THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

We need a dream

L’articolo di oggi su Corriere Economia.

*

Come fare a non essere d’accordo con Gian Santonio Stella quando ci ricorda che la scuola è malata di incuria? E quanti articoli potremmo scrivere simili a quello in questione su altri settori pubblici che il 90% di noi saremmo d’accordo nel definite strategici per il Paese? E l’università? E la sanità? E la tutela dell’ambiente? Ed la valorizzazione del patrimonio culturale? E le infrastrutture logistiche? E il presidio del territorio contro mafie e corruzione?

A ben guardare, tutte aree che esigono una medesima risposta di quella suggerita per la scuola.

Primo, molti, molti di più ispettori e controlli sulla qualità dell’impegno delle risorse, quelle che già spendiamo, fisiche ed intellettuali. Secondo, con un utilizzo certosino di nuove banche dati informatizzate efficaci, che esistono sul mercato, che sanno indirizzare a campione tali controlli con rapidità, purché via sia anche un management autorevole che sappia effettuare tali verifiche senza timori di essere esautorato nel momento decisivo del rimedio e del cambiamento.

Terzo, premiare le risorse, ben di più di quanto non lo si faccia oggi. Prenda i (futuri) possibili giovani ricercatori universitari, che ormai non fanno nemmeno più domanda ai nostri pochi, rigidi e lenti concorsi universitari, di fronte alla scarsa remunerazione prospettata rispetto ad altre offerte di lavoro, qui a casa come fuori dal Paese. E preveda per loro il raddoppio dello stipendio attuale, sì il raddoppio, a fronte di una valutazione oggettiva (sono tanti i modi per farla e sì, si possono fare se solo lo si vuole) delle loro competenze dopo un settennato di prova.

Quarto, guerra a tutti gli abbandoni, sì quelli dei giovani a scuola ed all’università, ma compresi quelli riguardanti anche lo svilimento delle nostre Pompei, che rafforzano l’idea nel mondo, non sempre vera, che il bello nel nostro Paese è in mano alla criminalità, piccola e grande ed alla burocrazia, anch’essa piccola o grande che sia.

Quinto, tagli ai veri sprechi, quelli di acquisti sbagliati sia per prezzo, che per quantità che per qualità, così da trovare le risorse, che ci sono eccome.

Eppure siamo ancora qua. A dibattere dopo mesi su una redistribuzione di risorse tra inquilini e proprietari che non genera maggiore sviluppo ma solo maggiore incertezza e causa dunque il rinvio di piani di investimento per il futuro o, peggio ancora, la loro realizzazione al di fuori dei confini nazionali.

Eppure siamo ancora qua. Senza un commissario per una spending review seria, come da dieci anni a questa parte rischiamo di fare tagli a casaccio nel periodo in cui questi, lo sostiene il Fondo Monetario Internazionale, fanno più male: una recessione. Senza una banca dati che in tempo reale dice al leader del Paese chi compra cosa, quando, come – vero incomprensibile scandalo a cui nessun sembra voler rimediare -  siamo destinati a chiudere le porte della stalla quando i buoi sono già scappati, come è sempre avvenuto sinora.

Siamo ancora qua, e rinviamo assunzioni in settori strategici del Paese, come per le forze dell’ordine, aumentandone l’età media (vera differenza, altro che numero di dipendenti, con il resto d’Europa) che ne inficia la produttività (come pensa di far inseguire un ladruncolo in motorino ad un valoroso maresciallo di 60 anni?) e generando crescente disoccupazione giovanile che, paradosso dei paradossi, in parte va ad arricchire la manovalanza della criminalità organizzata.

Il Paese ha bisogno di sognare. “I need a dream”, sarebbero le parole che il Paese rivolge ad un leader che non c’è ma di cui è assetato. Difficile? No. C’è bisogno di un leader che non faccia una rivoluzione, ma che disegni una “evoluzione” verso un mondo che c’è, a portata di mano, realizzato da quasi tutti i paesi con cui amiamo paragonarci, con un settore pubblico che sia il puntello e la molla propulsiva per la competitività del nostro settore privato, fatto di centinaia di migliaia di piccole imprese, molte delle quali in attesa di materializzarsi al primo segnale vero di Rinascimento del Paese.

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*