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Il Fiscal Compact in Italia funziona così: noi intanto sogniamo un altro viaggio

Sono cresciuto figlio di una generazione che dedicava il 4 per cento circa del suo reddito in media a costruire ponti: soldi di mio nonno e di mio padre che venivano dedicati a infrastrutture, opere che loro finanziavano senza poterle utilizzare, un regalo a me ed alle future generazioni, un regalo che ha rinsaldato il legame tra di esse.

Oggi gli ultimi tre Documenti di Economia e Finanza, scritti in Europa e scolpiti dal Fiscal Compact, portano al minimo storico questo dono intergenerazionale: all’1,6% nel 2018 con Letta, all’1,4% nel documento presentato da Padoan.

Poi ci sono gli stipendi pubblici. Al 2018 raggiungeranno il loro livello minimo, storico ed in Europa. Questo risultato sarà ottenuto con l’aggravante del “taglio lineare” del no al turnover che fa uscire persone anziane e non entrare persone giovani, rendendo la nostra Pubblica Amministrazione la più vecchia d’Europa. Qualcuno potrebbe dire, bene, sono stipendi per burocrati, vanno tagliati. Magari fosse così semplice. Sono stipendi per maestri, medici, poliziotti e carabinieri, giudici e professori, diplomatici e … Insomma per tutte quelle funzioni che in qualsiasi paese del mondo garantiscono, se ben organizzati, la produttività del settore privato e il benessere delle famiglie: non conosco nessun Paese al mondo dove i suoi imprenditori non siano dinamici ed intraprendenti senza avere alle spalle un settore pubblico scintillante.

Sappiamo tutti che il problema non è la quantità della spesa ma la sua qualità. Che il problema dell’università non è quanto si spende ma come si spende. In Italia gli stipendi degli universitari funzionano così: bassissimi all’ingresso, altissimi vicini al pensionamento. E con una probabilità minima di essere cacciati in caso di mancato impegno in aula o di ricerca. Là dove si crede nel valore della ricerca, gli stipendi all’ingresso per i giovani sono alti perché sono nella loro fase di maggiore creatività e capacità di innovazione (così alti che i nostri ricercatori non rientrano più), e quelli degli anzianotti come me non aumentano più di tanto. E state certi che se qualcuno non insegna bene o non fa ricerca bene il posto non lo tiene: ce ne sono così tanti che possono fare meglio di costui. Dobbiamo spendere a sufficienza, ma bene, non poco e male.

Mi direte che questi tagli di spesa sono funzionali ad una minore pressione fiscale? Falso. Basta leggersi il DEF per notare che questa al 2018 è pressoché identica a quella odierna. Meno spesa, stesse tasse, tanta domanda in meno nel sistema per le imprese.

E allora dove vanno a finire le risorse derivanti dal taglio di spesa? Semplice, nella riduzione del debito, e cioè nel non rinnovare titoli in scadenza. Quei soldi che restituiamo agli investitori saranno portati fuori dal Paese se l’investitore è estero. E se l’investitore è invece italiano? Perché non pensare che li spenderà per consumi? Perché i tempi bui, grigi e pessimisti fanno pensare altrimenti: verranno risparmiati, magari messi in un conto corrente bancario. Ma se verranno risparmiati non saranno dunque prestati dalle banche alle imprese, stimolando la domanda interna? In questi tempi bui, grigi e pessimisti la gente non domanda credito e se lo fa gli viene rifiutato da banche timorose di perderlo.

Ecco dunque che appare chiaro a tutti il senso del Viaggio fuori dal tempo, all’indietro, che stiamo percorrendo: fatto di declino e distruzione di posti di lavoro, specie per i giovani, e di sparizione di piccole imprese. La domanda non c’è, il PIL cala, le entrate tributarie calano, il deficit peggiora, il governo dell’Europa chiede più tasse per ritrovare l’equilibrio di bilancio, ma il PIL allora si contrae ulteriormente e … così via, fino a portare il debito pubblico sul PIL al livello più alto dal 1928, l’indicatore più evidente del palese fallimento della via dell’austerità che ogni Governo sinora si è mediocremente inchinato supino a perseguire.

Dovremmo aumentare gli investimenti pubblici e mantenere costante la spesa per stipendi, riprendendo il turnover ed immettendo in tutti i ranghi della Pubblica Amministrazione personale giovane, è ovvio. Chiedendo una pausa sulle manovre restrittive, una moratoria rispetto alla follia che è il Fiscal Compact. Il che richiede maggiore debito di quello odierno?  Maggiore spesa pubblica di quella odierna?

No.

Semplicemente una immensa riqualificazione della spesa pubblica, aggredendo la galassia degli sprechi veri, non quelli mediaticamente comodi: tutte le Expo della penisola, non le province; la struttura delle carriere universitarie, non il taglio ai giovani ricercatori sia di stipendi che di ingressi.

Dall’identificazione di tali sprechi si trovano le risorse per le spese in investimenti pubblici e stipendi di cui vi parlavo sopra: sono decine e decine di miliardi di euro. Senza un’oncia di debito in più. Anzi generando quella crescita che abbatte il rapporto debito su PIL davvero e non per finta. E non si dica che non si può spendere di più perché si spende male: chi sa trovare gli sprechi sa spendere bene.

Ma sappiamo trovare gli sprechi? Tutto dipende dalle risorse che mettiamo a disposizione di chi deve trovare tali sprechi e dall’empowerment, del potere decisionale e operativo, che si da ai capi responsabili di identificarli.

E qui i nodi vengono al pettine rapidamente. Carlo Cottarelli, capo della spending review, sta conducendo questa battaglia? Provate a chiedere quanti dipendenti ha a sua disposizione per l’incarico più importante che c’è in questo momento per la nostra battaglia: cinque. Chiedetegli anche se poi alla fine è andato a lavorare effettivamente alla Presidenza del Consiglio come si era detto o se è rimasto solo soletto al Ministero dell’Economia. Il Presidente dell’Anti Corruzione Cantone è fortunato: ne ha più del doppio, quasi venti, tutti giovani dottorati o segretari amministrativi. Il suo collega di Hong Kong ha 1200 dipendenti di cui 600 armati. Chiedete a Cantone come mai gli è stato chiesto di sorvegliare Expo quando lui deve sorvegliare l’Italia tutta: forse perché non c’è nessun altro da mandare?

Una sfida impari, diremmo: non pare che possano vincerla con gli strumenti messi a loro disposizione. Ma si vuole veramente vincere?

Una cosa è certa: vincerla si può. A quel punto comincia un nuovo viaggio, avanti, verso la ripresa civile e morale, ancora prima che economica che seguirà, del nostro Paese. Dove la libertà di intraprendere, crescere, inventare, affermarsi sarà finalmente garantita; sarà una battaglia liberale a protezione dei germogli – più vibranti e rappresentativi ma anche più fragili- della nostra società di cui il Paese ha immensamente bisogno e per la quale cerca da tempo, disperatamente, adeguata rappresentanza.

16 comments

  1. Bellissimo post! Conclusione, pero’, inconsistente con la le solide premesse. “Una cosa è certa: vincerla si può. A quel punto comincia un nuovo viaggio, avanti, verso la ripresa civile e morale, ancora prima che economica che seguirà, del nostro Paese”. Tutto il contrario: una cosa è certa, vincerla [per i prossimi lustri] NON si puo’. A quel punto comincia un nuovo viaggio (DOLOROSO e LACERANTE), INDIETRO, verso il COLLASSO civile e morale, ancora prima che economico che seguirà, del nostro Paese. La *realtà* non cambia improvvisamente, anche se si rimane determinatissimi ad ignorarla.

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  2. Il fiscal compact è una follia? Perché non lo va a dire al leader del suo partito? Sbaglio o è stata una sua creatura?
    Voi continuate pure a sognare, noi ci arrangeremo. Come abbiamo sempre fatto…

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    • In realtà sono stato il primo a dirglielo (a lui che mai è stato mio leader e mai lo sarà), e lei lo sa perché legge il mio blog, ma la bellezza della storia è che si dimentica facilmente.

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      • Vuol dire che lei che si oppone al fiscal compact e che vuole fare un referendum per abolirlo si è alleato con quello che lo ha imposto all’Italia? Non mi sembra che lei abbia le idee chiarissime, devo dire.
        Ma la bellezza della coerenza è che ci si può dimenticare di rispettarla.

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  3. Paolo Ciarlo

    24/05/2014 @ 22:44

    Anche se continuo a non capire il motivo della sua scelta di campo in un raggruppamento europeo che continua in ogni occasione a sbandierare la spesa pubblica come il pericolo maggiore nel cambiamento delle politiche europee, le faccio i miei migliori auguri e spero che venga eletto, fiducioso che anche in quel raggruppamento politico saprà far valere l’onestà, la competenza e soprattutto il sincero europeismo, che da sempre la contraddistinguono.

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    • Grazie, non è andata bene, ma è andata bene: tantissime persone che abbiamo incontrato ci hanno sostenuto, credendo in noi. Carica ricevuta enorme.

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  4. Davide Tesse

    25/05/2014 @ 09:53

    Complimenti per l’interessante discussione.
    Sono un neo – Ingegnere Meccanico, quindi non ho studiato economia o scienze politiche per quanto ne sia sempre stato interessato e ultimamente me ne documenti abbastanza.
    Quel poco che ho capito o imparato l’ho fatto informandomi in modo autodidatta.
    Nonostante le mie limitate competenze, condivido tutto quello che lei dice e lo trovo fondato perchè basato su ragionamenti che “filano”.
    Anche io penso, come lei dice, che la lotta agli sprechi è una battaglia che se solo si volesse, impiegando le risorse necessarie, si potrebbe vincere. E beneficiarne tutti.

    Purtroppo credo che la domanda che lei pone sia una domanda chiave: “Ma si vuole veramente vincere?”. E’ tutto lì.

    Perciò mi chiedo: “Cosa si potrebbe fare per convincere chi ha il potere di decidere la quantità di risorse da mettere a disposizione per la spending review – per fare un esempio, ma la domanda è estesa anche ad altri ambiti – a impegnarsi a risolvere seriamente il problema e non solo apparentemente? “

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    • Ottima domanda. L’unica risposta che in questi anni mi sono dato? Il voto politico. Lo so, non è necessariamente la migliore risposta, anche se io ci credo tantissimo. Lei che dice?

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  5. Mi viene da ridere per non piangere quando Renzi dice : “prima dobbiamo fare le riforme e poi possiamo chiedere” . Io non sogno questa Europa , sogno un Europa solidale dove c’è la condivisone di tutto , Fiscale , Culturale , Parlamentare , non un Europa con vincitori e sconfitti , non è un Europa comune , non è quello che ci hanno fatto credere ahimè , che tanti ingenui come me hanno creduto , che Europa è dove un Paese fa lacrime e sangue e noi tutti a guardare ? non ha senso , e i Paladini richiamano più Europa ? si ma quale ? Io sogno L’EUROPA che ha sempre sognato lei Prof , Coesa , solidale e con piani di sviluppo perchè si sa gli altri paesi ci vogliono e noi dobbiamo dare un segnale che ci siamo attivamente .

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    • Sì Fabio. Realisticamente, queste elezioni ci danno uno spiraglio importante per agire se la Germania si sveglia. E se noi facciamo la nostra parte, per noi stessi.

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  6. Speranza? Ormai tutto è finito ieri. Il macellaio con il grembiulino rosa ora potrà fare tutto quello che vuole: altro che ringiovanire la pa, l’obiettivo è di mandare a casa 250mila dipendenti pubblici, tra province, camere di commercio, aci, militari, partecipate ecc. Oggi il massacro greco può cominciare!

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  7. Bel post Professore. Quello che mi chiedo è se lei non ritenga comunque utile una sospensione del fiscal compact e se un aumento della spesa pubblica non possa comunque essere utile. Le chiedo questo perchè anche se aumentiamo la spesa pubblica il rischio non è quello di regalare ancora più soldi alla germania e quindi aggravare il divario? Voglio dire, anche se si fanno dei concorsi pubblici solo per imprese italiane (se si possono fare), poi queste non andrebbero a loro volta, a comprare più dalla germania che dall’italia rendendo inutile lo sforzo di far rigirare l’economia? Spero di essere stato chiaro. Mi aiuti a capire

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    • Beh sempre parte del reddito diventa import, non è uno spauracchio. Ma se salviamo imprese via domanda pubblica, salviamo export ma soprattutto salviamo posti di lavoro e possiamo tornare a crescere. A quel punto possiamo fare anche sana austerità. Il punto vero è che non c’è più tempo, la gente è stanca.

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