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La troika italiana che visita Bruxelles e impone l’anti austerità

Sono in Francia. Ascolto la televisione. Tutti a parlare della crescita che non c’è più. Della disoccupazione troppo troppo alta.

Mentre il Nobel Amartya Sen in streaming dall’America afferma che “le riforme non hanno niente a che vedere con l’austerità, che le riforme sono più facili senza austerità, che la Grecia (e l’Italai) abbisognano di riforme ma non di austerità”, leggo sul Wall Street Journal che il Portogallo dice basta all’austerità con un taglio della tassazione sulle imprese e il finanziamento sussidiato alle PMI (non a caso il portoghese Barroso il giorno prima aveva preparato il terreno dicendo che l’austerità non aveva più il consenso della gente per funzionare) e che in Germania l’economia si inviluppa anch’essa, ed addirittura il tetro Olli Rehn ‘afferma che “è possibile effettuare un rallentamento dell’austerità grazie agli sforzi fatti dagli stati in difficoltà, dalla BCE e di politiche di bilancio credibili” (vien da ridere).

Insomma come abbiamo sempre detto su questo blog, insistendo insistendo anche i ciechi si sarebbero arresi. Si stanno arrendendo.  Stanno mollando. Il muro di gomma si è usurato, le crepe appaiono chiaramente.

Per buttare giù il muro, ovviamente, l’ultima picconata dovrà avvenire dopo le elezioni tedesche, (una follia? va seguita la proposta di Giorgio Basevi sul concentrare le elezioni di tutti i paesi euro in un determinato anno), c’è poco da fare.

Ma questo non vuol dire che si debba nel frattempo rimanere fermi.

Questi mesi che ci separano dalle elezioni tedesche devono essere usati per farci trovare pronti per dare il colpo di grazia all’austerità la mattina dopo che le elezioni tedesche hanno avuto luogo.

Va dunque costruita l’alleanza politica nell’area euro contro l’austerità: Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna. E’ ovvio che l’Italia deve condurre le danze assieme alla ancora timida Francia.

Tutti i cannoni del prossimo governo vanno dunque diretti verso questo obiettivo. Tutto il lavoro italiano in Europa dovrà tessere la vittoria della diplomazia dell’alleanza della lotta all’austerità. Presidente del Consiglio, Ministro dell’Economia e Ministro degli Affari Esteri saranno la troika decisiva.

Ci vuole una persona a Via XX Settembre che non abbia una storia passata alla Banca d’Italia, troppo irreggimentata a favore della stupida austerità, e che sappia riconoscere il valore delle politiche che rilancino la domanda interna.

Ci vuole una persona alla Farnesina che sia convinta personalmente della posizione anti austerità, credibile e appassionata al riguardo. Qualsiasi altra scelta sarebbe drammaticamente perdente per la capacità italiana di riprendersi un ruolo centrale in Europa, salvandola.

8 comments

  1. Le priorità elencate dal premier incaricato Enrico Letta.
    «L’Europa sarà una delle ossessioni, se diventerò presidente del Consiglio, di tutta la mia azione»
    «Superare l’emergenza economica e aggredire la crisi sociale, portare avanti una riforma della politica in tempi certi per superare il crollo di credibilità, contribuire a costruire una nuova Europa. Un’Europa politicamente più unita e orientata alla crescita. C’è un clima che può consentirlo, se il governo dell’Italia diventa capofila di questa scelta di cambiamento. C’è bisogno di un’Europa diversa rispetto a quanto visto in questi anni, sul tema della crescita e dello sviluppo, di un welfare in grado di reggere le differenze e i cambiamenti demografici, di un’Europa che venga percepita non come un ostacolo ma come opportunità». E ancora: «Assolutamente fondamentale, ed è questa la bandiera italiana che voglio alzare nella commissione europea, sarà il growth compact. Regola aurea che scomputi dalle regole per l’austerità le spese per investimenti in sviluppo e capitale umano».

    Le persone giuste ci sono.
    Mi pare finalmente un discorso veramente politico, quello di Letta, purtroppo in clamoroso ritardo rispetto alle gravi emergenze. Penso solo da quanti mesi in tempo reale, su questo Blog il Professor Piga parli di nuova Europa, di come trattare il rinnovamento, cosa fare e non fare per affrontare la crisi economica. Le persone giuste ci sono.Eccome. Speriamo abbiano la forza di tirare fuori la testa da questa orrenda amalgama che opprime il Paese. Non sará cosa semplice segnare una traccia della riforma di una mentalitá moderna. All’interno dei partiti poi….! L’impresa è ardua..! Ma non impossibile. !?

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  2. Egregio Prof., a Bruxelles e Francoforte sanno bene che l’austerità non va bene. Dissangua a poco a poco, via tasse e taglio spese, i paesi deboli a vantaggio di quelli forti. Quest’ultimi avrebbero un unico modo per salvare l’Unione: reflazionare. Non lo vogliono fare. Perchè? Perchè ne andrebbe di mezzo la forte disciplina e moderazione salariale messa in atto in patria, scardinando la vera fonte di profitti assieme alla detassazione alle imprese varata nei primi anni duemila. Come disse Kalecki, il capitalista rifugge la piena occupazione perchè non gli permette il controllo politico e dei salariati … Merkel & Co. sanno bene che l’Unione così non potrà andare avanti senza una crisi di rigetto dei popoli vessati, e faranno il minimo indispensabile per mantenerla in vita.
    La loro avversione alla spesa pubblica, a mio avviso, è da guardare dal lato dell’import. E’ il vincolo della bilancia dei pagamenti che essi, implicitamente, avversano. Sanno che la spesa pubblica, rimettendo in moto l’economia ed i redditi da un lato, metterebbe nuovamente in seria crisi finanziaria i PIIGS dall’altro (le importazioni sono in funzione del reddito disponibile), scatenando la crisi finale dell’UEM. Ed invece essi hanno bisogno di tempo…la loro avversione alla spesa pubblica “buona” a mio avviso sta tutta qui… La scelta di avversare la “domanda interna” va “razionalmente” in questo senso, che io giudico alquanto sadico. Ma è l’unico modo che hanno per rimandare il collasso. Un cordiale saluto.

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    • Ma se il popolo tedesco, che a fine settembre confermerà la Merkel come cancelliera, non vuole più spesa, più debito e più inflazione perché lo dobbiamo costringere.
      Né si può costringere gli Stati del Sud Europa a rispettare i vincoli imposti dal fiscal compact. Vincoli che già si sa che non verranno mai rispettati (neanche una cura thatcheriana riuscirebbe a portare il rapporto debito/pil italiano al 60% entro 20 anni).
      L’Euro è la dimostrazione pratica del fallimento di quello che la teoria economica chiama aree monetarie non ottimali. E’ un progetto che ha favorito essenzialmente i tedeschi che hanno goduto di un surplus nella bilancia dei pagamenti grazie ad un tasso di cambio a loro favorevole. E penalizzato quindi oltre i loro limiti i Paesi dell’area del Mediterraneo (deficit cronici della bilancia commerciale).
      Per questo credo che l’unica soluzione sia quella di uscire dall’euro e tornare alla lira o in alternativa costituire un’Europa a due velocità con un euro-nord (moneta forte) e un euro sud (moneta debole). Tertium non datur.

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