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Sconfiggere il virus che attanaglia l’Europa

Oggi sul Sole 24 Ore il mio articoo.

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        Il circolo che si è creato tra misure sanitarie ed economiche va chiarendosi sempre più. Mano a mano che apprendiamo a conoscere meglio il virus e la sua potenza di diffusione, restringiamo sempre più con regolamenti e normative l’estensione delle attività produttive e sociali; per attutire il danno ai mercati di questi, aumentiamo la portata dell’intervento della politica fiscale e monetaria a supporto dell’economia stessa.

E’ fenomeno che riguarda tutte le istituzioni coinvolte: italiane, europee, mondiali. Da noi, si è partiti dalla “manovrina” di 5 miliardi e siamo giunti a quella di 25, mentre la Germania annuncia l’abbandono della regola costituzionale sul limite al debito a causa dell’emergenza; in Europa, da un aiuto di analoghi 25 miliardi siamo oggi alla sospensione del Patto di stabilità e al piano da 750 miliardi della BCE. Negli Stati Uniti misure perlomeno simili sono annunciate.

E’ dunque probabile che al crescere della comprensione dell’estensione del virus non ci si fermi qui e che questo per l’Europa comporti nel campo dell’economia ulteriori interventi, assieme a ulteriori sospensioni o modifiche dei Trattati. I primi scricchiolii di questi sono già evidenti: c’è chi parla di corona-bond europei, sinora e tuttora invisi agli Stati membri del Nord, ad un MES (la banca salva stati) senza condizionalità e annesse pretese di susseguente austerità, ad una BCE che compri direttamente in asta i titoli di Stato a, infine, un trasferimento diretto di carta moneta stampata nei conti correnti di aziende e famiglie. Politica monetaria e fiscale cominciano ad assomigliarsi sempre di più, rendendo evidente la dimensione politica di istituzioni che si è cercato nei primi anni del secolo di far apparire indipendenti da questa, come la Commissione europea e la banca centrale stessa.

Il virus sta dunque contagiando – assieme ai cittadini, alle loro vite ed interazioni sociali – l’intera struttura europea e, proprio perché dopo che sarà questo sconfitto la nostra vita non sarà mai più uguale a prima, non potrà più esserla quella dell’Unione europea. Non sarà cioè possibile ritornare come se niente fosse ad un identico Patto di stabilità o ad un’identica ed indipendente banca centrale europea, come se nulla fosse accaduto.

Potrebbe essere che la crisi avrà sollevato un tale moto di solidarietà comune tra stati membri che sembrerà naturale immaginarci finalmente come quegli Stati Uniti d’Europa che a molti parevano lungi dal materializzarsi, come per gli Stati Uniti d’America che dovettero aspettare quasi 150 anni dalla loro nascita (con una guerra civile in mezzo) per vedere sbocciare istituzioni federali a Washington a supporto di tutti i singoli stati simultaneamente.

Più probabilmente, perché le culture nazionali resisteranno ancora ad una cessione piena di sovranità, sarà invece l’esigenza di garantire una ripartenza immediata di un’economia europea a terra che richiederà mosse straordinarie di sostegno. Ma stavolta mosse non di breve, ma di medio e lungo termine: non bisogna infatti sottovalutare l’impatto sociale che avrà lasciato prima di arrendersi questo virus, la sua devastazione in termini di fiducia sul futuro, l’esitazione a rapportarsi con altri quotidianamente, la riluttanza a scambiare con altri, specie se stranieri. Questi effetti di lungo periodo di shock temporanei, chiamati anche effetti di isteresi, possono incidere sul DNA stesso delle persone: dopo la devastante Grande Depressione seguita al crollo azionario del 1929, un’intera generazione di cittadini, per lo più quelli in età lavorativa, cambiò radicalmente il suo atteggiamento verso i consumi, mantenendo anche a distanza di molti decenni un atteggiamento precauzionale che si tradusse in aumento di risparmi ed esitazione a spendere. Venne allora chiamato in gioco l’intervento del settore pubblico, non soltanto durante il New Deal di Franklin Delano Roosevelt, ma anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, con un chiaro segnale a tutti gli operatori economici e sociali che non si doveva più temere, perché ci sarebbe stato lo Stato ad intervenire in qualsiasi situazione di potenziale difficoltà. Ciò aiutò a restaurare la fiducia e ad evitare una facilmente pronosticabile stagnazione di lungo periodo.

Nelle parole, oggi ancor più valide, del Premio Nobel Sims che guardava all’Europa ai tempi della crisi del 2011: “si richiede una politica fiscale che sia espansiva ora, senza impegnarsi né a tagliare nel futuro la spesa né ad aumentare le tasse future per preservare la stabilità dei prezzi”. Un’affermazione che coinvolge dunque anche la banca centrale.

E’ bene dunque che si cominci a ragionare sin da ora alla ricostruzione – come dopo una guerra – che dovrà venire, prima di tutto della fiducia, secondo poi dell’economia. E che lo si faccia come negli anni cinquanta: senza troppi lacciuoli e cavilli contabili, ma con visione di lungo periodo e passione civile, a partire da quella dei governanti che inevitabilmente dovranno rinnovarsi.

E’ evidente come andrà ripensato l’intervento pubblico dello Stato nella sanità, nelle scuole, nell’informatica, lasciate deperire in questi anni di folle austerità: andrà fatto investendo pesantemente nella qualità di ciò che è pubblico, per essere più resilienti di fronte alla sfide del domani e a supporto concreto del settore privato.

E’ anche evidente che se ciò verrà concesso, potremo anche immaginare di farlo all’interno di un’Europa anch’essa rinnovata nello spirito e intenta con lo sguardo verso una missione all’altezza di tempi sfidanti che ci aspettano. Altrimenti, sarà meglio andare ognuno per la propria strada in attesa di tempi migliori.

15 comments

  1. Roberto Evoli

    26/03/2020 @ 09:17

    Tutto corretto, condivisibile da tutti, ma che ci pone un grande interrogativo e quindi incertezze che si scontrano sulla necessità invece di avere fiducia:
    Durante WW2 avevamo leaders come Franklin D. Rooselvent, W. Churchill e subito dopo la fine della guerra, Harry S. Truman, Konrad Adenauer, Jean Monnet, Robert Schuman, Alcide De Gasperi. È questo che fa ora paura alla gente comune: chi saranno i nostri leaders in grado di gestire questa ricostruzione economica ?

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  2. Marcello Romagnoli

    26/03/2020 @ 09:20

    Il problema è che ancora oggi, i paesi del Nord Europa, dicono di no a eurobond senza condizionalità.

    Mi domando quanto ancora continuare con questa idea che ci possa essere solidarietà tra i paesi Ue. Non c’è, non c’è mai stata e non ci sarà almeno nel medio periodo. Inutile sperarci. Lei ha letto cosa dicono gli economisti tedeschi molto ascoltati dai politici?

    Klaus Regling, il direttore del MES dice “Quindi Italia e Spagna “Dovranno inginocchiarsi” per ottenere l’accesso a MES; quello che tutti coloro che NON vogliono il bene dell’Italia desiderano. Ma dovremo veramente farlo ”

    Inoltre se salvassimo l’euro. passata “la nuttata” ci ritroveremmo con gli stessi problemi di sempre dovuti a una moneta non adatta alla nostra economia.

    Prof. Piga, se lei è veramente un europeista convinto come me, che ci credo veramente, dovrebbe convincersi che QUESTA Ue, Questo Euro sono nemici degli Stati Uniti d’Europa

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    • Anche io non credo ci possa essere solidarietà, ma lo trovo normale. Come sarà normale averla tra 50 anni. Quindi bisogna remare per guadagnare 50 anni di tempo. Sempre che questa Europa non faccia la follia di non capire nemmeno questa crisi e le sue implicazioni in caso di assenza di politiche espansive (per tutti).

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      • Marcello Romagnoli

        26/03/2020 @ 21:05

        Per quale oscura ragione tra 50 anni potremmo avere la solidarietà che non ci danno oggi? Per quale oscuro arcano? Tra 50 anni saremo più solidali ed evoluti? Lei è un economista non un ingenuo. Come ci arriveremo al 2070 come nazione? Lo saremo ancora?

        No occorre guardare in faccia alla realtà. Da nord arriverà solo condizionalità richieste di austerità. Prima si esce e meglio è. Non sarà una passeggiata. Sarà dura ma poi andrà meglio di così…e potremmo guardarci allo specchio.

        La UE(non l’Europa che è una cosa più grande,) non capirà. Scommettiamo un caffè?

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        • Scusi ma io le ho dato dell’ingenuo? Non si può parlare avendo opinioni differenti senza darsi del minus habens? Lei ha un’idea, io un’altra.
          Se poi vuole sapere perché penso così (da 10 anni) io glielo dico pure ma a me sembra che non gliene freghi nulla. E poi scusi grazie ma che vuole scommettere, io tra 50 anni per fortuna non ci sono più da un pezzo: facciamo tipo manfredi con lavazza in paradiso?

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          • Marcello Romagnoli

            26/03/2020 @ 21:38

            Guardi sono realmente interessato a sapere perché tanta gente crede ancora in un riscatto della UE,. Non è nata per la solidarietà. Nei trattati si parla di solidarietà, ma si parla prima di una società fortemente competitiva che è il contrario di solidarietà. La stessa costruzione della BCE con la sua regola di non poter finanziare direttamente gli stati, ma invece si le aziende private, sta a dimostrarlo. Il Mes nuovo e vecchio è un obbrobrio. Mi sono letto tutto il trattato istitutivo ed è infirmabile per evidente contrasto con i principi fondanti della nostra Costituzione. In primis l’articolo 1 e 11.
            Io bazzico a Bruxelles in alcuni comitati e vedo la spartizione franco- tedesca.. Indecente com’è indecente la composizione del MES.

            PS. Ho detto che è un economista, non un ingenuo. Non le ho dato dell’ingenuo. Non l’ho quindi né offeso né ho voluto farlo, mi guardo bene dal farlo con chiunque per indole.. Se si è sentito tale mi dispiace sinceramente.

          • Guardi io le mando un lavoro, se le va di leggerlo e farmi sapere che ne pensa, dove paragoniamo la storia USA di lentissimo avvicinamento alla solidarietà (150 anni) con quanto succede da noi (da qui i 50 anni). E dove diciamo che per arrivare lì, bisogna cambiare quasi tutto (non l’euro, ma il resto). Dopo aver fatto un referendum contro il Fiscal Compact nel 2014, fallito, non mi arruoli al partito del riscatto.

          • Marcello Romagnoli

            26/03/2020 @ 22:21

            Grazie. Può mandarmi il riferimento. Se è un documento scaricabile o è in una banca dati lo scarico

  3. Giorgio Zintu

    26/03/2020 @ 09:46

    Un intervento corretto nelle prospettive anche se nutro molti dubbi, conoscendo la politica italiana, che si possa definire una qualsiasi manovra sulla qualità degli interventi oltre che sulla loro dimensione.
    Intanto però ci sono dubbi sulla tenuta stessa del Paese. Sono stati chiamati i cinesi, pensando erroneamente che si potessero applicare le medesime misure, viste le enormi differenze tra i due Paesi in termini di tessuto produttivo e capacità finanziarie.
    Non si è pensato invece al Giappone che secondo la Johns Hopkins University ha totalizzato a ieri poco più di 40 morti per covid-19.
    Inoltre si accettano dal governo, col sostegno di un’opposizione che punta a far saltare il banco, tutte le richieste, cassa integrazione sostegni a categorie colpite, fermi di tutto a tempo indefinito. Solo il turismo ammontava a oltre 41 miliardi di euro.
    Penso sia sfuggito anche che non ci saranno pasti gratis per tutti in un Paese sostanzialmente fallito per un debito pregresso da primato e che ancora viene ignorato da cittadini, sindacati e partiti che vivono nel paese dei balocchi e guidano a fari spenti nella notte.
    Le parole di Tridico sulle pensioni suonano come la campana dell’ultimo giro e non ci saranno misure di polizia che potranno evitare la rabbia, i suicidi in crescita, etc..
    Se si aspetta ancora fidandosi del distanziamento sociale, del confinamento in casa, del terore mediatico, per l’economia sarà come quando si gira la chiave dell’automobile e non si mette in moto. La batteria o l’alternatore ci hanno lasciato. Solo che l’officina è chiusa.
    Un saluto

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  4. Salve Professore,

    Secondo lei è possibile che si verifichino livelli elevati di inflazione (come dopo la 2 guerra mondiale)? Potrebbe il debito reale calare per questo motivo?

    Lei esclude la solidarietà internazionale per la cancellazione almeno parziale del debito italiano?

    La ringrazio

    Fabio

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