Monta la polemica sul team di Draghi e sulle persone prescelte per aiutare ad indirizzare il Recovery nella “giusta” direzione, accusate di non essere troppo keynesiane. A loro volta, orde di giornalisti accusano di sciocchezza (e di cose peggiori) svariati economisti “filo-keynesiani”.
Tutto sarebbe più semplice se ci concentrassimo sulla luna, ovvero Mario Draghi e le sue politiche. Che rimangono a tutt’oggi estremamente austere e restrittive, più restrittive addirittura di quelle già restrittive di Conte, una volta che siano sommati agli stanziamenti a favore dell’economia provenienti dal Recovery quelli sottratti all’economia dalle manovre di bilancio pubblico interno, in linea con quanto lo stesso Recovery obbliga i Governi a fare. Provare per credere, paragonate i due molto simili Documenti di Economie Finanza dei due ultimi Governi, per il triennio a venire: per Draghi, ad esempio, potrete leggere di riduzioni inverosimili di deficit pubblico, mai viste nella storia della Repubblica, promesse all’Europa per i prossimi 3 anni. Punto.
E’ questo che va combattuto, senza un attimo di tregua: l’austerità di Draghi (e di Conte e di Gentiloni e di Renzi e di Letta e di Monti) e dell’Europa. Altro che le irrilevanti e comunque coerentemente conseguenti nomine di nostri colleghi non keynesiani a fare, in fondo, semplicemente “i consulenti per un dipartimento di consulenza di un comitato di coordinamento, e in un ambito esterno alla struttura che gestisce il Recovery”.
E questa lotta va fatta anche se già sappiamo purtroppo come andrà a finire questa storia delle politiche austere: “la saggezza del mondo insegna che è cosa migliore per la reputazione fallire in modo convenzionale, anziché riuscire in modo anticonvenzionale” (J. M. Keynes).
Scultura: Trattativa di Angela Maria Piga