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Poche storie, niente debito!

L’articolo di oggi sul Garantista del Consigliere di Stato Paolo De Ioanna, membro dei Viaggiatori in Movimento e uno degli ideatori dei 4 quesiti del referendum Stop Austerità, e membro del Comitato Promotore dello stesso referendum.

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Cari concittadini la  vostra sovranità  è limitata dalla enorme massa dei vostri debiti pubblici fatti in passato dalla vostra cattiva politica, e dal potere oggettivo, quasi naturale, dei cd mercati finanziari che limitano la vostra democrazia; quindi, grazie ai  benedetti  vincoli europei, tradotti nella nostra  Costituzione da bravi soldatini del rigore, preparatevi a fare altri  duri sacrifici: poi si aprirà il sole dell’avvenire della ripresa. Spagna, Grecia ed Irlanda sono la prova di tutto ciò; che importa la disoccupazione al 24%, questi paesi stavano assai peggio prima, al 25 – 26%; dunque  ci sono chiari segni che il rigore paga, basta saper attendere…. per qualche generazione.

Non si tratta di barzellette macabre, di macelleria sociale, ma del leitmotiv della grande stampa italiana, letta bene tra le righe dei commentatori che esprimono le vere linee editoriali; naturalmente ci sono distinguo e sfumature, ma al fondo la tenuta dei conti europei è sacra; anche se pensate di fare un grande piano di dismissioni per abbattere il debito (et similia), sia chiaro che i vincoli numerici  europei sono intoccabili.

Eppure eravamo entrati in Europa e poi nella area monetaria unica convinti di poter migliorare la convergenza di tutte le economie, in un quadro di valutazione realistica delle specializzazioni relative e della costruzione di un telaio istituzionale rispettoso delle regole democratiche; altrimenti che senso avrebbe avuto tutto questo. Ma, si osserva, voi italiani non avete fatto le riforme di struttura, come i bravi tedeschi; dunque che volete!

Eppure in questo approccio ci sono evidenti illogicità che ora anche i cittadini normali, non specializzati in economia dei mercati finanziari, capiscono bene. Che razza di regole sono quelle che mi impongono, con dure sanzioni, limiti fiscali pensati in una fase (1992) in cui l’Europa cresceva al 5%  nominale e al 3% reale, mentre prevedono deboli raccomandazioni (con carezze e buffetti) per i paesi che fanno surplus commerciali incoerenti con un’area monetaria comune? E che non prevedono investimenti comunitari e politiche di bilancio anticicliche, finanziate con risorse, anche a debito, dell’Unione? E difendono i ratios di equilibrio delle banche in modo da preservare le grosse intraprese  tedesche e centro europee? E legano le mani alla Banca centrale europea che è l’unica istituzione tecnica comunitaria in condizione di influire sull’andamento dell’economia; tant’è che doveva comunque far navigare l’inflazione sul filo del 2%. 

Sono regole dettate da un rapporto leonino di forza; ma l’Europa non si può costruire così. Ormai basta fare qualche confronto tra la crescita dell’eurozona e delle altre aree durante la crisi, per avere dati di realtà difficilmente oppugnabili. Molti lo avevano osservato da anni, ma ora anche alcuni non ciechi difensori del rigore  cominciano ad ammetterlo. Il punto vero e duro della discussione in corso è questo: ha un valore profondo aprire finalmente un grande cantiere di innovazione e rilancio della nostra economia, ma tutto ciò richiede coesione sociale, visione e partecipazione democratica;  se dobbiamo salvare l’integrazione futura europea, il cuore della discussione sta nella revisione delle regole numeriche stupide, del fiscal e del six Pact; fare le riforme per rispettare le regole numeriche è un non-sense economico e politico, che nessun cittadino di buon senso capirà.

“Basta con i muscoli dei parametri UE, servono meno tasse ed investimenti”, avverte in piena calura estiva un grande economista nord americano, il Premio Nobel Spence. Fare le riforme per aumentare produttività, merito e partecipazione democratica ha senso in se: ma perché siano efficaci occorre liberarsi della idiozia dei vincoli numerici decimali (che non filtrano nulla perché sono tecnicamente sbagliati e praticamente arbitrari) e discutere nel merito le cose da fare e farle insieme in tempi certi ma coerenti con la necessità di costruire e di imboccare le strade giuste.

“E’ la politica, bellezza”, che torna alla grande, in Europa ed in Italia; altrimenti continueremo ad osservare da testimoni impotenti il nostro lento declino; ed anche gli amici tedeschi e francesi  non possono sfuggire a questa temperie: da soli non vanno da nessuna parte. Oppure devono fare alleanze extra europee, dove però rischiano di contare  pochino. Ma per fare politica oltre la moneta unica ci vuole il nucleo di una struttura federale, che in Europa può essere solo democratica. Il referendum per l’Europa e contro l’austerità che abbiamo avviato e per il quale stiamo in queste settimane continuando a raccogliere le firme in tutta Italia (www.referendumstopausterita.it) serve a tenere aperta questa prospettiva che se gestita dagli ideologhi dell’austerità sempre e comunque porta inevitabilmente nella situazione attuale.

 

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