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Euro o Fiscal Compact: rien ne va plus? No.

Ora che l’euro è pronto ad essere mollato anche dal President Elect Trump, ora che la Brexit è “hard” (dura), ora che Grillo pro-euro è diventato in 1 giorno Grillo anti-euro, si scaldano i muscoli di quelli del “prepararsi all’uscita ordinata” dalla valuta comune. Che ci chiedono di cessare dal difendere a tutti i costi l’euro e di mollare la sua difesa ad oltranza, di smettere di assalire il vero responsabile, l’austerità, lasciandosi andare al coro crescente (seppur sempre piccolo) della casta dei noeurini della liretta.

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Manco morto.

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Non vedo perché prepararsi ad una uscita ordinata: cosa vi è stato di disordinato in Brexit? Si è lottato, si è vinto, si è perso, si è deciso, si è fatto. Quindi smettiamola con questa ipocrisia del “prepararsi”: tipo “prepariamoci alla sconfitta”, un modo geniale per perdere in anticipo. Se e quando “perderemo” (non perderemo) usciremo dall’euro, al diavolo l’ordine o il disordine.

Il “prepararsi all’uscita” è stato uno dei tanti modi con cui la casta dei noeurini ha deciso di scusarsi dalla battaglia per salvare l’Europa tramite la rimozione del Fiscal Compact e dell’austerità. Non che non si possa vincere ancora quella battaglia, in particolare non apponendo la firma al Fiscal Compact nei Trattati a fine anno, ma la loro responsabilità rimarrà negli annali: avrebbero potuto aiutare in maniera importante nella causa contro l’austerità.

Perché non lo hanno fatto? In parte per ignoranza (quelli del “non si può fare perché non si risolverebbe il vincolo esterno”, incomprensibile, 3-), in parte per nazionalismo (quelli del “vogliamo la lira e l’Italia sovrana”, comprensibilissimo, 8+), in parte per oggettiva sofferenza frustrata, generata da questa Europa (quelli dell’”andate tutti a farvi fottere”, ci sta, 6).

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Ogni novità che indebolisce l’Europa, (Grillo, Trump, Brexit) ha questo di straordinario: che aumenta la probabilità della fine dell’euro e quella si generino gli anticorpi per salvare l’euro. Un paradosso? No.

Ci sono infatti sempre state 3 strade per il futuro europeo: rimanere con l’austerità nell’euro, rinunciare all’austerità o rinunciare all’euro. Tutto ciò che diminuisce la probabilità di rimanere con l’austerità nell’euro (come Grillo, Brexit, Trump), aumenta contemporaneamente le altre due probabilità, che si abbandoni l’euro o l’austerità.

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Una battaglia, quella contro l’austerità, che sarebbe a questo punto stata già vinta se la casta dei noeurini avesse cessato dal difendere a tutti i costi la liretta e di mollare la sua difesa ad oltranza, preparandosi per un futuro senza Fiscal Compact né austerità.

Frase già sentita?

Già, è la stessa cosa che si chiede a noi che crediamo nell’euro e combattiamo l’austerità. La conseguenza logica? Non mollano loro, i noeurini, come non mollo io, l’anti austerità.

L’onore va a chi di loro non ha mollato perché vuole vivere in un’Italia sovrana con la sua moneta. La comprensione va a chi ha considerato l’euro il capro espiatorio delle proprie sofferenze economiche. La risata va verso chi, senza soffrire e senza un patriottismo comprovato nel proprio passato, l’ha fatto per dimostrare che la propria teoria economica del vincolo esterno era giusta (ps: è sbagliata).

E ora? Rien ne va plus, aspettiamo che la pallina si fermi? Oh no, se si combatte, si piega la fortuna alle proprie battaglie, e la probabilità di vincere cresce.

12 comments

  1. Caro professore,
    sono d’accordo con lei: abbandonare l’euro sarebbe una mossa azzardata che porterebbe instabilità e fuga di capitali (quelli rimasti) fuori dall’Italia verso lidi più remunerativi (temendo svalutazioni della futura lira…)
    Sono d’accordo con lei: deve essere abbandonata quest’assurda austerità che non porta giovamento ad alcuno se non ai c.d. poteri forti economici.
    Ma un passo credo sia essenziale per il futuro dell Europa ( se veramente la vogliamo): ci deve essere più politica (e organi politici) e più cittadinanza. Mi spiego: chi decide sul futuro degli europei non possono essere banchieri o organi amministrativi economici: devono essere i cittadini attraverso vere elezioni di un vero parlamento e di un vero presidente.
    cordiali saluti
    RMNardone

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  2. Massimo GIANNINI

    18/01/2017 @ 13:22

    Coloro che invocano l’uscita dall’euro per uscire dall’austerità non hanno ancora spiegato come si fa e se sono sicuri che una volta usciti dall’euro c’è l’eldorado senza austerità.

    Nel frattempo il gioco delle aspettative auto-realizzantesi potrebbe farsi più duro, sia per l’austerità che per l’uscita. E’ più probabile che si continui con la prima piuttosto che si realizzi la seconda.

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  3. Antonello S.

    19/01/2017 @ 10:36

    La storia ci insegna che molte Regioni, aldilà della comunità di interessi e di ideali, sono state unite ad una Nazione tramite la violenza della guerra e la rassegnazione del ceto medio-basso.
    Tipico è il caso dei trattati post-bellici accettati supinamente da popolazioni troppo prostrate dalle necessità primarie di sopravvivenza seguite ai conflitti, per poter avanzare istanze irredentiste, mentre le borghesie illuminate, vero e principale stimolo alla classe politica, dovevano semplicemente subire il responso dei tribunali di guerra.
    E’ impensabile ed utopistico pensare che oggi, di fronte ad una classe media, ma anche popolare, profondamente informatizzata ed informata, la politica dei grandi poteri (gli unici che hanno desiderato e progettato questo scempio), grazie ai servigi dei burocrati di Bruxelles, possa riuscire a creare i mitici Stati Uniti d’Europa, senza ricorrere alla violenza.
    Tali poteri ce l’hanno fatta ad imporci, nei tempi volutamente sbagliati, la moneta unica, grazie ad una forzatura politica senza precedenti, ma è illogico che possano raggiungere l’obbiettivo di unire popoli così profondamente diversi in storia, linguaggi, tradizioni e politiche economico/sociali.
    Le volontà autonomiste ed identitarie frutto di tradizioni secolari, sono difficilissime da indebolire (anche se ci stanno provando in ogni modo). Se fatichiamo noi a mantenere in Italia il Tirolo ovvero la Spagna la Catalogna ed i Paesi Baschi, figuriamoci se un olandese od un tedesco potra’ mai accettare i Paesi mediterranei (infatti vedasi il trattamento riservato alla Grecia).
    Quindi la prima mossa da compiere è quella di un uscita controllata e generalizzata dal sistema assurdo e fallimentare della moneta unica ed una riscrittura completa di un nuovo Trattato europeo che preveda esclusivamente collaborazioni commerciali, culturali, di intelligence e logistiche, come avviene in tutti gli altri Paesi del mondo provvisti al 90% della loro moneta sovrana.

    Hiroo Onoda, sottotenente dell’Esercito imperiale giapponese ha trascorso 29 anni in una giungla delle Filippine convinto che la II Guerra mondiale fosse ancora in corso, ma lui ha subito una devastante guerra che nessuno vorrebbe augurarsi in nome di un ipotetico Nuovo Ordine Mondiale.

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  4. PierGiorgio

    08/02/2017 @ 17:29

    Caro professore, l’austerità non è un’appendice dell’euro che può essere tolta come si tagliano le unghie. Austerisectomia? Nein! Perché l’austerità è il corollario della clausola del no bailout, pilastro di Maastricht, e delle ambigue OMT, grazie alle quali Draghi ha potuto dire “whatever it takes” e salvare l’euro. Non si può fare politica fiscale espansiva se la BCE non tiene a bada gli spread, e non lo farà mai senza l’austerità fiscale. Perché così vuole la Germania, che in quanto paese creditore ha molto più potere di quanto non siano le sue dimensioni. E perché così sta scritto nei Trattati di Maastricht, per cambiare i quali ci vorrebbe la minaccia di una guerra mondiale contro la Germania. Un’analisi storica del gold standard mostra che mai i paesi in surplus commerciale e mercantilisti hanno rinunciato spontaneamente ai loro “vantaggi” competitivi, o messo a rischio il “Gruzzolo” di crediti accumulati con il mercantilismo. Alla Germania non interessa se l’Italia è in crisi: vuole esportare e vuole i suoi soldi. Punto. Il resto sono sogni però a volte i sogni sono pericolosi.
    Non mi pare giusto accusare i no euro di rinunciare alla battaglia contro l’austerità, che ne dice, ha qualche esempio? o facciamo un dibattito più onesto?
    Infine è vero che il vincolo estero è spesso sopravvalutato; ma non negherà che la svalutazione di un cambio reale sopravvalutato – tanto più con la disoccupazione alta – aiuti la domanda reale, proprio come la rinuncia all’austerità. E il vincolo estero morde ancor di più con la moneta unica, dove il meccanismo in stile gold standard della demonetizzazione dei paesi in deficit commerciale è molto destabilizzante.
    Non c’è bisogno dell’euro per promuovere pace e cooperazione in Europa anzi…!
    Non mi considero un noeuro: ma senza un dibattito che riconosca agli interlocutori quando they have a point, temo che invece di convergere su soluzioni comuni si finisca per tirarsi i piatti in modo sterile. Mi piacerebbero dibattiti più costruttivi in cui le posizioni delle due parti evolvono.
    Con molta cordialità
    PGG

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    • I couldn’t disagree more. Intanto capiamoci su quale austerità: non quella del Maastricht 1 del 3%, che mi sta benissimo, bloccata sul 3% fino a quando non si esce dalla stagnazione. Ma quella del Fiscal Compact, che nessuno ha ancora capito, per il suo impatto devastante sulle Aspettative degli operatori, congelate per 4 anni ogni anno.
      Cosa ci vuole? Lo ha detto chiaramente il Nobel Sims, che sta abbondantemente dentro questo blog, ma lo riporto qui nuovamente, e fa riferimento alla zona nell’euro: «Si richiede una politica fiscale che sia espansiva ora, senza impegnarsi né a tagliare nel futuro la spesa né ad aumentare le tasse future per preservare la stabilità dei prezzi. Sfortunatamente le persone sono decisamente convinte che questa non è la politica fiscale attualmente seguita. Ci vorrebbe, per portare la gente a credere che ciò veramente avverrà, un cambiamento enorme nel modo di pensare dei responsabili politici e nei discorsi pubblici che fanno.Si richiede al sistema politico che prenda impegni per periodi lunghi e che vi aderisca senza cambiare idea, cosa veramente difficile per i politici.»
      Frase che permette di rigettare frasi come “Non si può fare politica fiscale espansiva se la BCE non tiene a bada gli spread, e non lo farà mai senza l’austerità fiscale”, che sembra non tenere conto che i mercati sono servi della Politica (con la P maiuscola, non quella serva dei mercati), come lo è la BCE (come scrivevo già nel 1999).
      E’ fattibile quanto chiede Sims nell’euro? Tecnicamente sì, politicamente non ancora, è oggetto di (aspro e immenso) dibattito (scontro) politico. Esattamente come l’uscita dall’euro, fattibile tecnicamente, politicamente non ancora ma…
      Gli euro non vogliono la battaglia contro l’austerità per un ovvio motivo: che se vinta, per quanto sopra, comporterebbe la fine della battaglia contro l’euro perché cesserebbe la sofferenza delle tante persone in difficoltà. Mi dirai: e perché mai i noeurini non si dovrebbero rallegrare della fine della sofferenza e accettare di tenersi l’euro? Per un motivo molto semplice: che alla fine della storia, l’economia per fortuna non conta nulla – e questo purtroppo Alberto Bagnai e i suoi buffi disavanzi esteri asimmetrici non lo vogliono ammettere per disonestà intellettuale (ha sempre negato il valore di una politica fiscale espansiva sia in Germania che in Italia, ma asimmetrica, più forte in Germania) – contano i valori ed i sentimenti: e la verità è che chi vuole uscire dall’euro chiede non la fine delle sofferenze, ma la sovranità del tricolore; e chi vuole la permanenza nell’euro vuole la sovranità europea (a venire, non oggi).
      E quindi? E quindi non si può discutere su questo. Sono due valori nobili, importanti, che ci mettono in trincea gli uni contro gli altri, per qualcosa di importante.
      E’ su questo terreno che ci scontreremo e gli alibi economici vanno lasciati a chi parla solo tra economisti e non con legge la Storia né interroga i futuro delle prossime generazioni, trastullandosi con i Target e i disavanzi esteri.
      Un abbraccio

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      • Non mi pare che Bagnai abbia mai negato il valore di una politica fiscale più forte in Germania.
        Da quello che ho letto Bagnai ha detto che la Germania non farà mai una politica fiscale che (nella sua ottica – della Germania) la possa danneggiare.
        Eventualmente lei sa dove lo ha scritto…

        Nel frattempo al contrario di quello che lei ha detto il PD si sta presumibilmente scindendo.
        Il M5S, che fa moltissimi errori – come era facilmente prevedibile – si accinge a vincere NON per meriti propri ma per l’idiozia (idiozia) dei suoi avversari.

        Lei continua a ragionare in termini libreschi mentre in realtà c’è uno split nella classe dominante che si mette a litigare al suo interno, come testimonia l’elezione di Trump.

        Coraggio professore, ne parliamo fra qualche mese quando l’UE sarà in piena crisi e le presunte politiche fiscali del nuovo presidente USA si dimostreranno inutili.

        Lei sa che c’è una colossale bolla di borsa grazie ai QE…fra meno di un anno ne vedremo gli effetti…

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  5. Caro Professore,
    Lodando da un lato la sua battaglia contro i noeurini, nella quale mi troverà sempre al suo fianco, ribadisco le mie perplessità sul tipo di austerità che Lei vuole combattere, sulle condizioni oggettive che ce la impongono e sulla risposta per uscirne (dall’austerità) attraverso la leva del deficit budgettario.
    Sul primo aspetto, possiamo parlare di austerità monetaria o di austerità budgetaria in casi precisi :
    -monetaria, quando i tassi lunghi sono superiori alla crescita nominale in un contesto di crescita molle.
    -budgettaria quando si opera una riduzione dei deficit in un contesto di sotto occupazione e di crescita debole
    Questi 2 fenomeni sono stati concomitanti all’interno dell’euro zona nel periodo 11-13 ed hanno fragilizzato i paesi più deboli ma sono (tecnicamente) inoperanti dal 2014…
    Sul fronte del rilancio attraverso il deficit, le ricordo l’esempio francese (economia di taglia e modello simile alla nostra).
    Ebbene dopo più d’un decennio di spesa pubblica al 57%, deficit pubblico in media al 4,5%, disavanzo primario quasi strutturale, la Francia si ritrova con una disoccupazione al 10%, un debito a 100% ed una crescita che ci supera di ben….4 decimali!
    Non crede che nella sua analisi ci sia qualcosa da rivedere?

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    • Caro Domenico grazie.
      Siamo ancora oggi in una fase di riduzione di deficit in condizioni di sottoccupazione.
      La mia ricetta: deficit fermo al 3% fino a quando la crescita non torni sopra al 2%, con risorse dedicate al finanziamento di investimenti pubblici provenienti da deficit e taglio sprechi.
      Con questa ricetta debito su PIL cala, disoccupazione cala, consenso per Europa ed euro riprende, produttività sale, disuguaglianza scende (e spread cala).
      Attendo verifica sul campo che dimostri mio errore. Fino ad allora, ho ragione.

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  6. Scusi Professore,
    Quello che lei sostiene sull’austerità è vero per l’Italia ma non per l’euro zona.
    Quanto alla sua ricetta siamo al paradosso di Zenone (citato nel mio post del 13/12).
    Se anche aumentassimo la spesa pubblica dal 51 al 57% (per fare come la Francia) pensa davvero che, in tempi ragionevoli, potremmo raggiungere una crescita del 2%?
    (i francesi sono fermi all’1% con un sistema bancario, industriale ed amministrativo molto più virtuoso del nostro…)
    Inoltre l’impatto di investimenti pubblici, essenzialmente infrastrutturali, sulla produttività (in assenza di investimenti privati in tecnologia ed innovazione) sarà molto limitato e lo spread durante questo lungo periodo di rilancio potrebbe toccare vette che renderebbero il servizio del debito un macigno di enormi proporzioni…
    Se non si interviene sui gap strutturali, la sua ricetta ha ben poche chances di realizzarsi e sarebbe molto difficile vendere ai nostri finanziatori (in un contesto politico-economico fragile) la favoletta del rilancio ultra keynesiano…
    Non sarebbe meglio, come propongo (non solo io) da tempo, :
    1)consolidare forzosamente il nostro sistema creditizio per avere 5-6 banche con attivi fra i 500 e 600 mld (come 20 anni fa fece la Francia e come di recente ha fatto la Spagna)
    2)incentivare il consolidamento del nostro sistema di micro imprese per avere gruppi più forti e campioni nazionali la cui tesoreria non fonda come neve al sole ad ogni annuvolamento della congiuntura (è un paradosso che il paese con più imprese nel settore del lusso non disponga di un LVMH o di un Kering e resti in balia di scorribande straniere!!!)
    3)dotarsi di una PA efficiente a prova di infiltrazioni e corruttela degne di un paese del terzo mondo.
    Mi sembra una storia più credibile che si potrebbe vendere ai mercati senza rischiare attacchi speculativi.
    Se poi avessimo un governo forte con la volontà di pesare sugli equilibri in UE potremmo davvero iniziare a risalire la china.

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    • Non mi è chiaro. Le riforme da sole non ci salveranno. Detto questo se lei legge questo blog, la mia tesi è che l’unica riforma fondamentale, a livello politico ed economico, coincide con la sua 3). La sua 2) è abbastanza simile alla mia, anche se io insisto sul proteggere le piccole. La sua 1) non mi scalda il cuore.
      Tutto ciò è necessario ma non sufficiente, come la lotta contro l’austerità, che una sana dose di investimenti pubblici combattono eccome, specie ma non solo in termini di occupazione a basso contenuto di istruzione.

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