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Al diavolo l’Italia e l’Europa dei giochi di prestigio

Non so come prenderla. Da un lato, ammirazione. Dall’altro confusione e scoramento. Ma anche una certezza: non ci siamo. Per nulla.

*

Dicono in inglese: “the devil is in the details”, meglio ancora del nostro proverbio. Tutto si gioca nei dettagli. Per esempio, nella Nota di Aggiornamento del DEF del Governo Letta recentemente pubblicata, sulla nota 3 a pagina 2 della tabella I.1 si legge: “l’attuale scenario ipotizza una graduale chiusura degli spread di rendimento a dieci anni dei titoli di Stato italiani rispetto a quelli tedeschi a 200 punti base nel 2014, 150 nel 2015 e 100 nel 2016 e 2017.” Lo vedete nel cerchio blu.

E’ l’ipotesi sottostante al calcolo della spesa per interessi che, come potete ben immaginare, da sempre si deve basare su una stima (soggettiva? obiettiva?) sull’andamento futuro dei tassi d’interesse sul debito italiano.

Dove si nasconde “il diavolo”? Oh, molto semplice. Nel fatto che nel DEF di 6 mesi fa approvato dal Governo Monti la spesa per interessi era stata calcolata, come sempre si è fatto da 15 (!) anni e più a questa parte, basandosi sui tassi di mercato impliciti nelle curve dei rendimenti dei titoli di Stato italiani. Sul DEF Monti di soli 6 mesi fa a pagina 46 troverete la classica frase:  “le stime circa la spesa per interessi relativa agli anni 2013-2017, formulate utilizzando i tassi impliciti nella curva dei rendimenti italiana rilevati a metà marzo 2013, prevedono….

Non più. Game over, new game. Un ennesimo gioco di prestigio.

Il Governo Letta ha (con trasparenza, gliene va dato atto anche se in una noticina) deciso che, da ora in poi, per stimare l’andamento dei tassi d’interesse italiani non ci baseremo più sulle aspettative del mercato, ma su di una visione “soggettiva” del Tesoro. Pessimista o ottimista? Molto ottimista. Di fatto (cerchio blu) il Tesoro italiano scommette, contro i mercati, che i tassi d’interesse crolleranno ben più di quanto atteso, con uno spread che torna a quota 100 nel 2016.

Fosse uno speculatore, il Tesoro di Saccomanni, ci si chiederebbe come mai non chieda ai suoi funzionari addetti alla gestione del debito pubblico di precipitarsi a comprare a termine il suo debito, dato che secondo le sue stesse valutazioni, è destinato a aumentare incredibilmente di prezzo nei prossimi anni. Sarebbe un bel risparmio per il contribuente, il guadagno in conto capitale di questa operazione. Oppure gli andrebbe chiesto come mai, malgrado questa sua incredibile stima così diversa da quella di mercato, non emetta solo titoli a breve termine, BOT, e smetta di emetterne a lungo termine, BTP, evitando di bloccarci oggi con tassi alti visto che “sa” già caleranno nel tempo ben più di quanto si aspetta il mercato. Un altro bel risparmio derivante da una gestione del debito pubblico coerente con le stime del Tesoro.

La verità è un’altra. E’ che con questa mossa è destinata a crollare, sulla carta, la spesa per interessi sul debito pubblico italiano prevista per i prossimi anni. Per trovare una conferma basta confrontare la spesa prevista dal 2014 dal DEF Monti e quella del DEF aggiornato da Letta (i tassi non sono poi cambiati così tanto da giustificare analisi più sofisticate). Ebbene uno scopre che con questo piccolo “dettaglio” deliberato nella nota 3, la spesa nel 2014 scenderà da 90,377 mld di euro a 86,087 (0,25% circa di PIL), da 97,465 a 88,827 nel 2015 (0,5% circa di PIL), da 104,387 a 91,858 nel 2016 (0,75% circa di PIL), da 109,289 a 92,5 nel 2017 (1% di PIL).

Wow. 1% di PIL. Beh, questa nota 3 non è certo un dettaglio!

Il coniglio fuori dal cilindro è geniale e per questo nutro una buona dose di ammirazione per i nostri governanti: se non l’avessero scovato si sarebbero dovuti arrampicare con la Commissione europea a cercare di ridurre il deficit con maggiori tasse o minori spese di ammontari simili, generando ulteriore recessione. E poi, siccome questo Governo non riesce a trovare la quadra nemmeno su 0,1% di PIL, capite bene quanto sia d’aiuto una tale ipotesi.  Chissà cosa ne dirà la Commissione europea: non è escluso che chiuda benignamente un occhio capendo le difficoltà politiche del Governo Letta ed avendone a cuore la stabilità.

Eppure tutto ciò mi risulta intollerabile. Per due motivi, a seconda che le ragioni dell’ottimismo del Governo siano state motivate da pessimi “artifici contabili” oppure da una ottima “volontà di Europa”.

Se fosse stata, la nota 3, mero artificio contabile, saremmo di fronte all’ennesimo gioco delle tre carte con la (complice) burocrazia europea, dove chi perde è il popolo europeo. Perché scrivere cose “false” (ma tornerò a breve su questo aggettivo) non è che mero sonnifero dato al paziente per rinviare al domani le scelte difficili e affrontare la dura realtà della situazione con vigore e decisione.  Pietoso esercizio di vigliaccheria.

Ma.

Ma la nota 3 si potrebbe giustificare con ben altra motivazione. Una ben più nobile e comprensibile. “La stima dei tassi che noi facciamo” potrebbe dire il Tesoro in conferenza stampa, “è l’unica compatibile con la salvezza dell’Europa”. “Perché”, continuerebbe Saccomanni, “spread a 250 per altri 4 anni, come paiono attendersi i mercati, implicherebbero l’insostenibilità della situazione e la fine del progetto europeo in comune”.

Sarebbe bello leggere un comunicato di questo tipo. Perché sarebbe la prima volta che un esecutivo europeo confessa la sua impotenza in caso di protrarsi di questa crisi.

Ma.

Perché mai lo spread dovrebbe calare, ci verrebbe da chiedere al Ministro in conferenza stampa? E la risposta dovrebbe essere, in tutta onestà, una sola, quella ovvia: perché, per allora, avremo risolto la crisi. Ovvero, perché abbiamo finalmente attuato le politiche giuste che faranno credere fermamente ai mercati che nessuno deve più temere la frantumazione dell’area euro. Ovvero, che abbiamo ritrovato la via della crescita.

E come avremmo fatto a ritrovarla?

Ecco, qui cascherebbe l’asino e, rovinosamente, il castello di carte del Tesoro italiano così abilmente costruito: con una politica diversa da quella seguita sinora di austerità, decrescita ed instabilità dei conti pubblici, ossia con esattamente l’opposto di quanto previsto dal Governo Letta con il suo DEF aggiornato, fatto di austerità maggiore di quella montiana, calo degli investimenti pubblici (-0,9% di PIL dal 2013 al 2017) e degli investimenti in capitale umano (-1,3% di PIL in stipendi pubblici, che impediscono aumenti di salari a ricercatori e maestri di scuola). Politiche che non hanno mai riportato lo spread a 100, ma che, al contrario, lo hanno portato via, verso l’alto, da quel livello.

La coperta è corta ed i giochi di prestigio sanno di stantio: il Paese ha bisogno di un vero Ministro del Tesoro e di un vero Governo. E ne ha bisogno anche questa Europa che guarda altrove, su tutto, bella addormentata nel mondo che corre senza di lei e che non l’aspetta.

16 comments

  1. Sai già che apprezzo la tua nota, per accuratezza e motivazione. Mi domando però perché ci si possa ridurre alla noticina da medicinale e la risposta è una sola: mancando il coraggio di discutere anche i più piccoli scostamenti da parametri che altri (e.g. Francia con deficit al 4%) disattendono tranquillamente, ci si rifugia nei giochetti poco dignitosi che documenti.

    Mi chiedo, comunque, se questo non discenda dalla necessità di distanziarsi da atteggiamenti sguaiati e pseudo-socialpatriottici, presenti in parte dell’opinione pubblico e persino della (sub)accademia. Si finisce così con il lasciare alle ‘persone serie’ – anche per ragioni istituzionali – solo il dono dell’obbedienza e della furberia, a loro volta poco compatibili con la serietà e la capacità di governo.

    In concreto, per poter dire che nel biennio 2013-2014 i saldi negativi di bilancio potrebbero essere temporaneamente del 3.5%-4.0%, occorre essere credibili nella promessa di rientrare nel 2015: anche grazie ad una possibile crescita del PIL nominale. Non entro nei dettagli se non per notare che gli Stati Uniti sono passati in pochissimo tempo da un deficit dello 11% ad uno del 4% e che questo è avvenuto – anche se con minore successo di quanto sperato – proprio perché è un’economia di mercato in cui l’intervento pubblico discrezionale è temporaneo, reversibile e mirato.

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    • E’ un punto importante. Io sono sempre dell’idea che non esiste per l’Italia spazio espansivo senza una seria spending review anche (ma non solo) per guadagnare quella credibilità di cui giustamente parli.

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    • Quarantotto

      07/10/2013 @ 11:34

      Ma il punto, in fondo, risiede in una idea mercantilista, a modello unidirezionale, che pervade incontrastata l’UEM (su suggerimento tedesco. eufemisticamente parlando).
      Lo spread è in relazione negativa con la posizione netta sull’estero
      http://www.quadrantefuturo.it/appunti/congiuntura/cosa-pu%C3%B2-spiegare-lo-spread.aspx
      Si ipotizza cioè, attenendosi a questa verità accuratamente sottovalutata nelle pubbliche dichiarazioni, che l’Italia passi da un deficit CAB in riduzione addirittura a una posizione (prolungata) di saldo positivo.
      Ovviamente ciò mediante contenimento dei costi e sacrificio della domanda interna via deflazione salariale.

      Pare qualcosa di fin troppo detto, ma da Draghi a Schauble l’affermazione è ripetuta ossessivamente anche in tempi recentissimi.
      L’ipotesi è pura utopia neo-classica; una lughissima correzione tipo gold standard, avrebbe tempi superiori al 2017 e, nel frattempo, la svalutazione dell’euro 2012 viene abbondantemente riassorbita (tranne che per la convenienza tedesca), mentre si innesca una crisi che coinvolge i BRICS (che dovranno correggere i loro saldi con l’estero e stanno già svalutando), il dollaro (e “sevedeva”), per non parlare del Giappone.

      Ma il punto più controverso, se non apertamente irrealistico, è che:
      a) da un lato la domanda interna , nel medio-lungo periodo, è alla base del meccanismo risparmio-investimenti che giocoforza alimenta la vera e stabile competitività, – e certamente non può ipotizzarsi altro che un peggioramento, dato che le nostre imprese esportatrici dipendono pur sempre nella gran parte del fatturato dai consumi interni;
      b) se il paradigma export-led è generalizzato a tutta l’UEM, come pretende la Germania nel proporsi come modello euroistituzionalizzato, la gara al ribasso salariale significa prolungato crollo (o stagnazione come si stanno con virulenza accorgendo i francesi, ricchi di “eccettuazioni”), della reciproca domanda estera intra-UEM.

      Ma queste (apparenti) ovvietà, non paiono minimamente turbare i nostri governanti…

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  2. Gent.mo Prof. Piga, fermo restando che sia il governo Monti che il governo Letta sono figli della “POLICRAZIA”* italiana e proprio per questo motivo fanno danni a prescindere…. c’è una cosa che mi sfugge.

    A pag 2 di questo lavoro ( La Governance di una Fragile Eurozona, Paul E. De Grauwe, No. 346, Maggio 2011) leggo:

    “I membri di un’unione monetaria emettono titoli di debito in una valuta su cui non hanno alcun controllo. Ne consegue che i mercati finanziari acquisiscono il potere di condurre al default questi paesi.”

    Dato che sono un pò tonto, non vorrei aver capito male. Se è vero quel che scrive il Prof. De Grauwe e se l’ho capito bene io, finiremo per essere SEMPRE sotto scacco con lo spread. Ogni volta che il governo emette titoli per finanziarsi, deve passare dalle Forche Caudine dei “mercati finanziari”, cioè quanto di più irrazionale esista in circolazione.
    (Per la speculazione è come essere al Carnevale di Rio, per i cittadini è come essere sulle spiagge della Normandia nel ’44.)

    A questo punto, ogni previsione diventa impossibile e difatti io lo spread così “basso”non me lo spiego: dal dicembre 2011 ad oggi lo stato dell’economia è decisamente peggiorato. Tutti i dati macroeconomici vanno verso il “brutto-tendente-al-peggio” con zero prospettive (anzi, ma lo avrà fatto sicuramente, la lettura dell’articolo del Prof. Arrigo sul sito dell’Istituto Bruno Leoni è deliziosa).
    D’accordo, Draghi gioca a fare il “lender of last resort” e farà di tutto per portare a termine l’operazione “Saving Private Euro”… ma il problema resta sul tavolo. L’economia italiana trotta verso il collasso e lo spread regge?

    Ma soprattutto: abbiamo davvero costruito un sistema dove uno Stato è ostaggio dei mercati finanziari?

    grazie per il suo impegno e buon week-end

    Ivan

    (*A differenza di quanto si pensa di solito, lo Stato nazista non era affatto una macchina perfetta: anzi, il suo funzionamento era spesso difettoso e problematico. La ragione primaria di queste disfunzioni risiedeva nella “policrazia”, cioè nella presenza simultanea di molte strutture di comando.
    L’espressione policrazia fu coniata dal sociologo tedesco Franz Neumann, costretto ad emigrare in Inghilterra nel 1933, dopo essere stato perseguitato dai nazisti. Dall’estero, Neumann seguì con estrema attenzione quanto accadeva in Germania e infine pubblicò, nel 1942, un libro pionieristico, intitolato Behemoth. Struttura e pratica del nazionalsocialismo, divenuto un testo indispensabile per chiunque voglia conoscere il funzionamento del sistema di potere hitleriano.)

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  3. Maria-Augusta Miceli

    06/10/2013 @ 09:08

    Mentre Obama …

    “President Barack Obama has said that he won’t negotiate terms for raising the debt ceiling—that Congress must pass it with no conditions—but Republicans have said they won’t back an increase unless deficit-reduction measures or other GOP policy goals are included. That has raised concerns that lawmakers and the president wouldn’t come to an agreement in time to avoid dangerous financial and economic consequences.”

    WSJ http://online.wsj.com/article/SB10001424052702303722604579113143884854458.html?KEYWORDS=Obama+deficit

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  4. E’ da trent’anni che la politica italiana cerca di rinviare scelte difficili ed impopolari; salvo poi far andare a sbattere il Paese nell’ennesima crisi finanziaria, nella quale i problemi non affrontati di ieri, si presentano ingigantiti (effetto snow ball).

    Il problema è che con margini di manovra così ristretti, la crescita richiede necessariamente un passo indietro da parte delle categorie e dei gruppi sociali che si sono sollazzati grazie alla spesa pubblica e al lassismo fiscale. E che oggi rendono la nostra una democrazia “bloccata”.

    Bisogna parlare chiaro alla gente ed avere il coraggio di assumere scelte coraggiose ed anche innovative.

    Il tema dell’uscita dall’euro è solo fumo negli occhi: aumenta il rumore di fondo e rende il Paese ancora più immobile nel suo declino e nelle sue ingiustizie.

    Se dovremo uscire sarà il precipitare degli eventi a decretarlo, non certo una scelta democratica assunta dalla maggioranza del Paese o del Parlamento.
    Quindi mettiamoci il cuore in pace e pensiamo al presente!

    Un cordiale saluto.
    http://marionetteallariscossa.blogspot.it/

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    • si…certo…come no!
      Bisogna fare “scelte impopolari” (o ANTIpopolari?), ovvero segare il reddito degli italiani, cioè il reddito nazionale , CIOE’ IL PIL….per….aumentare il pil…..

      GENIALE!

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    • Quando vedrai arrivare la snow ball (l’uscita dall’euro) sarà troppo tardi. Forse è il caso di prendere le opportune precauzioni.

      Quanto alle solite vostre fantasiose teorie secondo le quali ci saremmo “sollazzati grazie alla spesa pubblica e al lassismo fiscale”, ti ricordo che dal 1992 abbiamo cumulato un avanzo primario di 650 miliardi euro. Ovvero che le AAPP hanno prelevato molto di più mediante le entrate fiscali di quanto hanno ritornato in termini di servizi pubblici, stipendi e investimenti al settore privato. Dove sia la spesa pubblica incontrollata e il lassismo fiscale è un mistero, salvo per i soliti fanatici liberisti, che solo a sentir parlare di asili nido pensano di vivere in un’economia pianificata.

      Se l’Italia dopo oltre 20 anni di avanzi primari si ritrova con un debito pubblico al 130% non lo si deve alla spesa pubblica o al lassismo fiscale (con una pressione fiscale superiore al 50% per i contribuenti onesti è un insulto gratuito che è giusto che ti ritorni indietro), ma alle vostre assurde politiche di austerità. Sono 20 anni che l’Italia non cresce per inseguire assurde regole del tutto campate in aria di rigore fiscale. Il risultato delle vostre politiche è sotto gli occhi di tutti: impoverimento, disoccupazione, crisi e debito pubblico alle stelle (la vostra ossessione). E’ ora di smetterla con queste folli politiche economiche. Sono drammaticamente fallite e ci portano al suicidio. Finitela di ripetere luoghi comuni senza senso e smentiti dai fattti.

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  5. Segnalo solo che l’ipotizzata “graduale chiusura degli spread” oltre che fantasiosa non necessariamente porterebbe ad una riduzione della spesa per interessi. Il fantomatico spread altro non è, come tutti sappiamo, che una differenza di rendimenti. Lo stesso potrebbe ridursi pur in uno scenario di aumento tassi dei titoli di Stato Italiani (nel caso in cui il rendimento dei titoli tedeschi aumenti in maniera più che proporzionale di quelli italiani). La spesa per interessi è determinata dal valore assoluto dei tassi di interesse e non dal differenziale verso lo Stato x o y.

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  6. Luigi Biagini

    07/10/2013 @ 07:40

    Se per caso questo maquillage contabile l’avesse fatto un’azienda privata sarebbe già stata sotto indagine della GDF oppure accusata di falso in bilancio.
    Ma lo stato può mentre il cittadino no!
    Spending review, ora!

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  7. Roberto Boschi

    07/10/2013 @ 11:25

    Caro Professore, leggo con piacere questa sua acuta analisi sulle ipotesi di spread e tassi contenute nell’aggiornamento del DEF. Ecco il mio punto di vista al riguardo.
    Lavorandoci, nei mercati finanziari, mi sono fatto l’opinione, corroborata dai dati di questi anni, che, nel breve termine, l’oscillazione del differenziale dei tassi all’interno dell’area EURO è causata da situazioni “contingenti”, legate alle fasi cicliche di “risk off – risk on”, fra cui si possono inserire le mini turbolenze politiche.
    Se si allarga lo sguardo al medio periodo, utilizzando ad esempio la media mobile a 200 giorni, si vede che entrano in ballo anche elementi di natura più “fondamentale” o “Istituzione”. In questo senso, dall’agosto dello scorso anno, è stata la messa a punto del programma OMT della BCE a convincere i grandi operatori finanziari (che muovono veramente il mercato) a rientrare sui debiti della periferia Euro. Va aggiunto che, lato “fondamentali”, nel frattempo le bilance correnti di Italia e Spagna sono tornate positive, il calo del PIL sembra arrivato al capolinea tanto da far prevedere una lievissima ripresa già da inizio 2014, e anche questo ha sicuramente aiutato la risalita dei corsi di BTP e Bonos.
    Insomma, ci sono ragioni chiare perché anche in momenti di acuta crisi politica come quella vissuta prima del voto di fiducia del 3 ottobre, lo spread non sia tornato a schizzare: i mercati difficilmente si mettono contro le Banche Centrali, soprattutto quando il meteo della situazione economica volge al meglio (o almeno al varabile!).
    Il cambiamento di rotta nelle previsioni del MEF rispecchia forse questa nuova situazione strutturale (“PUT Draghi” e Ciclo in miglioramento) discostandosi così da quanto dicono oggi le curve forward dei tassi a 12-24-36 mesi. Onestamente si può anche capire questa nuova logica perché se si andasse a vedere quali erano un anno fa le attese dei tassi in quelle curve, si scoprirebbe quanto erano molto più negative di quanto poi il mercato ha fatto registrare (in meglio) verso I valori che stiamo oggi registrando.
    Seguendo questa logica, quindi, la vera scommessa delle previsioni del MEF non sta nella base di riferimento (i tassi forword), ma nelle aspettative sui fondamentali e sul comportamento futuro della BCE. Sul secondo punto non ci sono, al momento, eventi che facciano cambiare idea, anzi, la prevista Unione Bancaria per le Banche di sistema dovrebbe rafforzare il ruolo dell’Istituto di Francoforte e rassicurare ulteriormente i mercati. E’ sul primo punto della scommessa, la crescita del PIL, che nutro, caro Professore, gli stessi suoi dubbi. Sarà capace questo Governo di andare oltre l’austerità? Ora che anche il duo bocconiano A&G ha definitivamente abbandonato le idiozie della Contrazione Espansiva e chiede minori tasse, ma con tagli sulla spesa pubblica molto, molto dilazionati nel tempo (articolo del Corriere di ieri), sarà capace il nostro Primo Ministro di negoziare, anche a muso duro, con l’Europa (leggi Merkel) una politica dei due tempi, seria, fatta di riduzione del cuneo fiscale, ma allo stesso tempo di sostegno alla flebile ripresa tramite Invs. pubblici e spendig review certosina?
    E’ questo, secondo il mio modesto punto di vista, il vero nodo politico da sciogliere nei prossimi tempi e che avrà effetti quasi definitivi sul tenore della ripresa (attesa). Perché se questa sarà debole o, peggio, assente, i mercati torneranno a picchiare e l’Euro a scricchiolare di nuovo.

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  8. Pingback: Controcorrente » Il trucco contabile di Saccomanni » OpenWorld

  9. Paolo Spinoglio

    13/10/2013 @ 16:54

    Economisti da strapazzo. Tremonti e Saccomanni troppo imbevuti di vecchia economia e con tutto rispetto verso le loro persone è difficile che possano avere una visione fuori dalla loro professione. Il primo non ha mai semplificato la macchian fiscale, il secondo vede i conti come un ragioniere laureato. Senz’altro un “falegname” illuminato come Ministro della Economia sarebbe più adatto al momento. Un pò di rozzezza verso le lobbies collegate alle combutte finanziarie internazionali non guasterebbe. Anche uscire dall’Europa sarebbe da considerare seriamente. Se ricordiamo il vero significato dell’effige del Cesare sulle monete romane, ora che la moneta non è più vincolata all’oro, non rimane che convincerci che stampare moneta e regalarla ai cittadini per farle circolare sarebbe la cosa migliore. Magari in quantità pari al 50% del debito pubblico e con una elargizione ogni 50 anni. Non c’è altro modo per uscirne. In fondo il valore della moneta è solo legata alla operosità della nazione. Guardiamoci intorno per convincerci. Tornando alle riforme per la semplificazione, io farei le seguenti:
    - a scelta tassazione del 4% sul fatturato e non sull’utile delle aziende (tipo cedolare secca), con controlli a chi non la sceglie. Così si aboliscono i bilanci delle aziende medio piccole, tanto a chi servono?
    - tassazione delle buste paga del 10%
    - IVA al 15% su tutto
    Perchè non provare per soli 2 anni, credete forse che non facendolo fra due anni staremo meglio?
    E se la finanza internazionale non ci finanza, pazienza. Sarà la volta buona per ridurre la spesa.
    Paolo Spinoglio

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  10. Paolo Spinoglio

    15/10/2013 @ 12:34

    Egregio Prof Piga, il Suo sito blog è interessante. Tuttavia per enderlo ancora più accattivante dovrebbe organizzarlo in modo più semplice. E’ difficile rintracciare i commenti. I web designer ed i web administrator spesso si fanno seghe mentali, pensano che tutti siano come loro. C’è ancora una generazione, nata prima del web, ma che ha diritto ad utilizzalo ed è capace di scaldarlo di quella cultura che manca ai nuovi utilizzatori.

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