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Lo strabismo latente europeo

La condizione di deviazione di uno o di entrambi gli occhi che rende evidente il fatto che non lavorano armoniosamente insieme si chiama strabismo: in questo caso si dice manifesto, per distinguerlo dallo strabismo latente che non è sempre evidente ed emerge talvolta in situazioni di stress.

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Carlo Clericetti ha già spiegato con chiarissime parole l’asimmetria esistente in questa crisi europea. Lo strabismo latente europeo.

Uno strabismo masochista, reso chiarissimo a seguito dalla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo ed all’eurogruppo, dove si legge clamorosamente che: “in uno studio completo pubblicato nel dicembre 2012, la Commissione europea ha esaminato anche le ragioni degli ampi e persistenti avanzi di partite correnti. Mentre avanzi di partite correnti dovrebbero costituire segni di sana competitività, possono anche riflettere fallimenti di mercato o scarsità di domanda interna ed opportunità di investimento. Gli squilibri macroeconomici osservati nell’Unione europea hanno generato una cattiva allocazione della risorse nei paesi in surplus con implicazioni negative per la crescita.”

Chiaro riferimento alla Germania.

Eppure nel dicembre 2012 dalla stessa Commissione europea avevamo letto ed appreso che: “Nel precedente round di valutazione della Procedura di squilibri macroeconomici, la Germania non fu identificata come soggetta a squilibri. Queste sue perdite (di quote di export) appaiono complessivamente moderate e sono consistenti con una attuale riduzione del surplus delle partite correnti … Guadando avanti, le ultime previsioni indicano che questi surplus declineranno a ritmo moderato nel 2012-2014 … Complessivamente la Commissione a questo stadio non condurrà analisi ulteriori nel contesto della Procedura.”

Analisi che invece sono state condotte per 13 paesi. Ma non per la Germania. Così, mentre da un lato la Commissione spiega come la crescita in Europa manca perché la Germania non espande la domanda interna, al tempo stesso non ritiene utile forzare la mano ulteriormente sullo sforzo tedesco e chiede che a tutte le differenze di performance bilancia commerciale in Europa sia portato rimedio dai Paesi in deficit, con l’austerità. E non dai paesi in surplus con la crescita.

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Ora immagina.

Immagina che la Germania effettivamente oggi adottasse una manovra fiscale espansiva dell’1% di PIL (25 miliardi di euro di meno tasse o più appalti). Cosa accadrebbe ai suoi squilibri di surplus attuale? Se diamo retta ai moltiplicatori dettati da studi del Fondo Monetario Internazionale, questi spingono fino allo 0,5% di PIL (12 miliardi) il peggioramento dei surplus grazie alle maggiori importazioni (tedesche) che ne deriverebbero.

Ora 12 miliardi di minore asimmetria in Europa si potrebbero ottenere anche in altro modo. Chiedendo ad esempio che siano raggiunti con l’austerità da Cipro, Grecia, Portogallo e Spagna (i 4 Paesi con maggiori squilibri in termini di PIL).

Peccato che siano anche Paesi ben più piccoli della Germania: per arrivare a 12 miliardi complessivi di miglioramento dei loro deficit di parte corrente bisognerebbe quasi raddoppiare la potenza della politica fiscale rispetto a quella tedesca: 2% di PIL di austerità fiscale in più in ognuno di essi.

E se l’Italia si unisse a questo club? Ecco se anche l’Italia, come Cipro, Grecia, Portogallo e Spagna facesse austerità dell’1% di PIL del loro Paese otterremmo la stessa riduzione degli squilibri commerciali nell’area dell’euro che ne deriverebbe da un’espansione fiscale tedesca dell’1% di PIL tedesco.

Ooops. Con una piccola differenza. Che nel secondo caso avremmo che Germania, Italia, Cipro, Grecia, Portogallo, Spagna ed Italia crescerebbero e vedrebbero sparire disoccupazione e disperazione. Per una volta sarebbero uniti, coesi, europei e non strabici e in ultima analisi perdenti. Noccioline.

7 comments

  1. Lorenzo Donati

    14/04/2013 @ 08:32

  2. Non si può costringere la Germania a fare una politica fiscale espansiva. Il popolo tedesco è antropologicamente contrario a fare più spesa, più debito e più inflazione.
    Loro fanno i loro interessi e noi dobbiamo fare i nostri.
    Dobbiamo riprenderci la nostra sovranità di bilancio magari anche uscendo dall’euro (che è stata una costruzione nata per motivi politici e non economici, sbagliata fin dall’inizio in quanto la cosiddetta eurozona non è e non potrà mai essere un’area valutaria ottimale).
    Gli Stati degli Stati Uniti dispongono tutti della sovranità di bilancio e se sono in difficoltà nessuno li aiuta. Né il governo federale, né la Federal Reserve. Semplicemente li si lascia fallire se non ce la fanno.
    Perché l’Europa dovrebbe comportarsi diversamente.

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    • In un certo senso il suo commento è tra i più interessanti perché io e lei siamo agli antipodi. Vorrei spiegarle perché.
      Non si può costringere l’Italia a fare una politica restrittiva. Loro fanno i loro interessi e noi i nostri: è proprio per questo che abbiamo creato l’Europa, per cancellare un linguaggio che inevitabilmente riporterà tensioni anche guerrafondaie, facile dimenticarsene. Tra il costringere ed il fare gli interessi propri, entrambi errati: c’è il cambiare vicendevolmente.
      Costruzione nata per motivi politici e non economici: e meno male.
      Gli Stati degli Stati Uniti se sono in difficoltà nessuno li aiuta: mi dispiace ma non conosce gli Stati Uniti. Dal Wall Street Journal: “Lo scorso anno l’Economist ha calcolato i dati dal 1990 al 2009 per tutti i 50 stati Usa sulla quantità di spesa federale in ogni stato meno l’ammontare che i residenti di quello stato pagano in tasse al Governo federale. Su 20 anni, stati come il Minnesota ed il Delaware hanno pagato annualmente più del 10% del loro PIL di quanto non ne abbiano ricevuto in cambio. Dall’altra parte, per gli ultimi 20 anni, stati come il New Mexico, Mississippi e la West Virginia hanno ricevuto sussidi annuali di più del 12% del loro PIL. Benché non sia una misura perfetta di un sussidio, porta bene a casa il punto. E’ tanto. L’intero deficit greco per il 2011 è stato pari al 9.1% del PIL.”
      http://online.wsj.com/article_email/SB10001424052702304707604577428211717125298-lMyQjAxMTAyMDMwMDEzNDAyWj.html?mod=wsj_share_email_bot

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      • Marco Calabrò

        15/04/2013 @ 06:51

        Vero: Minnesota Delaware pagano per gli squilibri di stati come il New Mexico, Mississippi e la West Virginia… Ma il problema è che la Baviera ha problemi anche a finanziare gli squilibri con i Lander dell’ex DDR, figuriamoci se hanno minimamente intenzione di finanziare la Grecia, o la Calabria o l’Italia intera. Ed in ogni caso perchè noi Italiani dovremmo vedere con favore una prospettiva che rischia di farci diventare la Calabria d’Europa? Insomma, anche se si dovesse arrivare ad una unificazione politica (ma per arrivarci bisogna che siano tutti a volerlo…), il rischio per i paesi perifrici è la mezzogiornificazione.

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        • Bravissimo Marco, era proprio quello che tentavo di spiegare nel mio post precedente e che la signora Thatcher aveva capito per tempo.
          Non è una questione di egoismo. E’ solo che l’eurozona non è e non sarà mai un’area valutaria ottimale. L’unica soluzione è il ritorno alla lira.

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  3. Non si può costringere la Germania ad una politica espansiva, ma nemmeno, si dovrebbe costringere gli altri paesi ad adottare politiche di Austerity.
    Gentilissimo Prof. quello che non riesco a capire è perché la Germania non voglia assolutamente implementare una politica espansiva. Considerando che loro hanno una inflazione al 2.3 % e che il tasso di disoccupazione al 6% è dovuto ad un utilizzo dei contratti minijob, Quindi potrebbero permetterselo più di altri. Le plausibili risposte che mi sono dato da ignorante (anche se laureato in Economia) sono: che non vogliono perdere il vantaggio competitivo all’interno dell’Eurozona (differenziali di inflazione). Oppure, in una visione più complottista che vogliono far pagare agli altri le loro politiche bancarie sbagliate. Ma in entrambi i casi portano una decrescita anche alla loro economia. Come vede non riesco a dare una risposta al perché della loro scelta, e chiedo gentilmente il suo parere.

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    • Ci sono motivi elettorali per cui il dibattito è proibito ora in Germania, ma anche questa è una non risposta: rimanda alle preferenze dei tedeschi, che certamente oggi sono come diceva Luca “contrari dentro”. Ma attenzione non antropologicamente all’espansione di per sé, cosa che hanno fatto spesso quando serviva loro, in condizioni difficili di ciclo. Io credo semplicemente che non sentano il problema perché non lo vivono. Spetta al loro leader sentirlo. E per che il leader lo senta, glielo dobbiamo dire noi.

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