi cose tipo la riforma sanitaria, la legge sull’obiezione di coscienza, sull’aborto, sul divorzio, la riforma Basaglia, le leggi a favore dell’handicap e della disabilità, i tentativi di conversione del manifatturiero bellico a manifatturiero civile; questa è l’Italia in cui credevo, non ho voglia di barattarla per un Europa del pareggio di bilancio. Lei e la sua banda di gangster invece ricordate quel periodo per la “terribile inflazione a due cifre”, dimenticando che c’erano famiglie operaie monoreddito che facevano laureare i figli proprio grazie all’inflazione a due cifre che le aveva protette dagli shock petroliferi.
05/04/2014 @ 22:31
Come no. E Ezio Tarantelli che combatté l’indicizzazione era un nemico, giusto?
06/04/2014 @ 04:26
Ma smettila di mettermi in bocca parole che non ho detto. Adesso mi dai pure del brigatista, smettila di utilizzare retorica degna di uno stadio. Neppure tu sei un nemico, figurati Tarantelli, che evidentemente sbagliò a sostenere l’abolizione della scala mobile.
Però, vede, c’è una cosa che si chiama storia che dà luogo a quel famoso senno di poi di cui son piene le fosse. La storia ci permette di capire cosa abbiamo sbagliato in passato e cosa abbiamo fatto di buono, al di là dei martiri di cui per motivi non chiari qualcuno ogni tanto vuole appropriarsi.
Così, al di là del valore morale di persone che in passato si trovavano su posizioni politiche opposte, la storia dovrebbe obbligarci a considerare le conseguenze delle decisioni prese in passato, non a ergerci a eredi di qualche santo nazionale, questo non spetta a noi.
05/04/2014 @ 18:09
Anbche il paragone con gli usa poi è completamente fuori luogo. Che forse gli USA ottennero l’unificazione invitando le nazioni Siioux e Cherokee a un tavolo di trattative? In realtà si trattò del fatto che, terminato il genocidio, i predoni trovarono un accordo che a quel punto faceva comodo a tutti, vista la presenza di risorse il cui sfruttamento coordinato avrebbe EVIDENTEMENTE giovato a tutti. Forse l’Americano del michigan parlava greco e quello della california finlandese? Forse che nessuno è mai emigrato o emigra tuttora da New Orleans a San Francisco o Boston?
Oggi caro il mio piddino ci troviamo di fronte al saccheggio, cioè all’annullamento culturale e talvolta fisico delle “nazioni Sioux” di oggi per accapparrarsi le loro risorse che oggi non sono bisonti e praterie ma uno dei settori manufatturieri che fino a qualche anno fa era tra i più avanzati al mondo. Quando ci avranno convinto che non valiamo un cazzo perchè siamo terroni e perdiamo tempo a mangiare pizza e suonare il mandolino FORSE procederanno a una unione politica che nel migliore dei casi ci vedrà come mercato di sbocco e serbatoio di mandopera ovviamente a basso costo (emigrazione) per il grande capitale del nord europa, che oggi quelli come lei stanno contribuendo ad ingrassare con il nostro sudore. Una vera e propria annessione, come già avvenuto per la Germania Est venticinque anni fa e per il sud italia alla fine del XIX secolo.
05/04/2014 @ 18:24
Anche le carceri!!! Ma con che coraggio lo dice? Secondo lei perchè non ci sono soldi per renderle più vivibili? Per lo stesso motivo per cui non ci sono soldi per la carta igienica nelle scuole, per l’assistenza ai disabili, per una sanità davvero pubblica e gratuita etc etc. Il motivo è uno stato privo di sovranità monetaria alla quale ha volontariamente abdicato perchè “non bisogna stampare moneta a nastro, tutti capaci così” consegnandola a un manipolo di banchieri privati che per tutelare le rendite dei loro clienti (= per mantenere i loro interessi reali positivi nonostante la crisi subprime) non esita a fare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti. Però poi la Civile Europa bacchetta la Barbara ed Arretrata Italia che non rispetta i diritti umani… un’ottima lezione di autorazzismo. Dovrebbero introdurre la materia nelle scuole, così, per salvare l’euro….
05/04/2014 @ 22:37
Le carceri sono colpa dell’euro e dell’austerità? Come no, anche l’università che va male. Legga legga, http://notizie.radicali.it/node/7486 . Legga. La sovranità monetaria.
06/04/2014 @ 03:40
Lei ha ragione ma ho avuto una esperienza lavorativa di quasi 25 anni in una importante azienda di Stato e mi pare che esistano altri fattori da considerare.
Molto riassunto, scusi le semplificazioni: “prima” lo Stato era in sostanza il proprietario della mia azienda, aveva delle finalità che erano un po’ diverse dal “profitto” in sè e per sé e diversissime dal mero interesse degli azionisti; in sostanza era diventato uno stipendificio con migliaia e migliaia di impiegati che erano perfettamente inutili ma che creavano un indotto eccezionale (tanto per dire Via Como a Milano, che era una brutta via mal frequentata è diventata un centro di vita notturna per la nostra costante presenza nella zona); eppure nonostante questo, alla fine degli anni ’80 ci trovavamo in una situazione abbastanza positiva rispetto alle aziende straniere dello stesso settore.
La strategia era quella di coprire un largo mercato tenendo in vita anche settori non immediatamente remunerativi ma che in un’ ottica di lungo periodo erano fondamentali.
Dall’inizio degli anni ’90 la filosofia è cambiata radicalmente e si è cominciato a pensare esclusivamente in termini di interesse degli azionisti per cui tutti i settori non immediatamente remunerativi venivano progressivamente tagliati a favore di politiche di mordi e fuggi che in effetti per un certo periodo hanno alzato di molto il valore delle azioni.
Ovviamente era una scelta suicida, per di più a ogni campanello di allarme si rispondeva che bisognava implementare tagli e strategie di breve periodo per cui alla fine si è arrivati sull’orlo del fallimento.
Sono subentrati i privati che si sono presi miliardi dallo Stato per poi ridurre nuovamente al fallimento la compagnia che adesso verrà ceduta (pare) addirittura a soci di maggioranza extraeuropei.
Il tutto massacrando i diritti dei lavoratori, il che poteva avere un senso per tante ragioni ma certamente solo al fine di rendere l’azienda più competitiva, non per distruggerla; il fatto di averla portata due volte al fallimento mi sembra testimoni in maniera abbastanza eloquente che l’impostazione progressivamente orientata verso gli interessi degli azionisti privati, se era apparentemente più razionale, in realtà ha provocato dei disastri maggiori di quella statalista a oltranza (lo stipendificio di cui parlavo).
Non crede che esista un nesso fra questo tipo di politiche aziendali mordi e fuggi, che miravano in tutti i modi alla riduzione e cancellamento del ruolo dello Stato e l’avvento di una moneta unica nel nome della quale si pretende di mettere un atto una “razionalizzazione” a base di tagli della spesa pubblica, di riduzione dei salari e dei diritti dei lavoratori, di distruzione della PMI intaccando in maniera drammatica le potenzialità del sistema economico di interi Paesi?
Ho l’impressione che quel cambio di filosofia cominciato negli anni ’80 e rafforzatosi nei ’90 (credo), avesse proprio bisogno di un vincolo di cambio che portasse a far accettare ai cittadini l’idea del pareggio di bilancio, per realizzarsi pienamente.
Questo significa che chi ha implementato quel tipo di politiche super liberiste ha come preciso obiettivo lo Stato che, con le sue norme costituzionali, è l’unico garante di una visione di government che tuteli la comunità piuttosto che una governance a favore di determinati stakeholders (e non si sa perché altri non sono considerati stakeholders, fra l’altro).
La domanda finale dopo la pappardella: non pensa che in concreto quelle garanzie costituzionali possano essere garantite solo da uno Stato legato al proprio territorio e che quindi, per converso, l’imposizione di uno Stato sovranazionale dovrà necessariamente passare per politiche di razionalizzazione forzata che, a confronto con gli squilibri fra i vari Stati membri, diventerà appunto “austerità”?
In parole poverissime: se hanno fatto tutto questo e non sono legati a un territorio, lei come pensa che si convincano che il loro fine etico e ideale è il benessere di una comunità con la quale non hanno più legami?
Ho provato a essere sintetico ma temo con non grandissimo successo…
06/04/2014 @ 04:33
Non capisco. o ha sbagliato link o è il suo ennesimo tentativo di confondere le acque. O forse sono io che non capisco, ma a questo punto ho la presunzione di avere capito fin troppo bene.
L’articolo parla di tutte le CONSEGUENZE di un’evidente carenza organizzativa che ci sta mettendo nel mirino delle varie corti di giustizia internazionali. Vorrei ben vedere che non fosse così. Quello che forse a lei sfugge è che è la stessa “europa” (ma chiamamiamola BCE che forse chiariamo un equivoco)che, impedendo politiche monetarie espansive e imponendoci balzelli insostenibilil per salvare le banche creditrici tedesche, ci toglie la materia prima per realizzare qualsiasi riforma che vada nel senso che qui tutti auspichiamo.
06/04/2014 @ 06:51
Ha centrato in pieno la differenza: lei parla dello stato delle nostre prigioni come di conseguenze della politica monetaria. Io parlo dello stato delle nostre prigioni come conseguenza della nostra, politica, indifferenza. Altro che organizzazione.
06/04/2014 @ 08:05
Ecco qua di nuovo l’autorazzismo.
Allora: io posso essere organizzato o disorganizzato per quanto riguarda, che so, prepararmi il pranzo. Se sono organizzato riesco a farmi dei bei pranzetti fatti in casa sani ed economici. Se sono disorganizzato vado a mangiare kebab, pizze al taglio o, quando va bene, una pasta alla bolognese in qualche trattoria da battaglia.
Ma SE NON HO I SOLDI non mangio e basta.
Le galere non si metteranno a posto fino a che non ci saranno i soldi, condizione NECESSARIA MA NON SUFFICIENTE, come ci dicevano alle medie, il che significa che non basta che ci siano però non vuole dire che non servano. Spiego non per lei eh, ma per il sottoscritto che vuole essere sicuro di quello che dice…
Per quanto poi riguarda tutti i timori apertamente espressi da buona parte degli italiani (la maggior parte, probabilmente) rispetto a un’apertura delle patrie galere, forse questa cosa va annoverata nella categoria “guerra tra poveri” che politiche come quelle attuate negli ultimi trent’anni non fanno altro che alimentare.
05/04/2014 @ 21:07
Seguo ovviamente con molta attenzione il dibattito italiano sulla bontà o meno di uno sganciamento dal regime di cambi fissi, e mi pare di poter affermare senza alcuna generalizzazione indebita la seguente cosa: laddove i sostenitori di un’uscita dall’euro argomentano, i critici di tale opzione parlano per slogan.
In primo luogo, se i vari Borghi e Bagnai hanno ormai argomentato sino alla nausea perchè, dal punto di vista della razionalità economica, la causa della crisi vada individuata nell’entrata e nella permanenza nell’euro, devo ancora leggere una contro-argomentazione altrettanto efficace. Nel caso ciò sia da imputare a una mia disattenzione la prego, mi rinvii allle fonti.
Ma non solo. Come nel pezzo di cui sopra, i critici dell’uscita tendono ormai a ricorrere, a crisi dispiegata, ad argomentazioni che ben poco hanno a che vedere con l’economia, essendo più che altro di carattere normativo. Anche in questo caso, tuttavia, la critica procede per slogan:
‘la questione vera, politica, essenziale, è quella dei “confini territoriali” che vogliamo dare alla nostra vita futura. Se vogliamo l’Italia o l’Europa, essere cittadini della prima o della seconda’
Saprebbe argomentare per quale motivo i “confini territoriali” che vogliamo dare alla nostra vita futura passano per una mal-realizzata unione monetaria, o perchè una dissoluzione controllata e concordata dell’eurozona debba essere di detrimento a tale scopo?
E ancora:
“Io la mia scelta l’ho fatta. Mi sento cittadino di questa Europa, le cui scelte non condivido assolutamente. Ma di chi sono le scelte europee? Sono le mie e le tue, che ti piaccia o no. E dunque, come dice Giovanni Salmeri, so che spetta a me ed a te cercare di cambiarla, per quanto è nelle mie e tue possibilità”
Bene: saprebbe indicare un cammino concreto di cambiamento dell’attuale unione monetaria, che non passi per la sua disgregazione?
I vari Borghi e Bagnai gli argomenti, di carattere sia economico che normativo, li forniscono. E voialtri?
05/04/2014 @ 22:29
Ma come saprebbe indicare. Sono 2 anni e mezzo che li indichiamo. E, le assicuro, sono molto meglio di quelli di B&B.
05/04/2014 @ 23:47
Concordo con quanto indicato negli accalorati commenti di Enrico, e trovo che lei effettivamente non risponde, limitandosi alla enunciazione di slogan che non fanno onore alla sua professione e al blog. Sono certo che Bagnai usa il turpiloquio, peraltro efficacemente, ma non mi sembra mai fuori posto pur se eccessivo, mentre lei mi risulta volgare in certi commenti, come su Fusaro, e in certe risposte. Certo quindi di averle fornito buon assist per questa sua poco invidiabile capacità, le garantisco la mia totale distanza dalle sue posizioni, dai suoi pensieri e dalle sue affermazioni, cosciente che il vento della Storia la travolgerà ben prima del giudizio finale. Io comunque non voglio più Europa, ne ho già abbastanza e in avanzo. E comunque l’euro, come moneta comune, non c’entra niente con l’Europa che voglio. Lei fa solo propaganda.
10/04/2014 @ 15:31
Caro professore,
le avevo scritto addio ma a questo post non ho saputo resistere, quindi posticipo leggermente.
1) Un’unione tra aree geografiche non economicamente omogenee:
- funziona male e produce malcontento se avvengono trasferimenti di reddito dalle aree più produttive a quelle meno produttive (come avveniva in Italia)
- o, in assenza di trasferimenti, non funziona per niente (tipo EU) e l’unione degenera fino alla deflagrazione.
L’esempio degli USA è fittizio, infatti è l’unico caso in cui i costi per tenere insieme parti divergenti vengono scaricati sul resto del mondo (attraverso il dollaro).
2) Non ci sono i lager (per ora?). E allora? Questo dà il diritto di giustificare una mezzogiornificazione pianificata che miete migliaia di vittime tra persone e piccole/medie imprese (quelle che dovrebbero starle a cuore)?
Inoltre, le assonanze tra EU e Terzo Reich (o URSS) sono molteplici, in fondo tutte le dittature si somigliano tutte e “la libertà economica è la condizione necessaria della libertà politica” (L. Einaudi)
Temo che alla sua lista dei cretini debba aggiungere anche Krugman (che ha cancellato, lasciando però in bella vista la frase “financial repression which is just like what Hitler did to the Jews”)
http://krugman.blogs.nytimes.com/2014/04/06/oligarchy-and-monetary-policy/?_php=true&_type=blogs&_php=true&_type=blogs&smid=tw-NytimesKrugman&seid=auto&_r=1
3) La Germania è stata umiliata dopo la prima guerra mondiale
quindi ha causato la seconda
quindi si è deciso di non umiliarla più (cancellazione del debito)
quindi non ha attenuanti per avere, per la terza volta in 100 anni, realizzato il suo bramoso sogno di egemonia in Europa, causando una guerra finanziaria con vittime reali e numeri da bollettino di guerra. “Annessione” che è partita proprio dai loro fratelli dell’Est.
Conclusione: non è stata l’EU a tener lontane le guerre, ma un muro o meglio IL muro.
4) Mi riallaccio all’articolo di Krugman per sostenere che l’euro, ovvero la politica monetaria e la fluttuazione dei cambi, non sono argomenti così frivolamente neutri da poterci ridere sopra spensieratamente.
5) Come hanno osservato altri commentatori, gli effetti delle sue buone analisi svaniscono in slogan conclusivi di basso profilo culturale, illogici e ideologici non supportati da nessuna evidenza, prima tra tutti che se qualcuno lassù avesse a cuore non dico la fratellanza tra popoli (europei contro i cinesi!!!) ma almeno un generico rispetto per le persone, certe cose non sarebbero mai successe.
Nel prendere definitivamente commiato, confermo che anche a me giunge più volgare il suo perbenismo di calcolo che il sano, passionale e catartico turpiloquio.
Oggi l’ho trovato comunque più acido che caramelloso. Ha smarrito la sua aplomb perché si è reso conto che lo 0,1% dei piani alti non la considera, ma neppure il 98,999% di quelli intermedi e bassi?
Purtroppo non sono ancora certa che la dittatura dell’euro sarà sconfitta a breve, ma è evidente, data la scarsa quantità e i contenuti quasi sempre “contro” dei commenti di questo blog e il flop dei Viaggiatori, che LEI abbia perso.
16/04/2014 @ 11:28
Caro Gustavo,
sono lieto di vederti in forma, dopo alcuni anni.
Sul merito della questione: in una recente intervista televisiva di Gad Lerner ad un giornalista (o politico) tedesco, questi sottolineava come dalle statistiche risulti che un cittadino tedesco abbia una ricchezza personale di 80mila euro , uno greco di 120mila ed uno italiano di 150mila. Se questi dati sono veri (e la grande diffusione della proprietà di case da noi lo confermerebbe), come dare torto ai tedeschi (e, in genere, ai nord-europei) se rifiutano forme mutualistiche che sposterebbe su di loro il peso dei nostri debiti pubblici?
La loro ‘rigidità’, con l’austerità che ne consegue nei paesi mediterranei, nasce anche da questo, col risultato di ampliare una crisi che poteva invece essere meglio gestita.
Un saluto di cuore,
Carlo Lombardi
16/04/2014 @ 14:44
Ciao Carlo! Qualsiasi sia il motivo, mi sono sempre espresso contro qualsiasi forma mutualistica perché irrealistica. Gli Stati Uniti di Europa si faranno solo se non ne parliamo per 20 anni e piuttosto cominciamo ad acquisire, lentamente, un senso di missione e cultura comune. Per farlo, o si aspettano 100 anni o si mettono in atto politiche che non accrescano l’antagonismo nazionalistico ma sappiano avvicinare soddisfacendo un comune interesse. La fine dell’austerità guidata dalla Germania (che è nell’interesse stesso dei tedeschi, che lo capiscano o meno…) e sostenuta dagli altri Paesi è quello che avoco da sempre. Non c’è miglior credito che quello derivante dalla solidarietà (nel rispetto del proprio egoistico interesse nazionale).
16/04/2014 @ 17:55
“L’Europa di oggi non è tanto diversa dagli Stati Uniti di allora.”
Il paragone con gli USA non regge, al di là delle questioni economiche, perchè per fare l’unione di un popolo ci vuole una cosa importante: la lingua.
Lei si sentirà pure europeo, ma non parla “l’europeo”, perchè non esiste. Io al momento vivo in Spagna, dove ci sono i baschi e i catalani che parlano la loro lingua: non a caso ci sono forti spinte indipendentiste, perchè questi popoli non si sentono spagnoli.
Gli stranieri sono sempre stati i “barbari”, ma “barbaro” è colui che non parla la tua lingua.
Allora, negli ultimi tempi e con tanto ritardo, mi sono reso conto che per decenni ci è stato venduto fumo: ripeto, al di là delle pure importanti questioni economiche (visto che il suo post non parla di questo), non si può fondare un’unione che non tenga conto che ognuno (italiano, tedesco, francese..) si sente a casa sua solo nella sua nazione.
Non è più il tempo di “abbiamo fatto l’europa, ora facciamo gli europei”: non si può più reprimere nel sangue le identità locali e costringere la gente a parlare la propria lingua, così come non costringiamo più i mancini a scrivere con la mano destra. L’euro è il vincolo attraverso il quale si attua una repressione delle identità nazionali che è anacronistica.
Venga in Catalunya e osservi bene come – dopo TRECENTO anni di imposizione di politica nazionale e di lingua spagnola – i catalani oggi non si sentano spagnoli INDIPENDENTEMENTE dall’austerità.
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