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Il nostro Bob Lucas? Sta a Bologna, ma non è un neo-classico

Nel 1964 Robert Lucas otteneva il Dottorato (Ph. D.) in Economia alla durissima e prestigiosissima University of Chicago. 31 anni dopo vinceva il Premio Nobel per l’economia. Grandissimo (sono 3 superlativi ma ci vogliono) economista, ha avuto il merito indiretto, con le sue asciutte e profonde analisi neoclassiche di mettere KO (anni settanta) una scuola keynesiana ormai imborghesita e addormentata sugli allori delle politiche del dopoguerra.

Ma anche il merito involontario di stimolare la sua rinascita, con una nuova generazione di economisti (neo-keynesiani anni ottanta) che fece tesoro delle critiche che Lucas aveva apportato ad un modo incompleto di capire il ruolo e l’efficacia della politica economica.

Così rinacque un ruolo più credibile e meglio strutturato per la politica economica: dallo scontro appassionato di grandi intellettuali che stavano sulle sponde diverse del fiume della scienza economica. Ma che sapevano trarre il meglio dagli stimoli dell’avversario.

*

Nel 1964 ci fu un altro economista che prese il Ph. D. in Economia a Chicago. E’ italiano. Pochissimi italiani in quegli anni prendevano la coraggiosa decisione di salire su un aereo TWA o Pan Am, lasciandosi dietro famiglia ed affetti per fare qualcosa che oggi tantissimi nostri valenti giovani fanno come se fosse (quasi) normale.

Ancora meno sono i giovani che studiarono e studiano negli Usa e che ancor prima di dottorarsi pubblicano sul prestigiosissimo (e 4!) Journal of Political Economy. E che nel giro dei 7 anni successivi infilano come fosse una cosa facile facile 4 altre pubblicazioni su riviste al top mondiale, tra cui la grandissima (e 5!) American Economic Review (se oggi è difficile farlo, allora era praticamente impossibile).

Tranne uno.

Sarebbe potuto restare, negli Usa, e ottenere grandissimi (e 6!) successi. Ma lui tornò nel 1968. Ad insegnare, a Bologna, divenuta la sua città adottiva, per lui seconda solo alla sua Genova.

E dedicò una vita ai giovani. A aiutarne tanti, spingendone molti verso la decisione difficile di continuare a studiare dopo la laurea. E ne aiutò ancora di più a capire la società ed il mondo con splendide lezioni.

Non un neo-classico, assolutamente. Ma a Chicago aveva imparato ad affinare quelle doti innate fondamentali per ogni economista che sa fare buona ricerca: la precisione e il rigore, accoppiate con il buon senso e l’intuito del pensiero e con la semplicità e l’eleganza delle dimostrazioni.

*

Pochi mesi fa ero a Ravenna con mia figlia Chiara. Un imprenditore, Gabriele M., mi ha fermato per strada e ci ha scortato come un Cicerone per la sua bellissima città. E così ho scoperto che aveva studiato a Bologna.

“Ricordo un solo Professore, eccezionale, lo conosce per caso, Prof. Piga? Si chiamava, Giorgio Basevi.”

“Come no, Sig. Gabriele, lo conosco benissimo. E’ da poco andato in pensione.”

“Beh, glielo dica, era proprio eccezionale.”

Glielo dirò Sig. Gabriele. Anzi glielo dico adesso. Sul blog. Perché l’Italia ha questa pessima abitudine di non dare spazio sufficiente ai suoi grandi scienziati, quelli che non scrivono blog o sulle prime pagine dei giornali, ma molto più modestamente e spesso in grande silenzio fanno cose molto più semplici: scoprono e insegnano, bene, anzi benissimo.

E bisogna dirgli grazie, a queste persone eccezionali a cui l’Italia dovrebbe fare piccoli monumenti in qualche angolo dei suoi bellissimi Atenei. Per essere tornati, per non avere mollato, per avere costruito, per avere insegnato anche con l’esempio.

*

Giorgio Basevi sarà pure in pensione ma continua a scrivere. Anche lui ci tiene all’Europa, e sarebbe interessante chiedergli perché.

E ha scritto di recente su Vox Eu il suo solito pezzo, misurato e profondo. Di quelli che ci metti un po’ a fartici catturare ma poi sai che è roba seria. Roba che va meditata. Roba non strillata. Eppure.

Vi traduco il sunto: “il rallentamento della ripresa europea è dovuto al procrastinarsi della politica? I cicli elettorali stanno prevenendo il ritorno della crescita? In quest’articolo affermo che se sincronizzassimo i cicli delle elezioni nazionali dei paesi europei (attorno a quelle europee) l’Europa potrà abbandonare il suo approccio timido e ansioso (alla politica economica). Creare un sistema di voto europeo sincronizzato, in un dato periodo, eliminerebbe cicli elettorali nazionali che si susseguono. Una finestra di voto comune ridurrebbe l’incertezza politica e assicurerebbe risposte di politica economica più rapide per generare una più rapida e facile ripresa.”

E fa vedere come l’altra unione monetaria non ottimale a cui paragono sempre la nostra situazione, gli Stati Uniti, hanno rapidamente imparato a fare proprio in questa direzione: Presidenziali assieme a elezioni di deputati e parte dei senatori e 1/5 di elezioni statali (2012), quasi nulla nel 2013, elezioni di deputati e altri senatori e 3/5 di elezioni statali (2014), quasi nulla nel 2015, Presidenziali assieme a elezioni di deputati e parte dei senatori e 1/5 di elezioni statali (2016).

Insomma, ben minori tensioni e distrazioni periodiche.

Basevi indica anche come riuscire in breve tempo ad armonizzare il caldendario delle elezioni nazionali in Europa, così da lasciare poi leader eletti liberi di concentrarsi sul lavoro da svolgere.

That simple, that elegant, that relevant.

9 comments

  1. Bah, fermo restando il rispetto per il lavoro scientifico, al momento i cittadini europei hanno ben altri problemi che lasciarsi “sincronizzare” elettoralmente. Se poi occorre per forza piegarsi alla finanza, si fa prima ad abolirle del tutto le elezioni e pace per la Democrazia.

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  2. poggiopoggiolini

    06/03/2013 @ 05:11

    GOVERNO & AMMINISTRAZIONI CONTROLLATE

    Potrebbe essere importante, a volte, (ri)tornare a scuola, non solo per i doverosi e rigorosi “compiti a casa”, per (ri)prendere alcuni principi generali che regolano il governo degli Stati democratici, quelli scritti nelle Costituzioni nazionali e quelli scritti nei trattati UE, Roma (1957), Maastrich (1992), Lisbona (2009).
    A volte è “caso & necessità” ricordare come vengono amministrati i rapporti tra i cittadini UE e ripassare le procedure che conducono alle decisioni, alle deliberazioni, ai regolamentio UE che, di fattto oggi, impongono e assogettano assoggettando il 75% delle leggi nazionali dei 27 stati UE.
    Potrebbe essere interessante la comparazione dei 27 metodi di costituzionali di governo e la analisi tecnica della loro efficacia e efficienza in termini di gestione e controllo, come è importante, per l’uscita dal “tunnel” e dalla “caverna di Platone”, (ri)passare schematicamente i principi di governo UE
    http://europa.eu/about-eu/institutions-bodies/index_it.htm
    .
    i. COMMISSIONE UE
    Organo costituito da 27 commissari delegati dalle 27 nazioni, uno per nazione, non eletti direttamente, ma scelti, porposti e designati dai governi nazionali che, in piena autonomia individuale e con diretto potere esecutivo, predispone, attraverso il lavoro quotidiano dei funzionari strutturati nei servizi organizzati dalla DG della Commisione, gli atti legislativi da sottoporre al Parlamento e al Consiglio UE, gestisce il bilancio UE, vigilana, con la Corte di Giustizia, sulla applicazione del diritto UE, rappresenta la UE a livello internazionale (rif artt. 157, 202, 221 TCE, Roma 1957, art 17 TUE, Maastricht 1992 e ss.mm.ii.).
    Sarebbe interessante l’approfondimento cronacistico delle varie Commisioni con particolare evidenza quelle di J Delors (1985-1995) e la successiva di J Santer (1995-1999), quella con M Monti e E Bonino, costretta alle dimissioni collettive anticipate, per non essere sfiduciata dal Parlamento UE a causa di “scandali” di corruzione, nepotismo, favoreggiamento, erogazioni non controllate acclarati da perizia tecnica UE, come le più recenti “dimissioni” di J Dalli, commissario UE per i diritti dei consumatori e tutela della salute (ottobre 2012 http://wwww.ansa.it/europa/notizie/rubriche/giustizia/2012/10/16/-ANSA-UE-SCANDALO-BRUXELLEDIMETTE-COMMISSARIO-DALLI_7642682.htmlcome) senza dimenticare quella di Barroso (2004 – attuale) che ha gestito il fallimento della Costituzione UE e la sua “riconversione” nel Trattato di Lisbona (2009).
    ii. PARLAMENTO UE
    Assemblea dei 754 eletti direttamente dai 500 milioni di cittadini UE con la funzione prevalente di controllo sull’attività della Commissione UE, esame e voto delle proposte legislative della Commissione e approvazione del bilancio UE insieme al Consiglio UE, istituzione commissioni di inchesta, nomina del mediatore UE, il nostro difensore civico.
    iii. CONSIGLIO UE
    Organo di 27 rappresentanti ministeriali delle nazioni UE, a rotazione nelle 10 “formazioni” in funzione dell’ OdG trattato, con un Presidente a rotazione ogni 6 mesi con potere vincolante per la nazione UE.
    Funzione prevalente quella legislativa e di bilancio con il Parlamento UE, quella di coordinamento delle politiche economiche, estere e sicurezza UE, quella di rappresentanza in accordi internazionali
    avo
    iv. REGISTRO DEI LOBBISTI
    registrate e regolamentate a Bruxelles nel Registro della Trasparenza” che partecipano in qualità di esperti nella stesura della proposta legislativa.
    Ps: il presidente Barroso, Commissione UE, ha avuto nel 2012 il 65% di incontri “non registrati” nel Registro delle Trasparenze.
    http://ec.europa.eu/transparencyregister/public/consultation/statistics.do?locale=it&action=prepareView
    http://www.youtube.com/watch?v=6UiKeI-TYNo
    Sgomenti sugli spalti dell’arena UE gli Altiero Spinelli, gli Ernesto Rossi, i Robert Schuman, i Jean Monnet, gli Alcide De Gasperi, i Konrad Adenauer guardano ancora attoniti chiedendosi se la “loro” Europa fosse questa e, in ultima “analisi” economica, sinonimo di euro.
    That’s all, folks!

    Reply
    • Sgomenti sugli spalti dell’arena UE gli Altiero Spinelli, gli Ernesto Rossi, i Robert Schuman, i Jean Monnet, gli Alcide De Gasperi, i Konrad Adenauer guardano ancora attoniti chiedendosi se la “loro” Europa fosse questa e, in ultima “analisi” economica, sinonimo di euro.
      Bello, grazie.

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  3. L’Italia, prima di “sposarsi” definitivamente con l’Euro (e/o L’Europa) deve ritrovare se stessa e farsi una seria autocritica (sulla sua storia passata e presente). E quindi deve tornare per primo ad essere indipendente dal punto di vista della moneta come da quello politico. Quando l’Italia si sarà costruito una sua “personalità” potrà incominciare a tornare a fare parte di una qualsiasi unione politica.
    In altre parole, l’Italia deve trovare un suo modello senza per forza voler imitare ad ogni costo i cosiddetti “paesi virtuosi” del nord …

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  4. Senza nulla togliere a questo grandissimo professor Basevi, francamente questa proposta mi pare una tavanata pazzesca.
    Non sappiamo neanche quanto durerà il prossimo governo (se mai ci sarà) mi può dire come potremo pensare di sincronizzare le elezioni di decine di nazioni così diverse le une dalle altre?
    Per dirla come il Vate: “Non siamo mica gli Americani, che loro possono sparare agli indiani (fuoco agli indiani!)”.

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  5. Di Basevi ho sentito soltanto parlare, confesso di non conoscerlo granchè. Però da quel poco che ho letto qui, l’impressione è che sia l’ennesimo esempio di economista poco avvezzo alla politica. Il “costituzionalismo economico” alla Hayek (che sembra piaccia anche a Basevi) è ormai defunto, insieme al liberismo e al mito della globalizzazione, che hanno trascinato nella tomba anche l’Europa, perlomeno nelle modalità nelle quali si stava strutturando. Per cui, come dice Jacques Sapir, è ora di abbandonare, almeno per un po’, la “norma” e tornare alle “decisioni”, proprie della politica e di nessun altro.

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