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Distribuzione, stupide recessioni e banchieri centrali illuminati

“Saldo nullo, saldo nullo”. Ministro Barca, Piazza Pulita.

1. Che cosa ci sia di speciale nell’avere un saldo nullo nella manovra non mi è chiaro. Al di là della carenza di strategia comunicativa (“saldo nullo” dà idea di nullità dell’azione di governo), non credo comunque sia vero perché, in attesa della relazione tecnica, la manovra messa in allegato del testo di legge riporta una diminuzione di 0,3% PIL (6 miliardi di euro) dei saldi netti da finanziare. Se complessivamente variazioni di spesa pubblica e tasse riducono il deficit, il loro impatto quantitativo è recessivo, specie se basato su tagli di spesa, fortemente recessivi. Quindi, benvenuto 2013, con un altro bel meno in più sulla crescita 2013: con 0,3% di PIL circa di manovra, beh, con un moltiplicatore cauto di “1″, una ulteriore decelerazione (nel bel mezzo della recessione!) 2013 di 0,3 di PIL non ce la toglie nessuno. Aspettatevi tra 1 anno qualche aggiornamento ritardato del Governo sulle aspettative di crescita in “sorprendente” calo. E, ovviamente, col PIL che scende, aggiungiamoci con la matita rossa, l’ennesimo crollo successivo delle finanze pubbliche e causa della peggiore recessione. Incredibile ripetizione tafazziana di masochismo sulla pelle del Paese.

2. Se la manovra fiscale meno irpef più iva viene definita complicata del Ministro Grilli allora va certamente guardata nel dettaglio delle singole situazioni. Cosa che tenta di fare meritoriamente il Sole 24 ore, facendo emergere una eterogeneità, appunto, ma restrittiva per la maggior parte delle famiglie (specie quelle meno ricche):

Faccio parlare gli articolisti:

In molti casi l’effetto reale del menu fiscale servito dalla legge di stabilità, se uscirà confermato dai passaggi parlamentari, potrà essere ancora più duro di quello indicato nelle tabelle, soprattutto per i redditi bassi. Per due ragioni: quando il reddito lordo non si allontana troppo da quota 10-15mila euro, basta un carico di famiglia o una detrazione per lavoro dipendente (non calcolate negli esempi perché non modificate dalla legge di stabilità) per azzerare a monte l’imposta, vanificando qualsiasi effetto della limatura assestata alle due aliquote inferiori. Nei calcoli rappresentati nei grafici, poi, l’aumento Iva è stato applicato direttamente in modo proporzionale ai consumi ma l’appesantimento delle imposte indirette rischia di alimentare una dinamica inflattiva che può far alzare alcuni più di quanto sia dovuto al solo incremento dell’Iva.

 

Questo blog si occupa poco dell’aspetto redistributivo delle manovre finananziarie, è vero. E’ preoccupato dell’effetto complessivo della crisi su occupazione e progetto europeo. Eppure non c’è dubbio che la stupida recessione, specie se protratta, finisce per avere effetti redistributivi che accelerano la crisi politica europea.

Qualcuno lo notò, tanti anni fa, nel bel mezzo di un’altra tempesta perfetta.

Erano altri tempi. Sempre tempi di crisi, nera, 1934-1938, ma altri tempi come banchieri centrali. L’allora capo della Fed, la banca centrale Usa, Marriner Eccles, ricorda lo storico economico Skidelsky in un suo bel post,  così parlava, linguaggio inaudito ai tempi odierni (da me tradotto):

Una economia di produzione di massa deve essere accompagnata da consumi di massa. Consumo di massa a sua volta implica una distribuzione della ricchezza per fornire alle persone il potere d’acquisto. Invece che raggiungere un tale tipo di distribuzione una enorme pompa aspirante aveva, al 1929, preso e dato nelle mani di pochi una proporzione crescente della ricchezza prodotta contestualmente.
Ciò era utile ai fini dell’accumulazione di capitale. Ma sottraendo il potere d’acquisto alla massa dei consumatori, i risparmiatori si sono negati quella domanda effettiva per i loro prodotti che avrebbe giustificato un maggiore investimento per accrescere i loro impianti. Di conseguenza, come in una mano di poker quando il chip è concentrato nelle mani di in un numero sempre minore di giocatori, gli altri possono solo partecipare indebitandosi sempre più. E quando il credito finisce, finisce il gioco.”  (Marriner Eccles, Beckoning Frontiers: Public and Personel Recollections p.79)
Bella semantica, ai tempi in cui era la politica a nominare il banchiere centrale che alla politica rispondeva. Tempi moderni erano quelli.

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