Oggi sul Sole 24 Ore (versione più lunga)
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E’ bene cercare di fare chiarezza, per meglio comprendere le vie d’uscita alla crisi in atto, sulle diverse alternative a disposizione del Governo italiano per affrontare la crisi, partendo dall’assunto (ribadito anche da Mario Draghi) che l’Italia avrà necessità di aumentare il ricorso a risorse esterne (e non a tassazione) per sospingere la propria economia fuori dalle sabbie mobili, in cui rischia di essere inghiottita, per il mezzo di un sostanzioso intervento pubblico.
A tal fine, sarà utile distinguere tra due possibili situazioni in cui potrebbe venirsi a trovare il nostro Paese. La prima, una per la quale l’intervento necessario è sì importante ma non è tale da superare una soglia di domanda di fondi tale da non poterlo fare autonomamente. Diciamo ad esempio che 100 miliardi di euro di spesa (compresi i 25 già approvati ed in aumento) sia tale soglia critica. E’ evidente come la capacità di finanziarsi autonomamente sui mercati dipende anche da tanti fattori poco controllabili del nostro Governo, quale la fiducia dei mercati, ma comunque sufficientemente sotto il controllo dell’Europa nel senso che pare esservi un consenso generalizzato, almeno su questo, che i Governi possono violare il Patto di Stabilità e procedere in autonomia senza che vi sia opposizione da parte di un qualche altro Stato membro dell’Unione europea. Se tuttavia il Governo italiano volesse spendere al di sopra di tale soglia, magari perché la crisi si protrae o si protrae il pessimismo e/o la non capacità di riprendersi del nostro Paese, allora ciò potrà essere fatto solo con un aiuto di risorse esterne.
Esaminiamo la prima situazione, ovvero di necessità inferiori ai 100 miliardi di euro che l’Italia può trovare in autonomia sui mercati, emettendo titoli di Stato della Repubblica. In tal caso il vantaggio del ricorso a un eurobond o ad un finanziamento del MES senza condizionalità di successiva austerità (quest’ultimo vietato ancora oggi dai Trattati, il primo invece mai previsto) pare limitato rispetto allo scontro politico che pare necessitare. In effetti l’unico vantaggio per noi sarebbe quello di godere di condizioni di mercato favorevoli con uno spread minore, magari pari a zero, visto che probabilmente MES o eurobond sarebbero capaci di ottenere fondi a tassi molto competitivi. Dato lo spread attuale di 200 punti base, su 100 miliardi risparmieremmo dunque grazie a questi strumenti circa 2% di spesa addizionale per interessi, 2 miliardi di euro. Non molto. Se per di più si considera che i paesi europei che si oppongono a tali proposte lo fanno perché temono di vedersi piombare addosso il rischio che l’Italia fallisca e ripudi questa parte di debito caricandolo sui contribuenti europei per un massimo di 100 miliardi (direttamente con l’eurobond, indirettamente per il MES con la perdita di capitale di questo che è finanziato dagli Stati membri), si può ben capire come la posta in gioco sia talmente squilibrata da non avere che pochissime possibilità di vedere la luce. Lo stesso tra l’altro varrebbe per una terza opzione, altrettanto delicata in senso politico, ovvero quella di far sì che la BCE acquisti direttamente in asta (cosa a tutt’oggi proibita e che richiederebbe anch’essa una modifica degli statuti europei) i nostri titoli di Stato finanziando la nostra spesa pubblica: sempre di debito trattasi, sempre un risparmio di 2 miliardi circa si andrebbe a generare, sempre di una perdita di capitale (questa volta della BCE) si tratterebbe in caso di default italiano.
Diversa appare la situazione per la quale l’Italia necessiti di molte più risorse di quante non ne possa mobilitare autonomamente sui mercati per ovvii motivi di credibilità. Immaginiamo dunque che l’Italia abbia bisogno di un totale di 170 miliardi (10% di PIL, equivalente in proporzione alla manovra fiscale a cui sta pensando Trump per gli Stati Uniti) e che di questi solo 100 possa sperare di ottenerne autonomamente. A questo punto il nostro Paese, in assenza dei 70 miliardi di euro residui cadrebbe in una crisi tale (scenario prefigurato non solo da Draghi ma anche dal Presidente Mattarella nel suo recente discorso) da generare rivolte sociali tali da rendere inevitabile l’uscita dall’euro per stampare la propria carta moneta e finanziare direttamente i 70 miliardi (o 170, perché a quel punto forse i mercati si ritrarrebbero) di spesa. Uno scenario a cui l’Europa deve guardare con grande attenzione se non vuole mettere a rischio l’intera sua costruzione. E a poco vale dire che ci rimetteremmo fuori dall’euro, o che saremmo preda di un processo di (non sicura, dato lo stato dell’economia) iperfinflazione: la probabilità in questo scenario che in Italia si modifichino le maggioranze politiche a favore dell’uscita dall’euro non sarebbero certamente poche e quindi la questione va attentamente analizzata.
E’ evidente che finanziare quei 70 miliardi via MES o eurobond o acquisto in asta da parte della BCE sarebbe un contributo importante alla tenuta del nostro sistema e dunque di quello europeo. Eppure sarebbero, queste mosse, comunque un cannone a media gittata, nel senso che sempre di debito da restituire si tratterebbe (a meno di non immaginare un nostro default rispetto ai nostri finanziatori europei, che tuttavia generebbe equivalenti rotture politiche, e dunque a che pro? Tanto “varrebbe” uscire subito dall’euro) e dunque di aiuto a metà. Se ragioniamo, come stiamo ragionando, di uno scenario di drammatica intensità recessiva che richiede un intervento enorme in termini di risorse per salvare il Paese, tanto vale che questo intervento sia fatto con il cannone a più lunga gittata possibile: un cannone capace di ridurre il peso di rimborso del debito per il nostro Paese e rilanciare credibilmente le nostre prospettive di crescita.
E’ a questo cannone a cui forse pensa Draghi quando sostiene la causa di una garanzia pubblica al 100% per le banche sui prestiti da concedere alle imprese in difficoltà. Con un solo rischio immenso: che la Repubblica italiana debba trovare i soldi per far fronte all’escussione delle banche della garanzia, trovandosi dunque lo Stato italiano a dover finanziare questi esborsi, di nuovo con una soluzione del tipo europeo di cui sopra.
Ma una soluzione migliore ci sarebbe, il vero cannone a lunga gittata: senza debito, la stampa di carta moneta da parte della BCE, come farebbe un vero Stato federale europeo, direttamente trasferita sui conti delle imprese o dei cittadini in difficoltà. Con un elicottero sul Paese che faccia scendere dall’alto le banconote europee saremmo certamente in territorio nuovo, dove la politica monetaria diventerebbe, come poche volte nella nostra storia, politica fiscale, e di cui conosciamo poco le conseguenze. Ma d’altronde conosciamo altrettanto poco le conseguenze economiche del virus, e sarebbe dunque lecito ipotizzare che a questa incertezza del male si opponga con altrettanto vigore uno strumento, seppur incerto, del bene che abbia la possibilità concreta di combatterlo, salvando il tessuto europeo e rispettando in larga parte le esigenze di tutti i Paesi coinvolti, primo segno visibile di un’Europa unita.
01/04/2020 @ 22:17
Salve Professore,
Anzitutto complimenti per questo suo articolo brillante e per la capacità di delineare i vari scenari.
Un trasferimento totale del debito dello stato italiano a livello europeo azzererebbe lo spread per sempre e non avremmo più necessità di questa parola nel nostro vocabolario risparmiando decine di miliardi di euro. Da qui si potrebbero ricavare i 70 miliardi del suo esempio…che ne pensa?
Un caro saluto
Fabio F.
01/04/2020 @ 22:51
Dubito che gli europei lo accetterebbero…
02/04/2020 @ 09:40
Ciao Gustavo, complimenti, molto bello e convincente!!
03/04/2020 @ 19:25
Un abbraccio forte Carlo.
03/04/2020 @ 08:27
Buongiorno Professore e complimenti per l’articolo molto esaustivo.
Lei ritiene che Bruxelles risponderà adeguatamente a questa situazione?
Io ho qualche dubbio in proposito, perché mi sembra che i burocrati europei si stiano inoltrando volontariamente in una serie di sofismi, di cavilli, di termini e sigle (l’ultima è il SURE) che dietro a tante complicazioni nascondono giocoforza la fregatura che però, deve essere ben celata alla gente per salvaguardare l’immagine sia di chi propone il pastrocchio, sia di chi l’accetta.
E pensare che sarebbe molto semplice…nel nostro caso la BCE crea dal nulla 200 miliardi (quanti ne ha creati per il QE?), ce li presta a tassi irrisori e noi li restituiremo con moolta calma (50 anni?), senza impegnarci a dover vendere un rene per garantire la loro restituzione (le famose condizionalità).
Con quei soldi si agirà sia sulla domanda (helicopter money e/o un importante riduzione delle aliquote IRPEF) che sull’offerta (lavori pubblici di ristrutturazione per bonificare l’ambiente, curare il verde, smaltire l’amianto, risanare strade ponti ed acquedotti, salvaguardare le opere d’arte, ammodernare gli impianti delle strutture pubbliche ecc.).
Non è complicato, è un semplice prestito a lunghissimo termine.
L’importante è che i nostri rappresentanti siano pronti con un eventuale piano “B” e soprattutto non accettino proposte che, per salvaguardare l’Europa, ci creino situazioni inaccettabili per il futuro, anche prossimo, nostro martoriato Paese.
11/04/2020 @ 19:02
L’Europa non sono gli USA e non lo saranno mai.
Noi abbiamo diverse lingue e culture nazionali (fonte di insicurezza), loro no
Noi abbiamo gli spread tra i vari stati, loro no (pur avendo gli stati).
Noi abbiamo la BCE che presta solid alle Banche (che ne riversano solo una minima parte nell’economia reale, a tassi ben più alti), loro hanno la FED che stampa
Noi abbiamo nazioni come Olanda, Lussemburgo e Irlanda con le loro corporate tax fanno concorrenza sleale agli altri stati. Loro hanno il Delaware … forse l’unica similitudine.
STAMPIAMO moneta in tagli che possano circolare solo in Italia e chiudiamo questa farsa dove siamo la nazione che in 20 anni di Euro si è maggiormente impoverita, dove i politici eletti e non eletti non decidono nell’interesse nazionale, dove a furia di tagli il paese si sostiene con il volontariato e le donazioni.
Covid-19 è l’amara conferma che l’Europa sociale NON esiste, nessuna solidarietà, solo interessi e speculazione finanziaria.
Valorizziamo tutto quello che abbiamo, impariamo dagli USA a fare sistema e torniamo ad essere leader partendo dal mediterraneo!
11/04/2020 @ 19:17
Lei paragona mele e pere. Non si può fare.
Deve paragonare l’Europa di oggi, a 20 anni dall’euro, con l’America del 1810. Lo faccia: lingue diverse, culture diverse, bond diversi, niente banca nazionale, stati-nazioni in concorrenza tra loro.
Certo che non esiste la solidarietà tra stati, non esisteva nemmeno negli Stati Uniti, arriverà nel 1930.
Quindi il punto vero non è quello che lei solleva, ma: siamo disposti a convergere lentamente come gli Stati Uniti per diventare nel 2100 l’Europa unita? Lei dice no, io dico sì. Perché lei si sente italiano e basta, io italiano d’Europa. Non vedo in nessuna delle due posizioni qualcosa di brutto, solo gusti diversi. Alla fine la spunterà la somma dei gusti e l’intelligenza (o la stupidità) dei leader.