“Starebbero meglio fuori dall’euro i paesi che soffrono della recessione, grazie alla ampia svalutazione che ne seguirebbe?”
Mamma mia quante volte se ne parla di questa rilevantissima questione.
I lettori di questo blog già sanno la mia posizione. Ma è ovvio che vedere questa frase all’inizio dell’ultimo lavoro di un grande economista dei miei tempi, Guillermo Calvo, con due coautori, il bravo italiano Fabrizio Coricelli e lo studente di Dottorato Pablo Ottonello, attira naturalmente la mia attenzione e curiosità.
Il loro lavoro, basato sull’esame di svariate passate crisi – finanziarie e non – e successive riprese economiche, in estrema sintesi, dice quanto segue.
1) Crisi finanziarie come quelle sperimentate nel 2008 (caratterizzate secondo gli autori da una chiusura drastica del rubinetto del credito all’economia) generano – più di altri tipi di crisi, non finanziarie – delle susseguenti riprese “senza lavoro” (jobless recoveries).
2) Se a queste crisi finanziarie seguono politiche che generano forti episodi inflazionistici, le riprese in termini di occupazione sono decisamente più rapide;
3) Tuttavia l’inflazione di cui sopra non è inequivocabilmente favorevole alla classe lavoratrice: è vero che l’occupazione riprende, ma grazie ad un forte abbassamento dei salari reali spettanti ai dipendenti, lasciando il monte salari largamente immutato rispetto a quello all’avvio della crisi;
4) E dunque, la svalutazione del cambio aiuta in queste crisi finanziarie? Non di per sé: solo nei limiti in cui genera maggiore inflazione e, comunque, anch’essa a scapito dei salari reali.
Ci sono due ostacoli alla realizzazione di questa maggiore inflazione, sia che la si voglia fare direttamente con una politica monetaria espansiva, sia indirettamente via svalutazione (uscita dall’euro).
Primo. Di quanta inflazione avremmo bisogno? “Un aumento piccolo del tasso d’inflazione potrebbe non dare nessun aiuto nel combattere una ripresa senza occupazione”. Più del 30%, ci vorrebbe. Un valore, secondo gli autori stessi, “superiore a quanto le maggior parte delle banche centrali sarebbero disposte ad accettare”. Un valore, aggiungo io, simile a quello ingegnerizzato, con decisioni rivoluzionarie, da Franklin Delano Roosevelt negli anni 30, che portò la variazione della crescita dei prezzi Usa dal -26% al +13%! Quando le banche centrali ascoltavano i Governi, ci verrebbe da dire.
Secondo. Le svalutazioni che loro esaminano sono capaci sia di generare alta inflazione che di generarla bassa. Detto in altro modo, non vi è garanzia che una svalutazione generi la necessaria inflazione. Dipende anche da altri fattori. Il punto chiave, che a loro avviso è necessario in questa crisi per riavviare l’occupazione, è una diminuzione del salario reale, che non sempre le svalutazioni assicurano. Basterà ricordare, aggiungo io, l’episodio della grande svalutazione italiana del 1992 che, con grande sorpresa di tutti, non si scaricò sui prezzi. Uno dei possibili motivi? La grande manovra austera e deflazionistica, immediatamente scatenata dal Governo Amato per rassicurare che i mercati che sì, l’Italia era stata monella con la sua svalutazione, ma non lo sarebbe più stata. Quello che da sempre ammonisco avverrebbe se uscissimo dall’euro: nessuno mi toglie dalla testa che, con un governo che non abbia voglia di combattere l’austerità direttamente, fuori dall’euro faremmo immediatamente una durissima manovra come allora per rassicurare i mercati. E che, se invece avessimo un governo che capisce quanto sia importante far cessare l’austerità, allora non avremmo bisogno di uscire dall’euro, basterebbe essere attivi con la leva fiscale per combatterla.
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In realtà Calvo ed i suoi coautori, dopo avere escluso l’inflazione diretta (la BCE non acconsentirebbe) e la svalutazione (non genera con certezza l’inflazione necessaria per riavviare le assunzioni di lavoratori), offrono le loro soluzioni: cuneo fiscale che abbatte il costo del lavoro o ripresa del credito, che durante e subito dopo una crisi finanziaria vede le imprese sotto patrimonializzate e dunque la banca prestare solo a quelle aziende che investono il denaro ricevuto in capitale fisico, recuperabile, e non in tecnologie che utilizzano lavoro, non recuperabile dalla banca.
Peccato. Che all’ultimo miglio il loro ragionamento non funziona, offrendo la ricetta sbagliata.
E’ vero, questa crisi è nata come crisi finanziaria, nel 2008. Non lo è più oggi. Oggi è una vera e propria crisi da domanda, dove il settore privato dei Paesi dell’euro in difficoltà è in preda a un pessimismo che non lo porterebbe né a domandare lavoro (in caso di abbassamento del cuneo) né a domandare credito (in caso di abbassamento dei tassi o sussidi nei prestiti), perché non si vede perché si debbano fare investimenti in un contesto così grigio. Lo mostra senza ombra di dubbi il grafico dell’importante rapporto ABI che ho discusso venerdì scorso: oggi lo scarso credito che circola nell’economia è dovuto alla scarsa domanda, non alla scarsa offerta di esso.
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E allora? Che fare? Se non si può generare inflazione via BCE, se non si può generare occupazione via svalutazione perché questa sarà seguita da austerità, se non servono le politiche dal lato dell’offerta come cuneo o credito perché imprese e famiglie rimangono cupemente assorte e spaventate, che rimane?
Come che rimane. L’unica soluzione che stimola domanda interna e porta i prezzi a crescere rendendo più interessante per le imprese l’assumere e l’investire: più domanda pubblica di beni, servizi e lavori. Come 80 anni fa.
Ma questa classe politica, Renzi compreso, non lo capisce, direte voi. Beh? Non votateli.
D’altronde anche 80 anni fa, negli Stati Uniti, c’era chi non capiva e proponeva soluzioni inutili. Bastò mandarli a casa e eleggere un vero leader. Tutto qui. Trovatelo e fatemelo sapere.
22/12/2013 @ 21:14
A mio avviso tutti i ragionamenti omettono di considerare IL punto chiave:
Dove vogliamo andare? Quale tipo di Paese vogliamo essere nei prossimi 10 anni?
Le ricette di Politica Economica sono, appunto, ricette ossia, per dirla à la Friedman, strumenti che dovrebbero essere posti al servizio dell’obiettivo: la risposta che il Paese, tramite proposte alternative presentate alle elezioni, decide “democraticamente” di offrire (secondo Stiglitz al crescere della disuguaglianza non c’è più democrazia).
Il problema non è fuori dall’euro o dentro l’euro. Più inflazione o meno cuneo fiscale.
Il vero dramma è che nessuno indica una via, nessuno dice che Paese vogliamo essere. Non è vero che si tratterebbe di statalismo. Compito dello Stato è modellare gli incentivi verso un macro-obiettivo e definire il set di strumenti migliori (vogliamo essere un Paese manifatturiero a basso valore aggiunto sul modello Cina? Allora flessibilità sul lavoro e abbattimento delle garanzie sociali. Vogliamo un Paese manifatturiero ad alto valore aggiunto? Allora stimolo alla crescita dimensionale delle imprese e incentivi alla ricerca. Vogliamo un Paese che investa nelle biotecnologie? Nucleare? Nanotecnologie?)
Definito l’obiettivo possiamo pure valutare, senza ideologie, ossia senza a-priori, se sia ragionevole continuare a rimanere nel’Euro o se possiamo pensare di uscirne. Ma solo in funzione dell’obiettivo.
Tutto il resto è demagogia. O per dirla con Kuhn, dogmatismo.
23/12/2013 @ 06:37
Se non si vuoleuscire dall’euro (personalmente sono per questa soluzione) bisogna comunque rivedere i vari trattati con l’Europa e permettere che ogni Stato possa comandare in casa propria, visto che non esistono gli Stati Uniti d’Europa, ma una accozzaglia di paesi che vogliono entrare in Europa, magarimantenendo la propria moneta
23/12/2013 @ 11:34
ecco, qua ci siamo in pieno. Concordo, magari ci vediamo il 10 gennaio….
23/12/2013 @ 09:02
Professore, io sono abituato a valutare la bontà di uno scritto (relazione, ricerca, volantino pubblicitario ecc.) dalle conclusioni. E quelle dello studio di cui ha parlato sono, come lei stesso riconosce, una cag..a pazzesca! Figuriamoci che valore posso dare al resto!
Inflazione non se ne può fare via BCE: vero, e allora via dalla BCE e rinazionalizziamo BdI, facendo strumento della politica monetaria decisa dal governo con il quale essa andrà “rimaritata”.
Non si può generare occupazione via svalutazione perchè seguirebbe austerità per farsi dare fiducia dai “mercati”; professore, dopo il matrimonio ai mercati posso fare “ciao, ciao” con bel contorno di pernacchia. Inoltre all’uscita dall’euro occorre accompagnare misure quali indicizzazione dei salari e controllo dei movimenti di capitale.
Chi gestirà l’uscita? Su questo Brancaccio ha ragione (e Bagnai sembra non capirlo); se a gestirla sarà la destra di misure come indicizzazione dei salari e controllo dei movimenti di capitale non vedremo neppure l’ombra ma si continuerà, con altri modi, a perseguire gli stessi obiettivi che l’euro porta con sè: la distruzione – ormai in buona parte realizzata – del modello sociale europeo
26/12/2013 @ 14:26
Solo per limitarmi al controllo dei movim. capitali. Come lo realizzi, in pratica (quindi al di là dell’eventuale leggina che verrebbe emanata)?
Già al parlar sul serio di uscita dall’euro solo dell’italia sui media in generale (non parliamo poi di discussioni pre-eventuale-referendum), inizierebbe una fuga massiccia (cosa per altro già avvenuta nel recente passato prima che lo spread si abbassasse).
Chi a livello politico gestirebbe l’uscita in modo da garantire la segretezza? L’attuale mediocre partitocrazia italiana?
Ammesso che si riuscisse a chiudere le stalle a buoi (parlo ovviamente di quei buoi ben pasciuti dotati di capitali almeno un tantino consistenti) quasi tutti usciti ( e siamo buoni), come faresti a controllare le fughe residue dei più piccoli risparmiatori (salvo millimetrica militarizzazione del confine)?
Non sembra che da sola l’italia non possa far nulla?
27/12/2013 @ 08:51
Controllare i movimenti di capitale, nonostante quel che si pensi, è operazione fantozzianamente semplice! Basterebbe – dico la cosa proprio più banale – “comperare” un po’ di dati dalle banche straniere ( i tedeschi l’hanno fatto, i tedeschi eh!) e cominciare a metterne in galera qualcuno. Quanto a strumenti tecnici, ce ne sono a iosa: crede che sia difficile monitorare tutti i movimenti di denaro al di sopra di un tot a partire da una certa data? No, non lo è.
Chi potrebbe farlo? Non certo i mentecatti che governano oggi. Magari i 5stelle, ben istruiti (non dai Dioscuri), avrebbero l’”innocenza” – intesa come mancanza di commistioni con quelli che generalmente chiamiamo “poteri forti” – per portare avanti un compito assai duro, ma non tanto quello che stiamo patendo oggi.
27/12/2013 @ 14:49
Ma a te non dice niente il fatto che o in un modo o in un altro i 5 stelle non sono stati accettati al governo, proprio per la loro sostanziale “incontrollabilità”? O il fatto che ci siano state fuoriuscite dal movimento di vari parlamentari dopo essere stati eletti dal movimento?
Io penso che cmq già il grosso dei capitali sia uscito, quello di chi davvero contava su patrimoni cospicui. Che lo abbiano fatto legalmete o no, non lo so (ma ci sono i dati bankitalia). Sulla possibilità di rintracciarli, ho seri dubbi, anche se qualche mezzo tecnico ci sarebbe. I più piccoli, invece, non li rintracci nemeno coi controlli dei movimenti bancari perchè sono operazioni facilmente “giustificabili” (a me risulta tra l’altro che nel contenzioso con l’erario dal punto di partenza alla fine lo stato recuperi nemmeno un terzo).
Ti ricordo che a seguito dell’utimo condono fiscale Tremonti si son scoperte fuoriuscite illegali dell’ordine di 10 mila euro!!!
23/12/2013 @ 12:13
I benefici dello stare fuori/uscire dall’Euro nessuno sa a quanto ammonterebbero né quali classi lavoratrici o settori ne potrebbero beneficiare al netto dei costi. Inoltre nessuno riesce a dare una stima di quanto possa essere la svalutazione, inflazione e il tasso di interesse che circolerebbe poi in Italia. E’ bene ricordare che negli anni novanta pre-Euro i tassi arrivarono a punte del 15% e mediamente del 9%. Cosa succederebbe con questi tassi? Mi pare che con l’inflazione e tassi alti chi ne beneficia meno sono le classi lavoratrici e il monte salari. Anche gli investimenti sono penalizzati. Insomma come scriveva lei continuare a parlare di uscita dall’Euro è perder tempo…soprattutto se non se ne fa un’accurata analisi-benefici
23/12/2013 @ 13:30
“Domanda pubblica”, siamo tornati alla lettera a Monti, all’appello per un nuovo Rinascimento. Da allora non è cambiato nulla, si è proseguito nell’investire in TAV o regalare l’Aurelia a privati noti per farne un’autostrada con il consenso “interessato” dei due maggiori partiti pronti ad assicurare una rendita parassitaria sempre ai soliti noti.
Totalmente disatteso tutto l’investimento a livello regionale, ad esempio nella manutenzione del patrimonio artistico, storico o nell’ambiente, che viene ricordato solo nelle fasi di alta emergenza, con ancora i morti sul campo dimenticati qualche giorno dopo. E tanto per ripetere qualche slogan, si parla di recupero dell’evasione ma non si persegue, concretamente, la diminuzione dei centri di spesa, sicché la corruzione o la cattiva gestione hanno sempre qualche alibi pronto, nonostante leggi più o meno valide. Il problema sembra essere più politico-organizzativo che economico-imprenditoriale. Più che a un nuovo Rinascimento, dovremmo dar vita a un nuovo Risorgimento.
23/12/2013 @ 14:35
Per fare più domanda pubblica di beni e servizi si dovrebbe aver fatto una efficiente spending review e bisognerebbe affrontare in maniera severa e inflessibile il problema della corruzione (che è collegato alla spending review, ovviamente).
Come pensa fare una cosa che significa far saltare il sistema italiano basato appunto su clientelismi, sprechi a vantaggio dei soliti noti e corruzione/concussione “ambientale” (ambientale significa che coinvolge il basso ma anche l’alto delle classi dominanti e dell’alta burocrazia)?
Si sta diffondendo l’idea che l’euro è lo strumento per il mantenimento dei privilegi della corrotta classe dominante italiana (appunto perché viene ritenuta sottomessa alla
tecnocrazia europea).
Di fronte agli argomenti forti di chi parla di liberazione ottenuta con l’uscita dall’euro, i programmi dei Viaggiatori basati su una spesa pubblica utopisticamente liberata da sprechi e corruzioni (cioè fra chissà quanto) verrà vista semplicemente come l’estremo tentativo di salvare lo status quo.
25/12/2013 @ 12:19
Ho capito. Non bisogna basare un programma su lotta a corruzione e sprechi perché si passa per salvatori della corruzione e degli sprechi, lo status quo. Fantastico. Aspetti, che allora smetto di argomentare contro corruzione e sprechi.
“Si sta diffondendo”: come un virus? Devo perciò adeguarmi al pensiero diffuso?
Gli argomenti “forti” di chi parla di liberazione sono immagino basati sull’uomo nuovo. Che non esiste per combattere la corruzione ma esiste nell’al di là post euro.
Marco, da qualche parte da lei mi attendo una maggiore forza argomentativa.
25/12/2013 @ 17:56
Buon Natale.
Sulla corruzione volevo dire che senza una denuncia precisa dei responsabili a mio avviso il discorso non passa. La corruzione è un sistema (vedi il Salva Roma che senza grillini e Lega sarebbe stato approvato), non una somma di episodi isolati e dire che si vuole fare la spending review senza spiegare come far saltare la rete di clientelismi non so se verrebbe capito. Voi potreste andare al di là delle semplici accuse alla casta ma per adesso restate prudentemente al di qua.
Quando i Viaggiatori usciranno dal blog per ottenere un consenso elettorale si capirà meglio a chi, di cosa e come parlare, adesso probabilmente è presto.
27/12/2013 @ 14:36
Salve Marco,
mi permetto di risponderle.
C’è un modo di voler cambiare le cose: forconi, rivoluzioni, fuochi e fiamme.
C’è un altro modo per cambiare le cose: farlo! Senza turbare la serenità delle persone che lavorano.
Non dimentichiamoci che tangentopoli fallì perchè era diventata un regime del terrore.
Buon Natale anche a Lei
27/12/2013 @ 14:47
E inoltre, Marco:
se vuole combattere davvero la corruzione mantenedo la serenità e la pace sociale (“Ragazzi, chi avuto avuto avuto, chi ha dato ha dato ha dato. Da domani si cambia registro”)
perchè non viene anche Lei a sporcarsi le mani tra noi invece di fare lo spettatore?