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Derivati come diamanti

Sia la Cassazione che il Tribunale di Milano si sono espressi in modo adamantino sull’argomento” dei derivati dei governi. Fabrizio Saccomanni, Audizione alle Camere del 3 luglio 2013.

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Adamantino è un termine usato per indicare le qualità tipiche del diamante in particolare la durezza e la purezza ma spesso trasportate anche sulle qualità morali di una persona come la fermezza, l’integrità o la irreprensibilità“. Wikipedia.

Aver scudo e corazza adamantina. Bisogna ben, che le percosse schivi” (Ariosto).

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E lei Ministro Saccomanni? Come si è espresso oggi? In maniera adamantina per integrità o per schivare le percosse? In attacco o in difesa?

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“Non vorrei apparire elusivo sul tema dei derivati”.

Lo è stato Ministro Saccomanni.

Ed ha perso una grande occasione per mettere al riparo l’Italia da ulteriori crisi di fiducia. Si è preso una grande responsabilità e non dubitiamo che ne sia conscio.

Perché ben altro lei voleva dire oggi nella sua relazione sui derivati. Ma ha finito per non parlarne. Come mai ha cambiato idea all’ultimo momento?

Ne ha parlato alla fine del question time, dopo il suo discorso, sollecitato dai parlamentari. Quindi, sulla difensiva. Addirittura ha tenuto la risposta ai derivati come ultima: mi ha ricordato un pugile all’angolo, sotto pressione, in attesa di essere salvato dalla campanella della fine dell’incontro. E salvato è stato. Ma non ha salvato il principio della trasparenza dei conti pubblici.

Addirittura ha detto che le clausole di “risoluzione anticipata”, quelle condizioni particolari che hanno riguardato costose ristrutturazioni del portafoglio derivati,  non sono “più presenti se non in misura minima”.

Peccato che solo pochi mesi il sottosegretario Rossi Doria aveva detto che “Per quanto riguarda, in particolare, la vicenda relativa alla Morgan Stanley, …  si fa presente che alla fine del 2011 e con regolamento il Ministero dell’economia e delle finanze, in data 3 gennaio 2012, ha proceduto alla chiusura di alcuni derivati in essere con Morgan Stanley (due interest rate swap e due swaption) in conseguenza di una clausola di «Additional Termination Event» presente nel contratto quadro (ISDA Master Agreement) che regolava i rapporti tra la Repubblica Italiana e la banca in questione. Tale clausola, risalente alla data di stipula del contratto, nel 1994, era unica e non presente in nessun altro contratto quadro vigente tra il Ministero e le sue controparti, e non è stato possibile, nel corso degli ultimi anni, rinegoziare la stessa. In virtù di tale clausola, si è proceduto alla chiusura anticipata di alcuni derivati con Morgan Stanley, regolandone il controvalore in 2,567 miliardi senza il coinvolgimento di terze parti.”

Unica e non presente? E come mai ora lei parla invece di “misura minima”? Quanto minima?

Lei dice che la trasparenza non è cosa per i derivati. Che nessun Paese è trasparente al fine di evitare comportamenti speculativi che potrebbero insorgere con troppa informazione. Non è vero. Paesi scandinavi pubblicano queste transazioni, con un ritardo (a fine anno i danesi) che permette di rendere irrilevante il fenomeno del “front-running” che pare preoccuparla, e che, nel mio libro nel 2001 sul tema, demolivo come una scusa che da sempre si oppone in maniera strumentale per non dare trasparenza, come mi dicevano gli stessi operatori di mercato che intervistavo.

Ministro lei promette, per fortuna, in chiusura al suo intervento, una maggiore trasparenza (ed una poco comprensibile “revisione della normativa”). Lo faccia subito. Non si faccia turbare da chi le dice che troppa trasparenza rivelerà transazioni passate che metteranno in difficoltà la reputazione del Governo italiano. Non  è vero. Se mai transazioni “anomale” furono fatte, lo furono quando erano compatibili con (non vietate da) la normativa europea. Da quando furono vietate siamo certi che il Tesoro si è adeguato alle nuove regole.

Quello che la deve turbare è di mantenere questo assurdo muro di gomma che fa male all’Italia, che fa presagire chissà quale segreto che non esiste, ma che anche i suoi silenzi ingigantiscono come un’ombra su quei muri di gomma, ombra gigantesca di figura in realtà ben più piccola.

La Corte dei Conti non ha le competenze per valutare questi portafogli dei derivati del Tesoro. Banca d’Italia e Tesoro hanno un conflitto d’interessi potenziale a farlo. Le do un consiglio. Alla University of Chicago esiste un grande economista italiano, bravissimo, che si occupa di derivati. Si chiama Pietro Veronesi. Lo chiami, gli dia un giusto compenso, gli faccia esaminare tutte le transazioni degli ultimi 20 anni e gli chieda di pubblicare una relazione indipendente. Nessuno più di lui potrà garantire la correttezza dell’informazione nonché la chiarezza interpretativa dato il contesto normativo dell’epoca.

Sarà, mi creda, una relazione, quella di Veronesi, adamantina, come un diamante. Gli italiani le saranno grati: la montagna partorirà un topolino e potremo finalmente  mettere un punto finale a questa pagliacciata che ci distrae da più di 10 anni e ci permetterà di concentrarci su quello che conta: combattere la disoccupazione, la sofferenza e la preoccupazione di tante famiglie in questa crisi economica.

One comment

  1. aldo lanfranconi

    04/07/2013 @ 16:36

    DERIVATI
    Eurostat dà le serie dal 1995 degli interessi e degli interessi con “flows on swaps and FRAs (Forward Rate Agreements)”: Non so e chiedo se “flows on swaps e FRAs” sono il costo o il risultato dei derivati. In caso positivo noi avremmo avuto vantaggi (fino a circa 8 miliardi cunulativi) fino al 2005 dopodichè la partita è sempre stata in svantaggio (cumulativo 2012 circa 800 milioni di perdita). Dicono cheabbiamo la migliore amministrazione del debito del pianeta ma, per FOS e FRA, Francia, Svezia e Danimarca hanno fatto meglio di noi.
    Ultimo punto: quando la stampa parla di derivati sembra valere: derivati = perdita; bisognerebbe chiarire che non è così altrimenti nessuno li sottoscriverebbe.

    http://farm6.staticflickr.com/5481/9207424349_5092184b3f.jpg

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