Non abbiamo bisogno di aziende più grandi, in Italia e in tutta l’Europa del Sud, ma di più aziende nuove. Non abbiamo bisogno solo di nuovi politici … ma anche di nuovi imprenditori che – invece di sostituire quelli che già ci sono … si aggiungano a loro.
E questi nuovi imprenditori bisognerà andare a cercarli col lanternino, ovunque, tra quelle ragazze e quei ragazzi meritevoli che nemmeno i tagli alle nostra povere, cazzottate scuole e università sono riusciti a fiaccare: anche e forse soprattutto nelle case popolari, fra le figlie e i figli dei disoccupati, dei cassaintegrati, degli immigrati.
Perché non basterà riportare a casa tutti quei brillanti ricercatori che negli anni sono stati cacciati a pedate da un sistema vergognoso, o rifondare completamente il sistema della formazione, o aiutare i neolaureati a non smarrirsi nella selva dei contratti a termine dai quali non si impara e non si guadagna nulla. Dobbiamo rinfrancare chi oggi si sente dimenticato, scoraggiato, messo da parte in un’Italia intrisa di nostalgia e pessimismo, ma le idee le avrebbe. Penso a tutti … a chi è nato svantaggiato e a scuola c’è andato poco e male e ha dovuto ascoltare e vivere nella negatività per anni, alla fine convincendosi dell’assoluta impossibilità di diventare un piccolo imprenditore, ma le idee le avrebbe. Ne ho conosciute parecchie, di persone così. Ne conosco parecchie. La mia città, Prato, è stata costruita da gente così, nata povera e poi riuscita col lavoro e col merito a trovare il benessere. Penso anche agli immigrati venuti da noi per sottrarsi ad un destino di povertà, gente spesso motivatissima e animata da quella furibonda, sacrosanta voglia di emergere grazie al lavoro che in Italia, oggi, tanti sembrano avere scordato o smarrito.
Bisogna andare a cercare le migliori e i migliori di quella generazione dimenticata, alla quale ormai tanti anni fa era stato promesso - ricordate ? – un nuovo miracolo italiano, e affidare loro l’incarico di far nascere una nuova imprenditoria piccolissima e di massa, perché solo loro potranno creare posti di lavoro veri e duraturi.
Abbiamo bisogno di nuove idee, di nuove aziende che usino la globalizzazione invece di subirla, che ricordino la cruda lezione del declino del manifatturiero e siano capaci di superarla e sublimarla. Aziende che producano solo ed esclusivamente, e programmaticamente, prodotti impossibili di fabbricare a prezzo ridicolmente più basso in Cina o in India o in Vietnam. Aziende diversissime tra loro, certo. Aziende senza neanche una macchina, che producano e vendano idee ed esistano solo su internet. Oppure, ancora, aziende artigianali però nuovissime, che sappiano mettere in comunione l’artigianato delle mani con l’artigianato del pensiero per creare qualcosa di completamente nuovo: un artigianato …. che miri a uno sconfinato mercato globale sempre affamato di nuovi prodotti che nascano da nuove intuizioni, la cui avanguardia sono i milioni e milioni di turisti che anche ora, in questo momento, si trovano in Italia, entusiasti di poter vivere qualche giorno nella gloria di una nazione letteralmente fatta di arte e di bellezza.
Migliaia e migliaia di aziende piccole e furbe e agili che sappiano vendere prima di tutto cultura, e riescano ad ispirarsi all’individualismo contagioso e italianissimo che sempre regalato vita e anima all’artigianato, e che può consentire ancora oggi di creare prodotti di gran qualità … figli di idee guizzanti che riescano a far tesoro del lascito che ci giunge dal Rinascimento, ed è l’unico punto di forza che ci viene universalmente riconosciuto….
Aziende delle quali io non riuscirò a capire né il funzionamento né l’utilità ma i miei figli sì... non mi permetto di indicare cosa potrebbero inventarsi, perché le mie idee sono già fatalmente obsolete … Se lo capisce la mia generazione, allora è un prodotto vecchio e probabilmente esiste già.
Negli Stati Uniti d’America, tra il 1980 ed il 2005, praticamente tutti i nuovi posti di lavoro furono creati da società che avevano meno di 5 anni.
Edoardo Nesi, Le nostre vite senza ieri, Bompiani.
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