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E se dicono di no? Paghiamo la multina.

Di nuovo dalla relazione di Enrico Quintavalle di Confartigianato. La conferma che la politica monetaria, che ha fatto quanto poteva, non ci tirerà fuori da questa crisi da domanda. Là dove la crisi non c’è, come in Germania, abbassamenti del tasso della Banca Centrale Europea abbassano il costo del credito alle imprese tedesche. Ma non a noi: le nostre banche non prestano ma investono in titoli di Stato (bilanci della banche italiane da settembre 2012 a settembre 2013: +20,4%, 66 miliardi, in portafoglio titoli di stato, -43 miliardi di prestiti alle imprese, -4,5%, sempre dati Confartigianato) e non si contendono un mercato anemico di progetti di investimento (chi ha voglia, col pessimismo che circola, di domandare credito?) e comunque rischioso (la recessione fa crescere i crediti incagliati).

Risultato?  Lo spread con il tasso BCE dei tassi attivi delle banche italiane, quelli che praticano alle imprese, cresce, non cala.

L’unica leva vera a disposizione? La politica fiscale espansiva, in modo da riavviare aspettative positive su ordini e clienti, via domanda pubblica.

Come può pensare il Presidente Letta che le imprese possano tornare ad investire di fronte ad un documento, il DEF, firmato di suo pugno, dove, nel giro di 4 anni, 2014-2017, si promette (sarebbe meglio dire si minaccia) di far scendere il deficit in rapporto al PIL dal 2,5% allo 0% di PIL, ovvero di 40 miliardi? Lo sanno tutti come, se mai veritiero, verrà raggiunto questo risultato: bene che vada per 2/3 con aumenti di tasse e 1/3 con tagli lineari di spesa, facendo collassare la domanda interna.

Chi mai investe in questo contesto? Chi?

La soluzione proposta dai Viaggiatori, di prossima uscita, è tanto semplice quanto ovvia: bloccare al 3% il deficit su PIL per i prossimi 4 anni e finanziare maggiore spesa in appalti con tagli agli sprechi negli stessi. In questo modo il contesto sarà quello giusto: quello che inciterà le imprese a scommettere su investimenti e alle famiglie sui consumi.

Rimane l’interrogativo leggerino che va tanto di moda nei circoli dei lirettanti: ”e se i tedeschi dicono di no?” Si accomodino: ci sono due anni davanti a noi per che deliberino le famose multe pecuniarie. Che costeranno, se mai si azzardassero a comminarle, molto meno dei benefici che trarremo (e che l’Europa trarrà) da una nostra ripresa.

Svegliate il Governo in coma. O staccategli la luce.

6 comments

  1. “Che costeranno, se mai si azzardassero a comminarle, molto meno dei benefici che trarremo (e che l’Europa trarrà) da una nostra ripresa.”
    Vero, l’Europa nel suo complesso trarrà vantaggio da una nostra ripresa. Non però la Germania che è il nostro concorrente principale nel manifatturiero. Ergo, che ci dicano “no” non è un’ipotesi ma una certezza. Il che comunque non ci esime dall’andare in questa direzione.
    A Letta bisogna sicuramente staccare la spina, ma non è l’unico né il più importante a cui farlo.

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  2. Antonello S.

    02/12/2013 @ 17:09

    Personalmente oggi intravedo da parte della Commissione Europea una maggiore intransigenza rispetto al passato, quando poi furono gli stessi tedeschi a “disubbidire” e temo che siano anche le attuali tensioni sulla moneta unica a rendere più forte la “stretta” sulle condizionalità imposte dai trattati.
    Il gioco si sta facendo sempre più duro, come insegna il caso Cipro e le cosiddette multine possono anche essere sostitute da ingerenze ben più pesanti, come ci hanno rendicontato tempo fa le vicende narrate da Bini Smaghi, poi confermate anche dal daily telegraph.
    Probabilmente la chiave di lettura non è esclusivamente di natura economica, come lei stesso mi ha suggerito venerdì.

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  3. Luigi Biagini

    03/12/2013 @ 07:49

    Sull’allargamento dello spread da parte della banca deriva da una serie di obblighi previsti dall’EBA (Core Tier 1 ratio al 9% ad esempio) e da Basile II+ (prossima Basilea III) e last but not the least, a causa del funzionamento del sistema ReFi della BCE. Per quest’ultimo occorre innanzi tutto verificare la posizione dell’Italia nei confronti della Germania per quanto concerne i famosi “rating”. Considerato che l’Italia è A+ (si prende il valore massimo tra le 4 agenzie di rating (tra cui la meno blasonata DBRS) e la Germania è AAA il valore rifinanziato (di fatto è una specie di RePo) dato 100 risulta essere inferiore da parte dell’iItalia rispetto alla Germania.
    Questo di fatto è solo una minina parte del finanziamento utilizzato dalle banche, gran parte derivata dal mercato interbancario, che attualmente risulta bloccato oppure decisamente problematico.
    E’ quindi normale sia in funzione del rischio (leggasi debiti incagliati e sofferenze), sia in base al basso valore delle garanzie, sia in funzione delle operazioni parzialmente bloccate nel mercato interbancario.
    Da ricerche effettuate dall’ABI (che capisco essere di parte) risultano essere la domanda di mutui bloccata.
    Conseguentemente a tutto questo non mi sentirei di dare la colpa alle banche.
    La politica ha di certo avuto ed ha la sua parte e la proposta del Prof. Piga di investire i risparmi in investimenti pubblici (possibilmente tramite sistemi tipo CONSIP oppure con un’ampia revisione del codice appalti) soprattutto in ricerca, sviluppo e infrastrutture.

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  4. E il fiscal compact?

    E il peggioramento dei conti esteri vs eurozona (e quindi dello spread sul debito pubblico) derivante dall’incremento dell’importazioni indotto dalla maggiore capacità di spesa di imprese e famiglie?

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  5. Un domanda, Professore..: “perché dovremmo curarci del debito quando USA, GB, e giappone (per fare alcuni esempi) non se ne curano affatto?”.
    Spieghi perché parliamo di debito (ovvero di finanza) e non di economia, ogni giorno ed i governi hanno nelle loro agende provvedimenti finanziari e non economici…
    Un semplice domanda a cui vorrei una risposta economica e non politica (quest’ultima é assai facile e tautologica, dunque non la richiedo!), una VERA risposta da parte di chi l’Economia vuole insegnare….

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