A tre grandi amici con cui ho sognato un’Italia migliore che non siamo riusciti a realizzare.
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Il mio amico e collega Riccardo, ormai scatenatissimo su Twitter, mi chiede se ho qualcosa da dire sul BTP cinquantennale emesso dal Tesoro. Certo che sì, anche se stasera non sono proprio dell’umore giusto per scrivere troppo a lungo, colpa di chi mi fa perdere tempo con cose irrilevanti.
Se volete sapere cosa penso, visto che qualche esperienza l’ho maturata nel mio indimenticabile periodo al Tesoro negli anni 90, in cui fummo coinvolti nella prima emissione del primo BTP a 30 anni, con Ciampi Ministro del Tesoro e Fazio Governatore della Banca d’Italia, dovete avere pazienza, chiamo il mio amico Stefano con cui condividemmo quegli anni meravigliosi in cui speravamo in una Italia diversa, e che di gestione del debito ne sa più di qualsiasi altro in Italia, e gli racconto la mia teoria. Lui mi ascolta in silenzio: se non dice nulla, tipo Gola Profonda, io pubblico.
Mi ha ascoltato in silenzio.
Quindi parlo.
Gli ho raccontato di quel bellissimo articolo che scrissi quasi 20 anni fa con un grande economista che solo in tardissima età ha deciso di regalare ai giovani sprazzi di saggezza nelle aule universitarie, Lorenzo. Cercavamo di capire cosa avessero combinato Ciampi e Fazio, mica due grandi amici, decidendo di emettere il BTP a 30 anni. E il nostro lavoro dimostrò una cosa nuova e poco creduta all’epoca ma oggi ben più certa: avevano contribuito in maniera sottile ma evidente a sconfiggere il mostro che dagli anni 70 andava spaventando i governi italiani: l’inflazione. Come, chiederete? Con un trentennale, ma dai… non è possibile!
Certo che lo era, possibile. Perché emettendo un titolo il cui potere d’acquisto era così altamente dipendente da una bassa inflazione (le cedole fisse in euro del trentennale perdono valore, sono mangiate, è ovvio, dalla crescita dei prezzi delle patate), Fazio e Ciampi erano riusciti a creare una potentissima lobby. Quella di tanti risparmiatori che non avrebbero tollerato di vedere cancellati i sacrifici di tanti anni, sacrifici fatti mettendo da parte ogni anno un po’ dello stipendio faticosamente guadagnato. E così l’inflazione scomparve, grazie certo a Fazio ed alla sua rigorosa politica monetaria, ma aiutato dalla lobby anti-inflazionista dei creditori che era stata creata dal nulla con l’emissione dei BTP 30.
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E che c’entra col BTP 50? Anch’esso è stato dunque utile come lo fu l’eroico BTP 30. Macché.
Ogni cosa ha il suo tempo. Il tempo dei BTP 30 era finito. Certo che era finito: perché quell’inflazione che volevamo allora sconfiggere è oggi sconfitta e non mette più paura.
Il nemico oggi si chiama il suo contrario: la deflazione, la diminuzione dei prezzi che, aumentando il reddito dei creditori in possesso di BTP a reddito fisso, contribuisce a impoverire i debitori e i contribuenti, che sono costretti a dover pagare maggiori tasse per restituire più interessi in patate ai detentori dei BTP.
Emettere BTP a 50 anni vuol dire, come alla fine degli anni 90, rafforzare (ulteriormente) la lobby dei creditori. Ma questo rafforzamento stavolta contribuisce a perpetuare una situazione sbagliata e non a farci uscire dalle sabbie mobili della crisi: proteggendo la deflazione, creiamo una più forte opposizione a politiche necessarie, di stimolo alla domanda e ai prezzi.
Ben meglio avrebbe fatto il Tesoro a emettere stavolta titoli non a reddito fisso ma indicizzati alla crescita economica, che avrebbero pagato di più i creditori dello Stato se l’economia si fosse ripresa. Se ci fossero stati Ciampi e Fazio, ne sono certo, avremmo avuto questo tipo di scelta lungimirante, con una lobby pro crescita che avrebbe aiutato l’Italia e l’Europa. Ma altro che Ciampi e Fazio.
Oggi il Tesoro emette un titolo che rende di più ai creditori quando le cose vanno peggio in Italia, con la maggiore deflazione. Creando cosi un Paese sempre meno unito sulla direzione da seguire, più pessimista e masochista.