THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

Inflazione è bello. Ecco come.

Il debito pubblico è troppo alto, va ridotto. Come?

Non via avanzi primari, la via del Fiscal Compact è stata fallimentare. Non via fondi immobiliari, è pia illusione.

Via inflazione o consolidamento? La prima, grazie.

E perché dei tanti modi di abbattere il debito oggi l’inflazione è il migliore?

a) Perché da sempre, specie se l’inflazione non è enorme, è metodo socialmente ben più invisibile e digerito rispetto al consolidamento esplicito: genera dunque il minimo di instabilità sociale successiva.

b) Perché la vera ingiustizia che sta avvenendo ora nel contratto sociale europeo, via deflazione, è quello dell’arricchimento “eccessivo” dei creditori degli Stati rispetto ai contribuenti che pagano la spesa per interessi. Eccessivo nel senso che quando furono sottoscritti quei titoli si riteneva giusto il compenso nominale promesso dallo Stato per un’inflazione attesa molto maggiore di quella che poi si è verificata. Mi direte, beh allora anche il consolidamento ha lo stesso effetto. Non interamente: c’è chi ha sottoscritto titoli indicizzati, all’inflazione in primis, che non sta guadagnando dalla deflazione, perché colpire anche loro?

c) Perché un taglio del debito pubblico in un singolo Paese genera instabilità sociale soprattutto in quel Paese, mentre la crescita del debito di quel Paese è stata dovuta in larga parte a politiche esterne sbagliate, come Fiscal Compact e deflazione via BCE. L’inflazione colpisce tutti i creditori europei, non solo quelli di uno Stato.

Rimane un problema, di cui abbiamo parlato ieri: come convincere Draghi a generare questa inflazione. Che richiederebbe, ovviamente, annunci espliciti – simili a quelli degli anni 30 negli Stati Uniti, del tipo “Inflazione è bello” – per influenzare le aspettative degli operatori e portarli a rendere l’inflazione auto-realizzantesi. Basterebbe a mio avviso annunciare che il Fiscal Compact è sospeso fino alla riduzione del debito pubblico su PIL al livello pre-crisi (103% per l’Italia), con il ritorno alla sana e democratica regola del non sforamento del 3% del deficit-PIL del Trattato di Maastricht - l’unica veramente sottoscritta nell’ordinamento europeo, via Trattato di Maastricht (ricordo a tutti, se ce ne fosse bisogno che il Fiscal Compact è un accordo tra Stati, non è legge comunitaria in quanto non sottoscritta da Regno Unito e Repubblica Ceca) – a fare da ancora minima di stabilità.

Il silenzio di Draghi al riguardo sarebbe segnale di accordo politico istituzionale, segnale che sarebbe entusiasticamente recepito dai mercati, che finalmente vedrebbero la crescita europea a portata di mano, senza tuttavia temere per la fine della stabilità monetaria, comprendendone la natura temporanea. Questo accelererebbe il rientro del debito e la stabilità del deficit via minori spread. La maggiore inflazione, inoltre, lo ribadiamo, abbatterebbe i crescenti tassi reali che la deflazione sta generando.

Come ottenere il silenzio della Buba? Semplice, ordinandoglielo. E’ la politica bellezza.

25 comments

  1. Francesco Fortini

    16/08/2014 @ 12:48

    “Come ottenere il silenzio della Buba? Semplice, ordinandoglielo.”

    Come tirarci fuori dal pantano? Semplice, tirandoci su per gli stivali.

    Professore, potrebbe spiegarci CHI (nomi e cognomi, please) andrebbe a ordinare alla Buba di fare silenzio? E soprattutto, poniamo il caso REMOTISSIMO che la Buba non faccia silenzio (sa com’e', io credo che se il sole fino ad oggi e’ sempre sorto, allora sorgera’ anche domani mattina, se lei non mi dimostra il motivo per cui domani non sorgera’), che facciamo allora? Quale e’ il piano B, se dovessimo scoprire che la Germania si oppone a qualunque misura che possa farci ridiventare avversari commerciali temibili?

    Reply
    • Esattamente come ha fatto quando si trattò di ordinare a Draghi di riportare gli spread a livelli normali per salvare la Grecia, veda il mio blog. Le banche centrali sono dipendenti, dalla politica. Quindi la Signor Merkel dovrà rifare una telefonata.

      Reply
      • Francesco Fortini

        16/08/2014 @ 20:19

        Ma non capisco perche’ dovrebbe fare una telefonata la signora Merkel. Che vantaggio ne avrebbe? Per poter ricominciare a vendere un po’ delle proprie automobili? Fara’ prima a far entrare nell’euro la Polonia, cosi’ da agganciarla nell’ingranaggio e farla indebitare per qualche anno. E comunque, la Merkel dovrebbe fare una telefonata perche’ ha letto il suo blog? CHI dovrebbe pregare la Merkel di fare la telefonata?

        Reply
        • Io non faccio fatica a vedere i vantaggi tedeschi (nonché italiani, anche se molto + sotto stress oggidì) della sopravvivenza nell’euro. Non sono il solo.

          Reply
          • Francesco Fortini

            17/08/2014 @ 06:54

            A me non pare che fino ad oggi i tedeschi siano stati lungimiranti. Hanno portato l’Europa in recessione, hanno distrutto le economie che compravano i loro prodotti. Hanno coltivato la propaganda che vede nei PIIGS i responsabili del tracollo, hanno convinto tutti che la Germania stia trasferendo ingenti somme ai pigri del sud.

            Altro esempio della miopia tedesca, adesso vogliono fare sanzioni alla Russia che sono sanzioni all’Europa, mentre la borsa russa cresce alla grande e sostituisce semplicemente le forniture e i partner europei con altri. Le sanzioni proposte: se avranno insuccesso, distruggeranno la nostra economia, se avranno successo invece scateneranno la terza guerra mondiale. Complimenti!

            Temo che i tedeschi si siano impelagati troppo profondamente in una ideologia, per fare marcia indietro domani: come per tanti italiani. Nella Germania ci sono tanti interessi contrastanti, e non riusciranno a metterli d’accordo prima di combinare qualche grosso guaio. E nel frattempo il tempo passa e Draghi non fa nulla.

          • Concordo con il primo paragrafo, direi il governo tedesco, non i tedeschi tutti, è d’accordo? E’ importante distinguere.
            Le potrei anche dire che l’attuale miopia di breve termine tedesca fa il paio con la notevole visione di lungo periodo quando si trattò di unire sindacati ed imprese per affrontare la globalizzazione.
            Il suo terzo paragrafo sottolinea la difficoltà di una soluzione. Concordo con lei, soprattutto sugli interessi contrastanti. Come da noi. Non creda che la battaglia di interessi interna e tra paesi non continui, in peggio, fuori dall’euro. Mai i due paesi (anzi tutti) europei si sono parlati tanto come ora che vi sono obbligati. Non è poco. E’ enorme.

      • Francesco Fortini

        16/08/2014 @ 20:21

        Grande letteratura, grande musica, grande scienza. Il tedesco e’ un gran bel popolo. Sono solo alcune persone di quel popolo che vanno disprezzate (per capire quali consiglio ad esempio la lettura di Anschluss di Vladimiro Giacche’)

        Reply
        • Bah, così va per ogni popolo, qualcuno da disprezzare c’è sempre, preferisco concentrarmi sulla bellezza, imperante ovunque se la cerchiamo, e difenderla.

          Reply
  2. Sleepy Hollow

    17/08/2014 @ 01:30

    Il silenzio di Draghi al riguardo sarebbe segnale di accordo politico istituzionale…

    Il silenzio della BuBa o di Draghi?

    Reply
  3. Personalmente sarei cauto con questa ricetta.
    Quello di cui parli è l’indubbio beneficio macroeconomico.
    Ma, dall’introduzione dell’euro, ogni beneficio macroeconomico è stato pagato da un costo microeconomico, anche se può apparire un ossimoro.

    In questo contesto nel quale le linee di azione della politica economica sono decise al di fuori del Paese, i costi sociali dell’inflazione sarebbero drammatici e non socialmente invisibili.

    Ciò che ha salvato i pensionati, i lavoratori dipendenti, gli esodati, i senza lavoro, è stata proprio la bassa inflazione che ha mantenuto pressoché invariato il potere d’acquisto dei propri redditi/risparmio.

    Hai idea di cosa accadrebbe se in presenza di blocco dei salari, stagnazione (perché serve tempo per avere la crescita e serve ancora più tempo affinché la crescita possa toccare, beneficiare, tante persone) e inflazione?

    Inflazione e consolidamento sono due vie per condurre alla povertà. Ciò che cambia è la velocità con cui si raggiunge la meta.

    Reply
    • Grazie Ste. Non c’è dubbio che ogni aumento di domanda à la Keynes passa pure tramite l’abbassamento dei salari reali e l’aumento dell’occupazione susseguente lungo la curva di domanda di lavoro. Il surplus complessivo tipicamente cresce, con vinti e vincitori ovviamente e quindi con eventuali politiche di redistribuzione dai secondi ai primi di cui si dibatterà nel Paese. Il problema è diverso: devi paragonare questa ricetta a quella attuale. Quella attuale sta generando una torta più piccola, quella proposta una più grande. Marshall avrebbe detto avanti, Pareto, indubbiamente, fermi tutti.

      Reply
  4. Ma allora non ha vissuto in Germania! Lo sospettavo. Anche Tabellini pare averlo ormai capito: “Non lo accetteranno mai” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/17/crisi-guido-tabellini-non-ce-altra-via-giu-salari-e-tasse-alle-imprese/1092528/). Provate a chiudere i vostri fogli Excel ed uscire dai vostri uffici. Vi renderete contro che la realtà non si cambia maneggiando variabili e scenari “what if”, standovene seduti in ufficio. Oppure, se preferite, continuate a vivere ognuno nel vostro Paese Natale, ma studiate psicologia, sociologia e antropologia. Solo allora capirete che i vostri fogli Excel – in questa situazione – sono inutili. Intendiamoci: ha ragione, come si fa a sostenere il contrario? Oppure non mi sono spiegato bene? Le scelte politiche tedesche non possono che essere quelle che sono e sono il riflesso della maniera di pensare e comportarsi di quel popolo. Zum Wohl!

    Reply
    • Lo sospettava, accipicchia. Tabellini l’ha capito, ulla. Allora aspetti che mi adeguo subito al suo pensiero profondo.
      Non so cosa sia un file Excel, io sono per strada a raccogliere firme, non so lei.
      Ma, detto questo, mi va di reagire alla parte finale del suo commento, mi ha interessato.
      Guardi che è proprio per questo che abbiamo fatto l’Europa, per evitare nuove guerre conoscendoci meglio e decidendo insieme (come insieme? La Germania decide su tutto! va beh, spero non faccia parte di questa coorte di pensatori). E lei si pensava che fosse una passeggiata? Ha studiato la storia degli Stati Uniti? Lei pensa forse che il Sud ed il Nord si sono sempre amati come oggi (e guardi Ferguson…)? E pensa forse che il Sud non sia mai cambiato? Ed il Nord, nemmeno? Se avessero fatto come dice lei altro che Stati Uniti.
      E’ proprio abbandonando le teorie economiche che lei può capire il progetto europeo, sennò la lascio all’uscita dall’euro, le aree valutarie ottimali e le propensioni marginali ad importare, bagaglio di chi, in effetti, gioca non con il file Excel ma con i soli libri di testo di macroeconomia per capire il mondo.
      Se poi mi chiede come andare avanti visto il disastro economico di questo muro culturale di differenze (che sono lo ripeto la ragione dell’unione, non l’effetto!) io le dico che dobbiamo fare come i tedeschi: batterci per il nostro ristretto interesse nazionale, cosa che, le assicuro, non abbiamo mai fatto sinora.

      Reply
      • La Germania oggi.
        Ho amici Italiani, che lavorano e vivono da più 15 anni in Germania.
        Contrariamente a detta di Pier che invece non dice quale esperienza abbia della Germania, le testimonianze di questi Italiani dicono che lì si vive molto bene.
        I diritti dei lavoratori e dei cittadini sono assolutamente rispettati e tutelati, gli stipendi sono buoni, l’efficienza e l’ordine in ogni settore è ineccepibile, hanno un sistema sanitario efficientissimo è assolutamente normale che oggi ti prescrivono esami clinici entro due giorni li fai, entro una settimana hai i risultati, senza spendere 1 euro. Il lavoro si trova con molta facilità e tutti sono rispettati. È un vivere dove sei considerato per quello che sei e che fai, non per quello che sembri. Questo dicono gli Italiani che lavorano in Germania e che non vogliono tornare nella caotica Italia.
        Io lo girata in lungo e in largo tre volte come turista, le autostrade sono scorrevoli e tutte gratuite, la vita è molto meno cara, e l’affabilità delle persone verso il turista è straordinaria, non fai in tempo a guardarti attorno per orientarti che subito si offrono ad aiutarti. L’arte è valorizzata e tenuta in altissima considerazione. Hanno musei della Memoria, che mostrano al mondo l’eccidio drammatico della loro grande vergogna. Gli spazi per i giovani l’arte e la creatività sono straordinari sopratutto a Berlino. Dormi e mangi con poco in maniera più che dignitosa, puoi trascorrere un mese in Germania con quanto in Italia spendi in una settimana.
        Per non parlare del senso civico e dell’educazione insita nell’ordinario quotidiano, nei confronti del prossimo.
        Inoltre è una terra bellissima.
        Come bellissimo unico e straordinario è il nostro Paese, che merita di essere meraviglioso e dal quale converrebbe partire prima di guardare altrove.
        La politica, l’UE, sono tutt’altra faccenda e non rispondono alla domanda ”chi sia un tedesco”.

        La psicologia, la sociologia, l’antropologia e la filosofia invece rispondono, e ci parlano di persone, ci parlano di esseri umani e di popoli sempre più tesi all’elevatissimo traguardo di uscire dall’angusto confine dell’isolamento, delle vecchie politiche, dei pregiudizi, della violenta grettezza dell’ignoranza, con la sua visione ridotta del mondo.
        Perché in fondo l’uomo è sempre migliore della propria ideologia, quando pensa a concetti nuovi che abbiano un Senso, oggi.

        Reply
        • Scusi Cristina, ma credo mi abbia frainteso benissimo. “Contrariamente a detta di Pier che invece non dice quale esperienza abbia della Germania, le testimonianze di questi Italiani dicono che lì si vive molto bene.” Contrariamente? Io adoro la Germania. Mi trovo benissimo, non ci si fraintende: sento che abbiamo la stessa morale, stessa cultura. Perchè sono Piemontese? Loro mi dicono sempre che “non sembro italiano”. Solo grazie a loro ho capito che in effetti non sono italiano: sono Piemontese. In questi giorni di ferie stiamo raccogliendo delle firme il rattachement del Piemonte alla Savoia. E combinazione leggo questo articolo del sempre ottimo Diamanti http://www.repubblica.it/politica/2014/08/18/news/mappe_-_ci_saranno_altri_nord-93990288/

          Reply
          • Oooh, finalmente qualcuno che pensa al rattachement del Piemonte alla Savoia.
            È da questi segnali che si capisce che il popolo ha finalmente raggiunto la piena maturità.

          • Grazie Pier per avere chiarito la sua esperienza.
            Credo comunque che a prescindere dalla provenienza territoriale, le persone vengano rispettate e considerate per i talenti e le abilità, ma anche più semplicemente per la serietà e l’impegno. Ci sono tantissimi esempi di italiani di tutte le regioni d’Italia affermati all’estero e apprezzati per le loro competenze, inventiva e creatività.

            Non credo proprio che il ruolo dei confini regionali e dell’autocompiacimento abbiano un posto reale nella vita oggi.
            Mi spiace ma verso certi sistemi di credenza provo un grande rifiuto.

            Le cose cambiano, ci sono patrimoni culturali che oggi non hanno più corso.
            Ci sono realtà che adesso ci stimolano ad andare oltre a rispondere a uno scatto evolutivo, a trovare e a introdurre nuovi modelli di dialogo e di pace, innovativi cambiamenti della politica, per la nostra vita e il nostro futuro. Significa avere un progetto che vada oltre noi stessi, che possa raggiungere le prossime generazioni con un grande miglioramento. Unione dei popoli e delle nazioni vicini culturalmente significa avere bisogno uno dell’altro, poter dire Noi cambia alla lunga la qualità della nostra visione.

            Credo che la nostra grande difficilissima sfida oggi, sia imparare ad unirci.

  5. Gus, su questa strada non ti posso seguire.

    Il capitolo XIX, soprattutto i paragrafi 1 e 2. della Teoria Generale è chiarissimo. Parla della discesa dei salari monetari (ma questa ipotesi è equivalente ad un incremento dei prezzi in presenza di salari monetari costanti poiché riduce il reddito reale disponibile e dovrebbe incentivare le imprese ad incrementare l’occupazione). Scrive Keynes: “E’ da questo tipo di analisi [Riduzione salari monetari, invarianza della domanda, aumento occupazione] che io dissento fondamentalmente”. Il seguito lo lascio alla lettura di chi è interessato.

    La tua proposta è, almeno in parte ma certamente nella sostanza, la proposta di Tabellini.
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/17/crisi-guido-tabellini-non-ce-altra-via-giu-salari-e-tasse-alle-imprese/1092528/

    Concordo che l’attuale ricetta non sia corretta. Ma non sono sicuro che generare inflazione aumenti la torta (in termini reali e di benessere).

    Il vantaggio dell’inflazione oggi non può essere quello di stampare moneta per riacquistare il debito.
    Certamente aumenterebbe artificialmente il PIL nominale e migliorerebbe il rapporto Debito/Pil (solo una parte del numeratore aumenterebbe in termini nominali, quella legata al deficit corrente. Mentre tutto il denominatore aumenterebbe). Analogamente a quanto farà la contabilizzazione delle attività illegali. Ma questo rapporto è sbagliato, analiticamente e concettualmente. Vogliamo generare inflazione crescente? E poi la successiva deflazione?

    L’effetto certo, ben noto, dell’inflazione è la redistribuzione di ricchezza a sfavore dei redditi fissi, ossia di chi ha pagato molto la crisi ma soprattutto le politiche economiche di questo Paese.

    Inoltre al crescere dell’inflazione aumenterebbero i tassi di interesse ufficiali. Il che significa maggiori costi in termini nominali per le imprese e soprattutto favorisce coloro che possono risparmiare poiché investirebbero a tassi nominali crescenti (chi non ha risparmio ovviamente non può farlo). E poi risalirebbe lo spread….

    Non credo proprio che questa sia la ricetta che aiuterebbe la domanda aggregata interna a riprendersi e favorirebbe quella estera.

    Comunque fossi in te guarderei con attenzione il cambio. Se la BCE volesse generare inflazione potrebbe permettere il deprezzamento del cambio che renderebbe più costoso l’acquisto dei beni esteri e andrebbe anche bene alla Germania che esporterebbe meglio. E guarda caso, sia pure lentamente, il tasso di cambio ha iniziato a deprezzarsi…

    Ci sarebbe molto da discutere sulla Macroeconomia (e le sue ricette) di oggi (Pil giapponese che crolla nuovamente, stagnazione in Europa, difficoltà in America, rallentamento in Cina, ecc). Ma questa discussione la rimandiamo, magari, ad un altro post.

    Ciao

    Reply
    • Ste, ciao. Da dove comincio??
      Una serie di chiarimenti. Non parlavo di salari monetari verso il basso, ma di salari REALI. E non è assolutamente la stessa cosa. Prendi lo schema AS-AD.
      La frase di Keynes in questo senso è forse in dissenso non con me ma con Tabellini, perché Guido la inserisce come politica di offerta AS e non di politica di domanda (anche se poi vedo che Guido chiede maggiori deficit, ma se è via politiche à la Alesina-Giavazzi che sono recessive, non espansive, e dunque di nuovo non keynesiane, siamo da capo a 13).
      La manovra via domanda, di maggiore spesa, passa sempre, con salari nominali rigidi verso il basso, tramite maggiori prezzi e minori salari reali che stimolano, data la curva di domanda di lavoro delle imprese, maggiore occupazione e surplus. La mia visione coincide con quella di Keynes, perché dissente, come me, da “invarianza di domanda” non da “aumento dei prezzi”.
      Non è l’inflazione a generare la maggiore torta, ma le politiche della domanda: che hanno come conseguenza anche i maggiori prezzi.

      Solo un chiarimento semantico: il PIL nominale non aumenta artificialmente, aumenta, sul serio, se aumenta l’inflazione a parità di reddito reale. Lo dico per non usare aggettivi che paiono mortificare una variazione che aiuta all’interno del costrutto di Fiscal Compact che abbiamo, come fai vedere tu.

      Vogliamo generare inflazione crescente? Non so, ti direi che non mi pare proprio la domanda rilevante. Per due ordini di motivi: primo perché stiamo facendo l’esatto contrario e quindi dobbiamo chiederci, “vogliamo generare deflazione crescente?”, e la mia risposta è NO, anzi. Secondo perché Modigliani-Fischer l’hanno ben chiarito: l’inflazione al 2, al 4, o all’8 non ha effetti significativi in condizioni normali: e l’evidenza empirica conferma. Secondo loro rileva l’aspetto di scienza delle finanze (è proprio la miglior tassa l’inflazione?) e l’aspetto, appunto, redistributivo, non dell’inflazione tout court, ma di quella inattesa. In questo momento, per esempio, la deflazione inattesa ci arricchisce a noi detentori di salari nominali fissi, come arricchisce un detentore di BTP acquistati quando ci si aspettava un’inflazione al 2%. Detto questo il modello dei due ricercatori si pone il problema, e io condivido, di trovare schemi espansivi che, una volta fuori dalla recessione, siano già percepiti come credibilmente capaci di tornare al 2%. La politica economica è arte, lo sappiamo.

      Per le imprese sono irrilevanti i costi nominali del debito (a meno di motivazioni fiscali legate all’imperfetta indicizzazione delle forchette per il pagamento delle tasse, ma consideriamolo un dettaglio) contano quelli reali (in fondo vendono a prezzi più bassi oggidì quando pagano tassi fissi …). Gli spread reali, gli unici che contano, stanno crescendo tantissimo, non diminuendo.
      Il cambio ovviamente si svaluta con l’inflazione e se il modello è con prezzi vischiosi c’è indubbiamente un altro fattore positivo, non c’è dubbio, ma non mi sembra che questo vada contro quanto diciamo. Chiedere alla BCE più inflazione vuol dire anche chiederle di svalutare, se mi stai dicendo che l’avrei dovuto precisare concordo con te.

      Ora veniamo al punto chiave . Che è:
      a) quale è la politica giusta per aumentare la domanda? Quella monetaria o quella fiscale? Ti direi che la fiscale è necessaria ma non credo più, nel contesto europeo di regole, sufficiente. Nel senso che la politica monetaria deve cessare di intralciare l’efficacia della politica fiscale, sia via deflazione con impatto su debito/PIL, sia con impatto su aspettative nel momento in cui diviene espansiva solo se condizionata ad austerità. Ecco perché, come argomentano i due ricercatori, ci vogliono annunci congiunti e quello della BCE deve essere per la maggiore inflazione.
      b) Ogni politica economica è redistributiva. Anche quelle keynesiane. I modelli (“keynesiani” nel senso del fallimento di mercato) insider-outsiders, ad esempio, puntano addirittura a redistribuzioni tra lavoratori. Mi pare un’intuizione scomoda ma importante. Senza farla complicata, tu indichi una problematica, quella dei detentori di redditi nominali. Assente l’indicizzazione, mi verrebbe da dirti che il modo migliore di proteggerli non è tanto preoccuparsi dell’inflazione quanto dell’austerità: basta guardare a cosa sta succedendo alla spesa per stipendi pubblici ma anche al circolo vizioso derivante da austerità, minori consumi, minore redditi, minore entrate, minori stipendi pubblici ecc. Qualcuno aggiungerebbe che quella spesa non va fatta calare ma “efficientata”: e io sarei d’accordo anche su questo. Ma ciò non toglie che tagliarla uccide la classe media italiana.

      Reply
  6. Grazie Gus per il tuo lungo intervento che ha chiarito molto, ma non tutto.

    Sostanzialmente tu dici che l’inflazione non è la causa della ripresa ma l’effetto. Poiché quando l’economia riparte l’incremento dei prezzi che si associa sul tratto “normale” dello schema AD-AS fa crescere i prezzi con salari monetari costanti (almeno all’inizio). E questo è chiarissimo e condivisibile. Ma questa inflazione non è generata dalla BCE ma è endogena, fisiologica di un sistema che ha ripreso a produrre. La storia dell’inflazione degli ultimi 40 anni nel mondo evidenzia proprio come non ci si debba porre un obiettivo zero-inflazione ma una inflazione moderata (sul cui significato storicamente vi è stato dissenso tra BCE e FED).
    Infatti tu scrivi nel tuo ultimo commento: “La manovra via domanda, di maggiore spesa, passa sempre, con salari nominali rigidi verso il basso, tramite maggiori prezzi e minori salari reali che stimolano, data la curva di domanda di lavoro delle imprese, maggiore occupazione e surplus.”

    Ed è certamente una affermazione ultra-condivisibile: gli stimoli all’aumento della domanda non possono che venire dalla politica fiscale in presenza di una politica monetaria “accomodante”.

    Però, c’è un però.
    Nel tuo post tu sei partito dall’inflazione come rimedio (quindi origine, causa) per “risolvere” il problema del debito pubblico. Ossia è necessario generare inflazione (la BCE in questo caso) che sarebbe non il sottoprodotto di una economia in ripresa (l’effetto) ma la causa voluta dalla politica monetaria.

    Ed infatti scrivi: “Rimane un problema, di cui abbiamo parlato ieri: come convincere Draghi a generare questa inflazione. ”

    E da questa visione che io dissento.

    A parte il ben noto problema di credibilità emerso in Giappone (può una B.C che ha l’obiettivo di combattere l’inflazione generare aspettative credibili di inflazione? Come evitare l’avvio di una spirale inflazione/deflazione? Vi è un bell’articolo sul tema mi sembra di Krugman, ma non ne sono sicuro).

    L’inflazione oggi non c’è non perché la politica monetaria la combatta (il tasso di deposito marginale nominali e reale è negativo) ma perché manca la domanda. Se tu generi inflazione in assenza di domanda, andrai a deprimere il potere d’acquisto dei percettori di redditi fissi (a cui aggiungevo pensionati e piccoli risparmiatori) rendendo cronica la carenza di domanda effettiva. D’altra parte l’eventuale domanda dello Stato (Investimenti pubblici) sarebbe effettuata a prezzi più alti per cui, a parità di intervento, costerebbe di più oppure, a parità di spesa, se ne potrebbe fare di meno.

    La tua ultima spiegazione mi trova d’accordo in quasi tutto (non credo alle imprese che guardano al costo reale del debito. Non lo guarda l’Europa, lo dovrebbero considerare le imprese? E d’altra parte l’aumento del Pil nominale l’ho definita “artificiosa” perché non sta producendo maggiore ricchezza ma solo un effetto benefico rispetto a questa ottusità Europea per la quale, tu in primis ti stai sgolando da tempo per evidenziarne l’insensatezza) ma il vero problema, la domanda sostanziale che tu poni nel post è: l’inflazione è la via per abbattere il debito?

    In questo contesto la mia personale risposta è negativa.
    Se potessimo stampare moneta e con quella moneta riacquistare i titoli non indicizzati, direi di sì. Anche se questo tipo di storie insegnano ce qualcuno deve necessariamente pagare queste politiche. E quel qualcuno sono le categorie da me indicate.
    Ma non possiamo stampare moneta per riacquistare titoli del debito. L’effetto dell’inflazione che tu chiedi alla BCE sarebbe principalmente quello “stupido” di migliorare il rapporto Debito/Pil. L’effetto è stupido perché il rapporto è stupido. Il costo di questa inflazione sarebbe a mio avviso non compensato dal beneficio (per ridurre significativamente questo rapporto e poter effettuare le politiche fiscali di stimolo in accordo on l’Europa, in assenza di crescita, dovresti generare inflazione consistente e crescente, questo era il senso delle mie parole, finendo per distruggere un sistema in grave crisi).

    Rimane il punto, gravissimo, del nostro debito.
    Non vedo soluzioni.
    Non lo è, a mio avviso e per le motivazioni esposte, l’inflazione.
    Lo sarebbe il consolidamento. Ma farebbe sprofondare l’Italia al Medioevo economico. Potresti farlo uscendo dall’euro, riacquistando la sovranità monetaria, stampando moneta e riacquistando debito. L’iperinflazione che si genererebbe sarebbe certamente devastante però, in Germania, nel ’23, è durata 6 mesi. Ma ha aperto le porte all’avvento del partito nazionalsocialista.

    In conclusione direi socraticamente “io-so-di-non-sapere” come risolvere questo problema oggi che qualcuno, stupidamente, nel passato, ci ha lasciato.

    Reply
    • Ste grazie. La cosa che più mi preme: c’è ormai ampia letteratura che sostiene che Hitler – al di là degli importanti fattori politici del tempo – non arrivò a causa dell’inflazione, a quel punto sotto controllo, ma di due fattori economici concomitanti e legati: la rigidità specie francese sulle riparazioni e le politiche austere del Cancelliere Bruning tra il 30 ed il 32.

      Sono d’accordo che non c’è inflazione perché non c’è domanda ma la domanda è anche stimolata dall’ampliamento dell’offerta monetaria (questo vale anche con la teoria quantitativa, l’aumento dei prezzi successivo è legato alla piena occupazione come equilibrio): non si può generare inflazione in assenza di domanda, come si potrebbe? In realtà la Bundesbank ha recentemente proposto un’alternativa: forzare le imprese a aumentare i salari, cosa che ovviamente le imprese rifiutano.

      Non sono sicuro di concordare con te che il debito-PIL è così stupido in queste situazioni e tu stesso lo confermi: esso va ripagato (o non ripagato). Quindi alla domanda “come” va data una risposta, non te la puoi cavare come Bini Smaghi! Io non sono in generale per l’inflazione come situazione. In espansione sono a favore dell’austerità. Oggi? La deflazione arricchisce ingiustamente i creditori rispetto all’accordo implicito fatto al momento dell’asta? Direi di sì e per questo trovo meglio l’inflazione, in questo contesto, del default o dell’avanzo primario (gli altri unici due modi oltre alla vendita del Colosseo).

      Reply
      • Il vostro scambio è interessantissimo.
        Se ne deduce una sola cosa però e cioè, come pensano altri fra cui alcuni lettori di questo blog, che l’esperimento Europa cosí com’è è finito, ma non solo.
        Non si tratta di chiacchierare di semplici di proposte estemporanee di uscita dall’euro à la Bagnai ma del fatto che siamo di fronte a una crisi sistemica di un modo di produzione e di una determinata struttura di rapporti sociali (rapporti fra classi, di produzione, di proprietà).
        Sono d’accordo con l’analisi di Stefano ma ritengo urgente e indispensabile adottare le politiche suggerite da Gustavo perché quando ci si renderà conto della loro inutilità (e del fatto che il costo sarà ancora una volta riversato tutto sulle spalle dei più deboli) si capirà anche che non esiste alcuna soluzione di tipo bassamente “gestionale” per riportare la macchina alla sua piena efficienza in termini di equità sociale.
        Apparirà allora in tutta la sua evidenza anche alla classe media la vera natura di questo attuale modo di produzione che prevede rigidamente per la sua sussistenza e riproduzione lo sfruttamento economico e il dominio politico (ossia la fine della democrazia).
        Quindi se finalmente la classe media aprirà gli occhi per capire di aver perso il suo status di classe semi subalterna ma privilegiata in funzione di “cuscinetto” e di trovarsi sotto l’attacco finale da parte dei suoi stessi vecchi alleati, potrà finalmente nascere una soggettività politica alternativa dalla alleanza fra classe media e i lavoratori.
        Quindi avanti con le politiche espansive e benvenga la Troika perché cosí la gente comincerà finalmente a capire chi è il vero nemico.
        La scorciatoia ci sarebbe ma evidentemente, come sempre nella storia, gli errori devono essere compiuti tutti quanti fino alle estreme conseguenze e solo dopo qualcuno, per sbaglio, comincia a fare qualcosa di giusto.

        Reply

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*