Qualcuno mi ha rubato il paragone con la squadra di calcio, sono stati più veloci.
Così il Governo Letta è stato paragonato ad una squadra che può ambire all’Europa League e forse anche alla Champions, con un difesa rocciosa ma efficace nelle mani di Saccomanni.
Ecco, mi sono detto, è proprio qui che non siamo d’accordo.
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Se c’è qualcosa che rimpiango di questo Governo è che all’attacco, là dove c’era bisogno di finalizzare per portare a casa il risultato finale, la vittoria, hanno messo … un difensore, uno che non sa segnare.
Perché il MInistero dell’Economia è l’attacco, non la difesa della squadra, e la scelta di Saccomanni è la scelta di chi mette centravanti un Chiellini.
Il problema non è nella persona, è nel non capire cosa sia il Ministero dell’Economia, specie in questo momento così delicato per … l’economia del nostro Paese.
Vedere nel Ministero dell’Economia la difesa del Paese e non l’attacco, vuole dire di nuovo vedere la politica economica come un’operazione catenaccio a difesa degli attacchi dello spread, che marca a zona tutti i territori dove si può materializzare qualche buco di bilancio per coprirlo immediatamente con maggiori tasse e o minori spese per far felice la Commissione europea.
No, questa visione del Ministero dell’Economia, il catenaccio, non paga più. Il modulo Monti ha fallito, subendo tantissime reti, chiamate debito su PIL a livelli record, tre anni di recessione, disoccupazione a livelli record. Ha fallito perché invece di spingere con coraggio la Germania a comprendere i suoi errori le abbiamo dato possibilità di perseverare, diabolicamente.
Il Ministero dell’Economia del Governo Letta doveva essere la punta di diamante dell’attacco, dell’alleanza con i francesi per dire per sempre basta all’austerità, per far ascoltare ai mercati quello che vogliono sentirsi dire, che gli assicureremo la solvibilità del nostro debito con l’unica moneta sonante che apprezzano, la ripresa economica. Avremmo avuto bisogno di far sentire a tutti che la politica economica, di pertinenza del Ministero dell’Economia, è il luogo dove si combatte l’austerità, non dove la si giustifica.
Ma non si può chiedere ad un banchiere centrale di fare altro che giocare sulla difensiva: nato e istruito per proteggerci dall’inflazione, il banchiere centrale fa fatica a capire che ci sono momenti di crisi dove l’inflazione non è il pericolo mortale per la stabilità di un Paese, ma la crisi che attanaglia le famiglie sì, lo è. E che questa crisi non può aspettare le riforme dei sogni tra 10 anni, ma ha bisogno subito di quella medicina chiamata lavoro e produzione che rende degna e decorosa la vita delle persone, siano esse dipendenti o imprenditori. Sennò si muore, sennò si perde.
La realtà è che questo Governo Letta ha una ottima difesa con un pessimo attaccante: le scelte sui Ministeri del Lavoro e dell’Università e dell’Istruzione, dove più forte è il potenziale per arrestare l’emorragia dei giovani, sono state credo ottime. Ma la scelta di quei Ministri, se tutto va bene, aiuterà, speriamo, a guadagnare tempo per arrivare ai supplementari, a fermare il nemico, ma non a sconfiggerlo.
Perché per sconfiggerlo avremmo avuto bisogno di ben altro attaccante.
E’ un peccato per l’Europa tutta che l’Italia abbia rinunciato ad attaccare. E qui la similitudine col calcio finisce: perché non si è gli uni contro gli altri, non si è in Champions’ League. Se proprio vogliamo, si è ad un mondiale con una sola maglietta blu a stelle gialle. E vi assicuro che se l’Italia nega alla squadra europea il suo Super Mario, il suo Balotelli, un Ministro che sappia dire “no” alla Germania e “si” alla solidarietà, nessuno potrà rallegrarsene: le chance che perderemo la gara del mondiale saranno sempre maggiori.
P.S.: poi il calcio è misterioso. E a volte si vince anche in maniera inattesa. A volte l’avversario sbaglia, a volte giocatori che credevamo brocchi si rivelano grandissimi. Cercheremo di capire, dai primi segnali, se e quanto abbiamo avuto ragione a essere pessimisti. Intanto in bocca al lupo al Governo, se lo merita, sia perché è all’inizio, sia perché le novità di questo Governo non sono poche e meritano, solo per questo, rispetto.
28/04/2013 @ 09:07
Caro Gustavo, giustissimo il P.S.
Un mio nipotino (nei pulcini) è un ottimo difensore, capitano della squadra. Nei momenti difficili va anche avanti e segna.
Un salutone da Pietro
28/04/2013 @ 10:30
concordo pienamente. E soprattutto complimenti per il nipotino
28/04/2013 @ 09:16
Riassumo: dobbiamo FARE (goal, produrre cose e servizi UTILI a costi COMPETITIVI, rimettendo al lavoro un’immensa massa di persone e competenze inutilizzate, mandate in pensione, non ancora impiegate, non istruite con affiancamenti, mal allocate o messe a far buchi nell’acqua)!
Anche ‘risparmiare’ richiede sagacia, volontà, intelligenza, determinazione, ordine mentale, come sa chiunque abbia provato ad affrontar la ciclopica impresa di far un repulisti nel proprio archivio su computer per RISPARMIARE spazio e guadagnare in efficienza rispolverando, riscoprendo risorse, riusandole.
La mia formula la sai: se la più grande impresa nazionale è lo Stato, bisogna far un’immensa mole di lavoro per recuperare efficienza (= risparmio) e produttività (= produzione di ricchezza, infrastrutturale, ambientale, turistica, di promozione, di rilancio di attività ed aumento del valore del capitale Italia, di attrazione di iniziative straniere, di disincentivazione della fuga di persone qualificate, di attività produttive, di capitali).
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29/04/2013 @ 07:59
prof.come al solito chiaro , illuminante …..ed ottimista!
29/04/2013 @ 16:37
Ok sulla strategia: occorre uscire dalla difesa (anche se il riferimento a Holland e alla Francia mi chiedo quante ragioni di speranza possa offrirci…). Il problema principale è la fiducia e la fiducia deriva dalle aspettative. L’economia riparte, innazitutto, se riparte al fiducia degli imprenditori, ma soprattutto dei consumatori (quelli che possono consumare ci sono ancora: la ricchezza è stata drasticamente redistribuita, in parte è stata distrutta con l’inefficienza della spesa pubblica e con i bizantinismi burocratici, ma ce ne è ancora). Quindi ridare fiducia ai mercati del consumo e ai mercati degli investimenti. E’ evidente ormai a chiunque che ulteriori pressioni fiscali deprimono la base imponibile (deprimendo consumi, produzione e, quindi, PIL): è il gatto che si morde la coda. Ciò non ci esime però, anzi la rende più urgente, dalla necessità di una drastica azione di ridimensionamento della spesa pubblica improduttiva (dalle procedure, agli sprechi, alle complicazioni noramtive e applicative). A questo proposito ho una proposta: LEGARE IL LIVELLO RETTRIBUTIVO DEI DIPENDENTI PUBBLICI ALL’ANDAMENTO DEL PIL. Sul piano del giudizio su questo Governo: sul piano politico potrebbe facilmente essere letto come una evidente “sospensione” del gioco democratico (e un probabile suicidio del PD), ma questo sarebbe sopportabile se si riuscisse a far ripartire il Paese (almeno come segnali percepibili), altrimenti penso che il rischio non sia il Movimento 5 Stelle, ma la vandea. Un’ultima cosa: occorrono anche segnali leggibili e riconoscibili sul piano della equità e della attenzione alle grandi e diffuse difficoltà di una parte sempre più ampia della popolazione: c’è una “casta” protetta che non ha ancora capito che i segnali sono necessari: il taglio del finanziamento dei Partiti, per esempio, non può essere eluso con ragionamenti salottieri, ma deve trovare una risposta concreta e immediata.