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Review della Spending Review

Su Panorama oggi.

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Godiamoci questo agosto e non pensiamo al rientro dalle ferie. Anche perché a settembre, quando torneremo, saremo immersi in un drammatico dibattito dagli esiti imprevedibili sul come consolidare i conti pubblici di circa 30 miliardi di euro nel 2015, via aumento di tasse e tagli di spesa, chiesto dall’Europa.

In attesa che Renzi riesca ad ottenere una moratoria sull’ottuso Fiscal Compact, appoggiato anche dal referendum contro l’austerità per il quale stiamo raccogliendo in queste settimane le firme in tutta Italia, è d’obbligo chiedersi cosa si sta facendo per ridurre il tremendo impatto sull’economia che potrebbe avere la manovra di cui sopra.

La domanda vera è una sola: saprà il Governo identificare in pochi mesi gli sprechi dentro la spesa ed evitare tagli di appalti a casaccio che uccidono imprese e occupazione? Filtrano poche informazioni. Alcune inducono a sperare, altre suscitano preoccupazioni.

Tra le prime è la crescente collaborazione a cui assistiamo tra le istituzioni rilevanti per la spending review. Ne è prova la fusione tra Autorità Anti Corruzione ed Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, condizione necessaria per migliorare le sinergie ispettive su una materia, quella degli appalti pubblici, che arriva a generare il 15% del Prodotto Interno Lordo. Ma anche la lettera congiunta di Cantone (capo dell’ANAC) e Cottarelli (capo della Spending Review) a 100 stazioni appaltanti che parrebbero non avere osservato l’obbligo di acquistare presso la centrale di committenza Consip.

Tra le seconde, spicca più di tutte la decisione di dare rilievo decisionale al massimo a 35 stazioni appaltanti. Se è un bene infatti ridurne il numero (che viaggia oggi sulle svariate decine di migliaia), non può che preoccupare una scelta che rischia di far crescere enormemente la dimensione media delle gare pubbliche escludendo il tessuto più dinamico del nostro Paese, le piccole imprese. PMI che, mostrano tutte le statistiche europee, sono, paradosso dei paradossi, tra le più discriminate del Continente nel mercato delle commesse pubbliche e questo proprio dalla “loro” Pubblica Amministrazione!

Una minore partecipazione e vitalità delle nostre piccole imprese significherebbe non solo perdere tutti i risparmi derivanti dal minor numero di stazioni appaltanti a causa della minore concorrenza in gara, ma aggiungervi una minore nostra competitività interna ed estera come Sistema Paese.

Buon Agosto a tutti.

One comment

  1. A me sembra che PMI sia una categoria ideologica: dovremmo scindere le PI dalle MI e ripartire con I ragionamenti.
    Idem per le partecipate dagli Enti locali territoriali: vendere le quote o chiuderle.
    Se dobbiamo impoverirci tutti, credo dovremmo governare il processo: se, invece, pensiamo di crescere ancora a debito, dovremmo trovare chi continuerà a finanziarci. E per fortuna non ci sono le nuove generazioni…

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