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Draghi e Renzi: ecco come farli vincere entrambi per salvare l’Europa

Quanto è importante l’incontro tra Draghi e Renzi? Mi verrebbe da dirvi: immensamente.

Perché?

Perché quell’incontro è stato il simbolo del nocciolo del problema che affligge l’Europa attualmente ed è anche una condizione necessaria (ma non sufficiente) per avviarci verso la sua risoluzione.

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L’incontro umbro era stato già immaginato, solo due mesi fa, da due ricercatori, guarda caso italiani, Francesco Bianchi e Leonardo Melosi, il primo della Duke University ed il secondo dipendente della Federal Reserve di Chicago. Che hanno avuto la brillante capacità di immaginare – con i mezzi della teoria economica (http://public.econ.duke.edu/~fb36/Papers_Francesco_Bianchi/BianchiMelosi_Escaping.pdf ) – i diversi percorsi a disposizione delle istituzioni di Paese (o un gruppi di Paesi con una valuta unica e regole fiscali comuni, come l’area dell’euro) per provare ad uscire da una crisi da domanda e da pessimismo come quella in cui ci troviamo a combattere, ed in cui la banca centrale (da ora in poi BCE) ha già spinto i tassi verso il minimo, lo zero.

Mi perdoneranno questi due bravi ricercatori se semplificherò il loro rigoroso messaggio, romanzandolo un po’ per il lettore, sperando di non tradire troppo i loro affascinanti risultati.

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Ma prima, una premessa.

Mario Draghi porta sulle spalle un’eredità pesante. Quella di una istituzione che, nel giro di poco più di un decennio, ha conseguito una elevatissima reputazione anti inflazionistica, direi sorprendente, che è senza dubbio alla base di gran parte della stabilità che l’area euro ha conosciuto prima della grande recessione dal 2008. Tale reputazione anti-inflazionistica non è stata intaccata dal comportamento della BCE dal 2008 in poi, quando sempre più insistenti sono diventate le domande esterne alla Banca per fare più inflazione, molta di più di quanta non ne stia facendo ora. Inflazione richiesta perché capace di avere due effetti: essendo i tassi nominali allo zero, essa abbatterebbe il costo reale del credito, rilanciando consumi e investimenti (il contrario di quello che fa oggi la crescente deflazione) ed, al contempo, svaluterebbe il valore nominale del debito pubblico, riducendo la necessità di aumentare tasse e diminuire spese per ripagarlo, cose, queste, che impediscono la ripresa.

Nessuno ha sintetizzato meglio di Filippo Taddei, economista di Renzi, ieri su Repubblica, tali domande esterne: “per noi è un vero problema tenere sotto controllo il debito pubblico in deflazione”.

Draghi riuscirà a resistere a queste pressioni di Renzi e di tutti i governi in difficoltà? E’ cosa buona che vi resista nelle condizioni in cui versa l’Europa? Non vi sarebbe una soluzione capace di salvare l’Europa mantenendo alta la reputazione anti inflazionistica della BCE? Sono queste le domande a cui rispondono di due ricercatori nel loro affascinante saggio.

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Certo, argomentano, in tempi normali il modello di banca centrale anti inflazionista e di un Fiscal Compact che garantisce la stabilità del debito pubblico è ideale.

Ma in tempi eccezionali come quelli che attraversiamo, in cui la crisi è iniziata per colpe esterne alla volontà dei nostri politici? Quale sarà la politica da attuare?

Bloccati nell’oggi a un tasso di sconto pari a zero e non ulteriormente riducibile, la politica ideale dipenderà da cosa decideranno oggi i responsabili della politica economica, i Renzi ed i Draghi, su quali saranno le politiche future che dovranno essere seguite, una volta usciti dalla recessione. In particolare, su come gestiranno gli enormi debiti pubblici su PIL che avrà lasciato la recessione. A che annunci odierni vorranno legarsi per le politiche del domani risulterà decisivo per le sorti della eventuale ripresa dalla crisi.

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Se ad esempio i politici convinceranno i mercati oggi che appena tornerà il bello continuerà ad essere vigente il Fiscal Compact volto al ripagamento del debito pubblico accumulato nella recessione e una politica monetaria dura e pura, con le loro esose richieste sulla domanda interna via maggiori tasse, minori spese ed assenza di credito, la domanda di imprese e famiglie crolla subito (investimenti? Perché farli si dice l’imprenditore se non vede il lumicino di una maggiore attività economica domani), la deflazione segue, i tassi reali salgono invece di scendere, la recessione si amplifica e dura a lungo, il debito su PIL sale ancora. Un po’ quello che pare essere la realtà odierna.

Se invece i politici diranno e convinceranno i mercati che si impegnano ad abolire per un lungo periodo il Fiscal Compact ed ad inflazionare l’economia, ecco che questa uscirà oggi dalla crisi, grazie alle aspettative di maggiore inflazione ed abbassamento dei tassi reali che seguirà, con l’abbattimento anche del rapporto debito su PIL. Ma mentre questa sarebbe una politica ideale nel breve periodo, tirandoci fuori dalla recessione, essa metterebbe a rischio la stabilità nei tempi normali e con essa la reputazione anti-inflazionistica della BCE di Draghi.

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Mi direte: ma di cosa si convinceranno i mercati? Beh ovviamente dipenderà da chi crederanno comanda in Europa. Comandano i Draghi o i Renzi? Se si crede siano i primi, la recessione dura per i prossimi 10 anni e come contentino avremo la stabilità nel lungo periodo. Se i Renzi, via dalla recessione subito, ma grande instabilità nel lungo periodo.

La cosa peggiore, argomentano gli autori, sarebbe che i Renzi ed i Draghi non si coordinassero tra loro, dando il via ad una battaglia istituzionale. Immaginiamo per esempio che la BCE annunci che al termine della crisi manterrà la lotta senza se e senza ma all’inflazione mentre i governi spiegheranno che non faranno, per ripagare il debito accumulato,  aumentare le tasse quando tornerà il bel tempo.

Se i mercati si fissano che i governi non molleranno nel loro atteggiamento, crescerà la convinzione che la BCE dovrà prima o poi inflazionare il crescente debito. L’aumento delle aspettative d’inflazione porterà Draghi a alzare i tassi subito, esacerbando la crisi e l’aumento del debito-PIL che a sua volta spingerà ad attendersi più inflazione, rafforzando la crisi ecc. fino a quando Draghi non avrà mollato, ma sarà sempre troppo tardi, la recessione sarà stata ancora più grave.

Analogamente, un governo che dichiara che non aumenterà le tasse per ripagare il debito creatosi nella recessione ma che i mercati si aspettano cederà alla fine le armi ai voleri della BCE che non si piegherà a fare inflazione per eliminare il debito (come chiede Taddei), beh, questo Governo non riuscirà a stimolare l’economia ad uscire dalla recessione perché gli operatori si aspettano che prima o poi questo aumenterà le tasse per ripagarlo, come chiede la BCE.

Comunque vada, se i Draghi della BCE ed i Renzi dei governi europei non trovano un accordo, dalla recessione non si esce.

Ecco perché l’incontro Renzi-Draghi di ieri è stato così importante: è necessario che si parlino. Ma non sufficiente perché se dal dialogo Draghi la spuntasse, finiremmo là dove siamo oggi: più debito, più recessione, più deflazione.

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Come uscirne dunque fuori senza ottenere la sconfitta di Draghi e la sua perdita di reputazione come falco che combatte l’inflazione?

I due ricercatori formulano una proposta concreta: Draghi inflazioni solo quella parte del debito-PIL che è stata causata dalla recessione e i Governi si astengano dall’aumentare tasse o diminuire spese per farlo rientrare al livello pre-recessione, cosa che aggraverebbe la recessione in corso. Quella recessione di cui i governi non hanno colpa alcuna.

Un tale annuncio di accordo istituzionale – una moratoria sul Fiscal Compact fino all’abbattimento del debito su PIL al livello pre-crisi via inflazione – porterebbe immediatamente verso l’alto le aspettative d’inflazione, abbassando il costo del denaro per le imprese, facendo ripartire investimenti e morire la recessione e con essa, ovviamente, la deflazione. Tutto ciò verrebbe fatto senza mettere in difficoltà l’indipendenza della BCE e la sua missione anti-inflazione che, appena raggiunta la vecchia soglia del debito-PIL pre-crisi, tornerebbe – con la piena comprensione dei mercati – a fare il suo mestiere, indipendente come non mai e senza aver perso un’oncia di reputazione.

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Renzi, hai convinto Draghi a inflazionare così tanto da far tornare il rapporto debito-PIL italiano al 103% del pre-crisi come chiede, non tanto silenziosamente, Filippo Taddei? Se lo hai fatto, siamo con ogni probabilità fuori dalla crisi.

8 comments

  1. Massimo GIANNINI

    15/08/2014 @ 10:06

    il problema é appunto come “ripagare il debito creatosi nella recessione” o appunto non ripagarlo…Il debito italiano continua a crescere per gli interessi e il circolo oramai eè vizioso. Che una parte di debito vada in qualche modo “congelata” (o non più considerata) é una dato di fatto.

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  2. Professore, continuo a non capirla. Mi spiega come fa ad inflazionare solo una parte del debito e non tutto il debito. Draghi che altro può fare oltre a tenere i tassi a zero? Draghi è nella linea unica dell’euro pensiero, altrimenti il giorno dopo non starebbe lì. Deflazione salariale, deflazione interna e nient’altro. Non perderò tempo a leggere oltre l’abstarct di due tipi che mi vengono a dire che si può inflazionare solo una parte del debito, poi se lei lo ha capito mi spiega come si fa?
    Nicobra

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    • Buonasera. Spero di capire a cosa si riferisce, ma magari mi citi lei la frase esatta. Comunque ci provo: non si può inflazionare tutto il debito nel senso (immagino) che parte del debito è indicizzato all’inflazione, indicizzato ai tassi che reagiscono in parte all’inflazione, indicizzato al cambio (titoli in valuta estera) che reagisce in parte all’inflazione.
      Beh direi che Draghi potrebbe immettere direttamente maggiore liquidità acquistando direttamente i titoli di Stato, per esempio. Una mossa di questo tipo annulla spread che ormai sono solo spread da default e non più da euro break-up, eliminando l’idea nei mercati che vi sia, appunto un default esplicito.
      Dalla ultima frase capisco forse che una parte del debito si riferisce all’inflazionare fino al 103% ? Beh, mi pare “semplice”: si inflaziona fino a ridurre il rapporto debito PIL al 103% e poi si riprende come se nulla fosse al 2% :-) . Lo so, sembra difficile, ma quello che conta è l’intuizione e mi pare intelligente come poche cose che ho letto di recente, mi ha aperto qualche nuova via di pensiero. L’importante è non pensare sempre la stessa cosa e difenderla ad oltranza, ma rimanere aperti agli altri ed a dibattere con loro rispettandoli, non trova?

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