Il Colonnello Bortoletti, riferendosi ai dirigenti della sua squadra della ASL di Salerno, che fino al giorno del suo arrivo era una istituzione pubblica disastrata, ed è stata risanata in poco più di 1 anno: “sono saliti sulla nave“. E non ne sono più scesi, fino a quando, perlomeno, è rimasto il Colonnello.
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Post dedicato a chi non crede che si possa riformare l’Amministrazione pubblica facilmente in Italia, lo squadrone degli scoraggiati, delusi, cinici, pessimisti che preferiscono dire “abbattiamo lo Stato” piuttosto che dire “rifondiamo lo Stato”. Dedicato a tutti coloro che non vogliono vedere come Thatcher e Blair hanno fatto di una delle peggiori amministrazioni pubbliche occidentali – preda della parte burocratica del sindacato, preda di baroni universitari e fannulloni – uno scintillante civil service oggi a sostegno di imprese e cittadini. A tutti quelli che credono che “yes we can” lo possano dire solo negli Stati Uniti “perché lì sono diversi”. E dedicato anche a quelli che dicono, e non sono pochi, giù le mani dagli ospedali, dai tribunali, dalle scuole, dalle università, dai musei perché … funzionano bene. Senza capire che c’è sempre meglio che si può fare e che sappiamo fare.
Ma come? Chiedetelo al Colonnello Bortoletti ed ai suoi scoraggiati dirigenti divenuti coraggiosi marinai sul veliero in tempesta. Oppure chiedetelo a chi fa ricerca sul tema del ruolo dei “capi” nelle organizzazioni.
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Ecco l’ovvio che ci raccontano studi scientifici sul funzionamento delle organizzazioni, la loro produttività ed il ruolo dei “capi”: “una azienda può essere altamente produttiva … perché ha lavoratori produttivi, perché ha una tecnologia produttiva, o perché ha capi produttivi che migliorano la produttività dei lavoratori” (tradotto liberamente dal lavoro di Lazear, Shaw, Stanton). E non è facile separare questi aspetti per misurare il valore di ognuno.
Emergono dalla ricerca di questi studiosi 3 risultati: “primo, i capi contano… Sostituire un capo che sta nel peggior 10% come qualità di capo nel campione con uno nel top 10% aumenta il prodotto della squadra di lavoro dello stesso ammontare che si avrebbe aggiungendo un lavoratore ad una squadra di 10 lavoratori… Secondopoi, l’attività del capo è tale da lasciare effetti permanenti sulle abilità dei suoi lavoratori. Terzo, una allocazione efficiente richiede di destinare i capi migliori ai migliori lavoratori, perché i migliori capi aumentano la produttività dei lavoratori di alta qualità di più di quelli bassa qualità“.
Di tutti i risultati della ricerca, il terzo è quello che mi convince di meno. Capisco l’intuizione, ma temo che gli autori sottovalutino gli effetti di lungo periodo. Perché nel dinamico fare quanto suggerito porterebbe ad una forbice che si allarga nelle competenze creando quindi un circolo vizioso delle abilità con i meno bravi che con i peggiori capi diventano sempre meno bravi rispetto ai più bravi.
Ma gli altri due risultati sono tanto ovvii quanto potenti. Indicano la strada maestra per vincere la sfida del miglioramento della nostra pubblica amministrazione. L’eccellenza nella selezione dei dirigenti, arte difficile ma essenziale. Che i francesi sanno gestire in maniera eccellente, se non fosse che, appunto, hanno creato una nuova aristocrazia, un circolo chiuso in cui è difficilissimo penetrare. Un sistema di quote nell’arruolamento della dirigenza pubblica, con un gruppo consistente scelto tra i ranghi dei migliori provenienti da selezioni durissime ed un altro gruppo, una quota, proveniente da altrettante selezioni durissime ma riservate agli strati meno abbienti della popolazione potrebbe essere la soluzione più appropriata.
Sta di fatto che il punto chiave è semplicemente uno: via i partiti dalle selezioni pubbliche, dalle Asl ai Ministeri ai Comuni, con la creazione di un sistema formativo strutturato dall’asilo all’università per migliorare ognuno dei nostri ragazzi e dare lo sbocco nel pubblico ai più bravi e più volenterosi che lo desiderano senza che si trovino barriere all’ingresso nei concorsi. Difficile?
Beh lo fanno altri paesi, lo possiamo fare anche noi.
Dipende dal capo. Sì, sì avete capito bene: dal leader che ci sceglieremo per il nostro Paese. Una sua spinta forte, una presenza costante sul tema, una retorica tutta volta a questi temi farà tutta la differenza del mondo. Sì, si può.
29/01/2013 @ 22:11
E’ un dato di fatto che la sanità italiana ha funzionato meglio di altre, nessuno sostiene che si possa fare ancora di più.
“Yes we can”, non lo può dire nessuno, né negli States, dove il ragazzo-immagine Obama non può fare un cavolo, né in UK dove è stato smantellato lo stato sociale, né qui dove non c’è nessun leader (come si fa sceglierlo?).
OVUNQUE solo schiavi al soldo delle lobby.
01/02/2013 @ 18:00
E.C. (sorry)
La sanità italiana ha funzionato meglio di altre, nessuno “nega” (e non “sostiene”) che si possa fare ancora di più.
08/09/2014 @ 17:33
Alla fine saranno TAGLI LINEARI, perché la formula delle minori uscite uguali per tutti finora è quella che ha dato i maggiori risultati.
Per il CORSERA di oggi, 8 settembre 2014, i ministeri si preparano alla dieta del 3% con una riduzione di spesa per 7 miliardi per dar corpo ai 20 miliardi di euro di taglio della spesa pubblica promessi sempre dal Premier per il 2015.
Per il CORSERA di oggi, 8 settembre 2014, se questo taglio del 3% si applicasse a tutta la spesa pubblica (centrale e locale), a conti fatti, escludendo le spese per investimenti, quelle per il personale e quelle per prestazioni sociali (pensioni, assistenza, sanità, ammortizzatori sociali), si potrebbero realizzare al massimo 6 miliardi di euro.
Infatti, dal totale di 806 miliardi di euro di spesa pubblica prevista per il 2014 dal Def bisogna infatti sottrarre circa 84 miliardi per gli oneri sul debito pubblico, 164 miliardi per gli stipendi dei dipendenti pubblici, 320 miliardi per le prestazioni sociali e 50 miliardi di spese in conto capitale, cioè in investimenti.
Tutte voci che il Premier non può o non vuole tagliare.
Per Enrico Marro sul CORSERA di oggi, 8 settembre 2014, tolto tutto quello che non si può o non si vuole tagliare restano appunto circa 190 miliardi, con il 3% che fa appunto 5,7 miliardi.
Considerando la sola spesa delle «amministrazioni centrali», alle quali i ministeri appartengono, si parte da 353 miliardi al netto degli oneri sul debito pubblico e delle spese in conto capitale. Tolta la spesa per il personale (94 miliardi), restano 259 miliardi. Un taglio del 3% farebbe risparmiare circa 7 miliardi e mezzo: sulla carta, quindi, un terzo dei 20 miliardi di tagli complessivi della spesa pubblica chiesti dal premier potrebbero arrivare dai ministeri.
BASTEREBBE, invece, solo applicare il MODELLO SALERNO alla sanità italiana e NON ci sarebbe bisogno di tagli, tasse, blocchi stipendiali, proteste, TRA L’ALTRO, in linea con quanto detto dal Premier in relazione alla necessità di tagliare LE RENDITE INDEBITE e non i salari
30/01/2013 @ 08:56
Sono totalmente d’accordo.
Il problema è che tra i leader politici non ce n’è uno che possa e/o voglia portare avanti un discorso del genere, perché loro sono proprio la manifestazione del peggio che abbiamo, e non segheranno il ramo su cui stanno appollaiati.
Infatti da decenni tutte le forze politiche si sono impegnate, con successo, nella demolizione sistematica delle strutture formative, dall’asilo all’università e oltre.
30/01/2013 @ 14:57
oggi ho letto questo suo articolo ed e’ come se avessi aperto una finestra sul golfo di Napoli con un sole meraviglioso….che bello condividere che SI PUO’ Grazie professore. In questi mesi ho potuto conoscere persone eccezionali proprio come quelle descritte da lei. Ho girato questo articolo al Ministro Terzi perché’ e’ uno dei pochi che sta cercando di darsi da fare per rendere piu’ efficiente il MAE…chissa’ ne venga folgorato…
08/09/2014 @ 17:37
È dal 2011 – ricorda Enrico Marro sul CORSERA di oggi, 8 settembre 2014 – che si cerca di ridurre la spesa ministeriale, possibilmente con tagli non lineari, ma selettivi, che colpiscano cioè gli sprechi anziché tutte le voci allo stesso modo.
Il primo nel 2011.
Il secondo tentativo di TAGLI LINEARI SELETTIVI si trova nella legge di Stabilità 2014 e nel successivo decreto legge 4/2014, con un pacchetto di misure (accorpamento strutture, tagli su beni e servizi e sulle locazioni) per assicurare una riduzione complessiva della spesa di 500 milioni nel 2014, 4 miliardi nel 2015, 8.9 miliardi nel 2016 e 11.9 miliardi a decorrere dal 2017.
Di questi risparmi fanno però parte 3 miliardi nel 2015, 7 nel 2016 e 10 dal 2017 da realizzare attraverso il taglio delle agevolazioni e detrazioni fiscali se, entro il primo gennaio 2015, non saranno approvati provvedimenti tali da assicurare tagli di spesa equivalenti.
In attesa di tali provvedimenti sono state intanto disposte riduzioni delle spese dei ministeri di un miliardo nel 2015 e 1,2 miliardi dal 2016, che però ancora non sono stati individuate.
BASTEREBBE, invece, solo applicare il MODELLO SALERNO alla sanità italiana e NON ci sarebbe bisogno di tagli, tasse, blocchi stipendiali, proteste, TRA L’ALTRO, in linea con quanto detto dal Premier in relazione alla necessità di tagliare LE RENDITE INDEBITE e non i salari
30/01/2013 @ 17:17
In un Paese a forma di stivale, giacente sul Mar Mediterraneo, correva l’anno
1956 mentre stava concludendosi l’anno scolastico e per il successivo si prospettava, in caso di buon esito degli esami di licenza Elementare, l’iscrizione alle Scuole Medie (previo esame di “ammissione”) che avrebbero dato nel proseguio la possibilità del Ginnasio, del Liceo e dell’agognata, secondo i punti di vista e di interesse, frequentazione di una facoltà Universitaria.
Era roba da figli di papà. Gli “altri” a lavorare o alle Scuole di Avviamento professionali (Commerciali o Industriali), a scelta!
“Giorgio, bambino di 10 anni, era veramente ossessionato dal dover accedere a quelle scuole di mestiere che avrebbero a lui impedito gli studi universitari……
prima ancora degli esami di licenza decise di comprarsi, con i guadagni dalle consegne a domicilio per conto del fruttivendolo accanto a casa sua, quaderni e libri per prepararsi agli esami di ammissione alle Medie (quelle di diritto alle Università).
Suonò alla porta di una Insegnante, presso la quale sua zia lavorava come domestica, parlò con l’insegnante e la supplicò: -mi aiuti! voglio prepararmi agli esami di ammissione alle Medie, io voglio studi universitari- …………………..” ecc. ecc.
Quanti Giorgio hanno dovuto rinunciare alle loro aspirazioni, ieri, come oggi?