THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

Guarino e l’euro mai nato: come procedere?

Giuseppe Guarino, avvocato da molti considerato “principe del foro amministrativo”,  ex Ministro, ha 93 anni. Se li porta come un ragazzino. Il suo linguaggio sull’Europa è più fresco di quello di tanti giovani economisti che usano modelli con le derivate prime o che suggeriscono riforme del mercato del lavoro per risolvere la più grande crisi economica mai conosciuta in questi ultimi 100 anni dall’Europa.

E’ uscito a novembre (anche in lingua inglese) il suo secondo pamphlet “Saggio di verità sull’Unione e sull’euro” che fa seguito a “Un saggio di “verità” sull’Europa e sull’euro – 1.1.1999: il colpo di stato – 1.1.2014 rinascita!?”. Tutti i lavori sono leggibili su:

http://www.giuseppeguarino.it/pubblicazioni/

Lo ho letto cercando di capire quali sono gli assi portanti del suo ragionamento che lo spingono ad invocare per l’Europa “piazza pulita, dunque. E’ necessario. Coloro che hanno operato nel passato hanno gli occhi foderati delle antiche esperienze. Tenderebbero a difendere le passate condotte, per ragioni di principio e/o per tutelare posizioni acquisite. Prima sgombereranno il campo, meglio sarà” e che senza giri di parole identifica come i responsabili di questa crisi “Waigel e Ciampi  (a metà degli anni 90 Ministri dell’Economia in Germania ed Italia, NdR) … privi di qualsiasi interesse personale  … (ma) ciò non annulla le loro responsabilità. Anche i più nobili sentimenti non autorizzano uno scostamento dall’obbligo del più rigoroso rispetto delle norme da parte di titolari dei poteri vertice. Distinte responsabilità sono acrivibili ai titlari di funzioni di vertice nell’Unione e negli Stati membri. Sono tutti quelli che, a partire dalla proposta iniziale del regolamento 1466/97 e sino ad oggi, quali membri della Commissione europea, o titolari delle responsabilità di Ministro del Tesoro, delle Finanze, della Economia (e simili) negli Stati membri, avrebbero avuto obbligo di rispettare e far rispettare i Trattati … Nei confronti di tutti i soggetti elencati, a prescindere da quelli verso l’Unione, sono in ipotesi applicabili le sanzioni costituzionali, penali, civili, contabili previste dal diritto europeo e dai sistemi giuridici degli Stati membri. Tutti costoro, per dignità e per senso di del dovere dovrebbero farsi da parte. Come è accaduto molte volte nella storia, quando un medesimo tipo di responsabilità sia condiviso da molti, i loro nomi cadrebbero presto nell’oblio. Non vi sarebbero altre conseguenze”.

(le sottolineature sono dell’autore).

Parole forti. Ma di cosa si sarebbero macchiati in prima battuta Ciampi e Waigel secondo Guarino? Semplice, di avere, seppure forse benevolmente, tradito il Trattato europeo che sanciva l’obiettivo di crescere armonicamente in Europa verso uno sviluppo sostenibile anche utilizzando, quando necessarie, le leve del deficit e del debito a cui fanno ricorso tutte le grandi potenze nei momenti di difficoltà. Quel tradimento, avvenuto con il “predecessore” del Fiscal Compact odierno, prese la forma del regolamento 1466/97, una forma giuridica inferiore de ed in contraddizione con il Trattato, e dunque nulla giuridicamente, di strumento legislativo europeo.

Più noto come Patto di Stabilità e Crescita, il regolamento che porterà inesorabilmente l’Europa ad adottare il concetto di bilancio in pareggio, fu accettato dalla Germania di Waigel come “unica valida alternativa” all’esclusione dell’Italia dall’area euro, ottenendo “da tutti gli aspiranti alla zona euro l’accettazione preventiva all’assoggettamento in futuro a controlli di gestione massimamente severi” e dall’Italia di Ciampi, lui che era “pronto ad accettare ogni richiesta” essendo “pessimista sulle sorti dell’Italia” e che vedeva“nell’ingresso nell’euro l’unica via di salvezza”. “Quando il principio della parità di bilancio è accettato nel vertice dell’Ecofin a Dublino del dicembre del 1996, tutti si congratulano con Waigel. E’ stata una sua vittoria” .

Capiamo bene: “Secondo il Trattato gli Stati avrebbero avuto ciascuno una propria autonoma politica economica e l’Unione la avrebbe coordinata con direttive di massima. Lo scostamento operato con il reg. 1466/97 rispetto a tale disciplina rappresentò … un grande salto. Alle autonomia politiche economiche di ciascuno Stato membro, sarebbe subentrata la norma, rigida e ferma nel tempo, del bilancio a medio termine in attivo o in pareggio, imposta direttamente dal regolamento. Al coordinamento da effettuarsi da Commissione e Consiglio con direttive di massima e che si sarebbe concluso con “raccomandazioni”, atti non vincolanti (art. 189 Trattato), venivano sostituite decisioni prese dalla Commissione e dal Consiglio, con il concorso del Comitato economico e sociale, qualificate enfaticamente “inviti”, dotati in realtà di forza cogente”.

Guarino non è contro l’euro. Esplicitamente sostiene che l’euro in realtà non è mai esistito (“moneta mai nata”). Perché avviato all’interno di una costruzione fiscale nulla, quella del Patto di Stabilità e Crescita e del Fiscal Compact, perché successiva ed in contrasto con i Trattati da cui sostiene di discendere. Una sofisticata visione, degna dei migliori analisti recenti della crisi europea, premi Nobel come Sims e Sargent, che capiscono politica fiscale e politica monetaria come inscindibilmente legati ed inseparabili.

E questa costruzione fiscale responsabile per lo stato attuale delle cose, che lui chiama “automaton” – ed io chiamo “pilota automatico” – è così descritto: “l’organismo europeo si è robotizzato…Se sono stati commessi errori nella progettazione e se la macchina provoca danni, questi si produrranno sino a quando la macchina funzionerà. Funzionerà, continuando a produrre danni, fino a quando non imploda”.

Non ha fatto solo ciò: “ha soppresso, il regolamento, l’unico spazio di attività politica soggetto alla influenza del cittadini dei singoli stati membri, lo spazio delle politiche economiche a mezzo delle quali ciascun stato membro avrebbe potuto e dovuto concorrere al perseguimento dello sviluppo, nell’interesse proprio e dell’Unione … Soppresso ogni spazio di decisione politica, è scomparso anche il corrispondente spazio di espansione del principio democratico”.

Ovviamente il regolamento non è responsabile di nulla: la struttura di potere che lo ha generato lo è. Ma su questo Guarino, come detto sopra, concorda pienamente, chiedendo la rimozione di quella classe dirigente che ha messo in atto quello che lui chiama esplicitamente un “colpo di stato”. Avvenuto nel 1999 con la nascita del “falso euro”.

*

E un colpo di stato è quello che auspicherebbe Guarino per uscire da questa crisi: “per derobotizzare il sistema occorrerebbe un colpo di Stato, diretto alla creazione di un nuovo regime (democratico) , o quanto meno per reintrodurre, sia pure tardivamente, quello soppresso nel 1999. Appare difficile che avvenga”. E allora?

In realtà, per quanto sia lucida l’analisi di Guarino sulle cause della crisi, è difficile commentare con la stessa convinzione le soluzioni da lui proposte. Nel suo primo pamphlet la soluzione pare essere una nuova valuta comune che nasca dalle ceneri del Fiscal Compact  e del bilancio in pareggio, scelta da quei Paesi – in primis Francia e Italia – che condividano l’enfasi primaria sulla crescita anche nei momenti di difficoltà: se la Germania vorrà esserci, bene, altrimenti peggio per lei.

Per la sua enfasi sul ruolo del Fiscal Compact come causa della crisi e la sua raccomandazione di non temere eventuali abbandoni dalla moneta comune da parte della Germania mi sembra un combinato disposto delle teorie dei referendari anti Fiscal Compact e di quelle degli anti euro.

Nel secondo pamphlet, invece, Guarino pare raccomandare una nuova soluzione, un combinato disposto di una ottimistica maggiore democrazia grazie all’arrivo di nuove generazioni nel Parlamento europeo, e della proposta, come oggi raccomanda Scalfari nuovamente su Repubblica(citando le convinzioni al riguardo di Draghi) , di “fare un salto e puntare sull’Unione politica” come negli Stati Uniti, verso uno Stato federale che accentri la politica fiscale a Bruxelles.

Non potrei essere più in disaccordo con quest’ultima ricetta. E per dimostrarlo utilizzo le parole dello stesso Guarino del primo lavoro: “le idee frequentemente lanciate di federalismo fiscale, federalismo bancario, eurobond, sono ingannevoli. Se attuati in assenza di un potere politico paritario, quindi democratico, i progetti si risolverebbero nell’acquisizione  di maggiori poteri da parte di qualcuno degli Stati maggiori a danno dei minori. Un risultato conseguito per vie traverse, nello stato attuale di confusione e di generale delusione non potrebbe che provocare maggiori danni”.

Detto perfettamente! Una considerazione che il Guarino odierno pare avere dimenticato ma la cui rilevanza sono certo anche oggi non gli sfugga: è ovvio che l’idea condivisa da Draghi e Scalfari di levare per sempre il potere politico fiscale ai singoli Stati membri, in assenza di una condivisione di un progetto solidale comune come quello a cui pensavano i padri nobili dell’Unione europea del dopoguerra, porterà ad un bilancio in pareggio (già lo deve essere oggi quello rachitico europeo) strettamente nelle mani dei tedeschi e dunque esplosivo per la sua incapacità di venire incontro – come invece può e deve fare -  agli Stati in difficoltà, come avviene per i singoli stati degli Stati Uniti.

Di fatto, la scelta del referendum da noi sostenuto questa estate non è stata che il tentativo dal basso di fare quel qualcosa che Guarino sostiene dovrebbe fare qualsiasi governo sostenuto da forze giovani e non compromesse con gli errori del passato: si levi il pilota automatico del Fiscal Compact e si dichiari, come singoli Stati membri, la nullità di quelle firme apposte a regolamenti che non hanno la rilevanza del Trattato originario e sono violazioni di esso, come argomenta il giurista.

La speranza è che tale mossa coraggiosa possa forzare gli Stati come quello tedesco a svelare il proprio bluff e a modificare la propria politica in senso solidaristico senza dover forzare gli altri (o loro) ad uscire dall’euro. Rimane dunque, il ripudio del fiscal compact, una precondizione alle decisioni successive: sia a quella potenzialmente costosa dell’uscita dall’euro in assenza di solidarietà che a quello potenzialmente benefico del rafforzamento dell’Unione europea verso una Unione fiscale basata sulla solidarietà.

13 comments

  1. Pingback: Guarino e l’euro mai nato: come procedere? | nuovAtlantide.org - Nuova Atlantide

  2. Weigel e Ciampi, pur ‘privi di qualsiasi interesse personale… [ma] ciò non annulla le loro responsabilità. Anche i più nobili sentimenti non autorizzano uno scostamento dall’obbligo del più rigoroso rispetto delle norme’ avrebbero realizzato un golpe tentando di costruire l’Euro (che non c’è): questa la tesi del prof. Guarino.
    La tesi mi appare quantomeno eccessiva. In questi giorni sto leggendo un libro (F. Morosini, Banche centrali e questione democratica. Il caso della BCE, ETS 2014) interessante proprio perché, piuttosto di essere deterministicamente contro o a favore dell’euro, ne discute dialetticamente la consistenza economica e giuridica. Che è altro dal negarne sia l’esistenza (cosa piuttosto difficile) sia l’illegittimità (che, ad oggi, nessuna Corte ha fatto).
    Inoltre, affermare che il divieto a `fare debito’ neghi quanto Maastricht medesimo afferma sul ruolo degli Stati come soggetti di politiche di crescita, mi pare eccessivo: basta guardare al cosiddetto `miracolo economico’. E poi, comunque, il ricorso al debito neppure è escluso in via assoluta. Piuttosto, dietro i Trattati ed i regolamenti, il vero vincolo lo fanno i mercati.
    Mi chiedo se, nel passato, entrare nel serpente monetario con una banda del 3%, poi passata al 6% o se, in precedenza, appartenere al dollar standard siano stati o meno altri golpe.
    Cioè, è la tesi del golpe a non convincermi.
    Anche perché la costruzione alle urne di un sistema monetario mi pare difficile; se non addirittura velleitario.

    Reply
    • Credo che l’intuizione fondamentale di Guarino sia la comprensione di cosa sia “politica economica” e di come “politica monetaria” e “politica fiscale” debbano essere un tutt’uno, coordinate per risolvere i problemi del Paese. Il Trattato originale in questo senso è lungi dall’assomigliare al Fiscal Compact: quest’ultimo incide drammaticamente e credibilmente sulle aspettative future, a 5 anni diciamo, di un Paese, in senso depressivo. Che una tale regola perversa sia stata approvata con la forma del regolamento e non sotto forma di Trattato (non a caso Gran Bretagna e Repubblica ceca non lo firmarono) dà l’idea di un processo decisionale anomalo. Che lo si chiami golpe o meno, andrebbe messo nelle mani del voto popolare dopo ampio dibattito che è mancato.

      Reply
      • Non so. Io sono scettico perché ni sembra che i processi decisionali relativi alla politica economica siano sempre stati anomali: ad es. il popolo sovrano nn può interferire direttamente sulle questioni fiscali o sui trattati internazionali. Sulle questioni monetarie mi vengono in mente i talk show de La7 per alimentare il mio scetticismo. Cmq mi sembra indubio che sulla moneta vi sia un problema di democrazia (citavo per l’appunto quel lavoro). Mi sembra però che la soluzione della democrazia diretta nn sia quella giusta, mentre opterei per dorme di democrazia partecipativa da attuarsi grazie alla tecnologia oggi disponibile. Ma, come tutti sappiamo, ci sposteremmo sulla questione del digital divide.

        Reply
      • Le regolette su deficit e debito ecc. sono state e continuano ad essere regolarmente violate. Non sono il cuore del problema euro. I problemi fondamentali sono:
        1. sistema irreversibile di cambi fissi che elimina il cambio come stabilizzatore automatico delle CA e come valvola di sfogo durante le crisi: questo distrugge l’economia dei paesi che avrebbero bisogno di un cambio (soprattutto interno) più debole. L’austerity è imposta dall’esigenza di evitare squilibri di CA, non dal risanare i conti, che ne vengono solo distrutti
        2. debito denominato in moneta di cui lo stato non controlla più l’emissione: questo crea una vulnerabilità fatale del debito pubblico (e potenzialmente anche del sistema bancario, come vediamo in Grecia) e mette ogni stato membro alla mercè dei ricatti della BCE

        Reply
        • La natura reazionaria e antidemocratica dell’euro non dipende da qualche codicillo aggiunto all’ultimo, è intrinseca al togliere agli stati gli strumenti del cambio e del controllo della emissione di moneta. Persi questi strumenti un paese che avrebbe bisogno di moneta più debole, come l’italia, finirà in deficit di bilancia commerciale, e si troverà costretto a reprimere la domanda interna, a distruggere i diritti del lavoro ecc. per non far esplodere i conti con l’estero.

          Per ricordare Mundell:

          “It’s very hard to fire workers in Europe,” he complained. His answer: the euro. The euro would really do its work when crises hit, Mundell explained. Removing a government’s control over currency would prevent nasty little elected officials from using Keynesian monetary and fiscal juice to pull a nation out of recession.

          “It puts monetary policy out of the reach of politicians,” he said. “[And] without fiscal policy, the only way nations can keep jobs is by the competitive reduction of rules on business.” He cited labor laws, environmental regulations and, of course, taxes. All would be flushed away by the euro. Democracy would not be allowed to interfere with the marketplace – or the plumbing. [..]

          The supply-side economics pioneered by Mundell became the theoretical template for Reaganomics – or as George Bush the Elder called it, “voodoo economics”: the magical belief in free-market nostrums that also inspired the policies of Mrs Thatcher.

          Mundell explained to me that, in fact, the euro is of a piece with Reaganomics: “Monetary discipline forces fiscal discipline on the politicians as well.” And when crises arise, economically disarmed nations have little to do but wipe away government regulations wholesale, privatize state industries en masse, slash taxes and send the European welfare state down the drain.

          da: http://www.zerohedge.com/news/2015-05-29/greek-austerity-and-economic-religion

          Reply
          • Lei forse sa che ho studiato con Mundell e ne ammiro la potenza intellettuale. Detto questo, qui sbaglia. E cito un altro ultra conservatore per smentirlo, Milton Friedman, che temeva l’indipendenza dei banchieri centrali, in mano secondo lui alla lobby bancaria. In tarda età, ebbe modo di cambiare leggermente idea e dire che alla fine la politica si sarebbe sempre imposta e che non esisteva un “banchiere centrale indipendente”. Cosa su cui ho sempre concordato (e scritto in tempi non sospetti) chiedendo esplicitamente che questa dipendenza fosse “formalizzata” perché nell’ambiguità non è ovvia la dipendenza assoluta dalla politica. Come lei vede Merkel ha ordinato a Draghi di espandere e lui lo ha fatto. Il problema è che lo ha fatto Merkel, e quindi con grave ritardo, piuttosto che il Consiglio europeo.

        • La non austerità asimmetrica stabilizza i CA. La BCE sbaglia politica monetaria ed infatti come vede appena si corregge il ciclo riprende. L’euro c’entra poco, c’entra eccome la politica e l’ideologia.

          Reply
          • Cosa ha fatto vincere il liberismo imposto ovunque dalla troika?
            Cosa impone a Hollande di rispolverare la legge di Say? Le elezioni democratiche o l’euro?

            Come mai la democrazia italiana dal 2011 è stata commissariata dalla BCE-Merkel? (Lasciamo pure da parte la questione di quanto la BCE sia indipendente dal governo tedesco, di certo lo è da quello italiano)

            E’ successo perché un paese che ha perso il controllo della emissione di moneta ha una vulnerabilità speciale che lo espone nudo alla speculazione finanziaria e quindi ai ricatti della BCE. Essere nell’euro significa che la tua banca centrale (longa manus di una *potenza straniera*) ti ricatta imponendoti politiche in sostanza di *riscossione crediti*… anche a costo di distruggerti l’economia. Questo è il punto 2 dell’essere nell’euro.

            Ma prima ancora c’è l’altra parte (punto 1): quella per cui avere una moneta sopravvalutata ti fa vivere oltre i tuoi mezzi e desertifica la produzione interna. Quando sei a quel punto (crisi di Bilancia dei pagamenti) diventi esposto agli attacchi speculativi sugli asset nazionali, in particolare sui titoli di stato.

            E’ questa combinazione 1-2 a far vincere alcuni paesi e alcune ideologie.

          • Mi sembra che lei valuti che non si possa fare nulla a livello nazionale per uscire da questa crisi e questo a mio avviso è profondamente errato. Ci sono strumenti di riforma che può adottare per migliorare la produttività (altro che job act) e il tasso di cambio reale, ci sono iniziative politiche che può prendere per modificare i Trattati nella sostanza (vedi Grecia). Il problema non è l’euro ma la politica che abbiamo eletto a governarci favorevole al paradigma liberista ed austero. Se non parte da questo si ritroverà fuori dall’Europa con l’austerità e liberismo, altro che politica monetaria libera. Non esistono banche centrali che non fanno quello che chiede il pensiero dominante. Modifichi prima quest’ultimo, con la politica.

          • Nulla è irrecuperabile, negli anni 90 si parlava della crisi tedesca e del suo modello. Non c’è dubbio che hanno visto la globalizzazione arrivare ben prima di noi e che i compitini a casa su alcune variabili strategiche come la qualità della spesa pubblica l’hanno saputa fare meglio di noi, visto che non è solo questione di costo del lavoro o perlomeno è combinato con la questione produttività. Che ora debbano cominciare a mollare per far sopravvivere l’euro che tanto ci dà geopoliticamente se lo usiamo bene è altrettanto ovvio: solo che credo che i cambiamenti culturali richiesti per abbandonare l’austerità vogliono un tempo maggiore di quanto non ne necessiti la risoluzione della crisi, da qui la sfida tutta politica a accelerare il cambiamento, ma in Italia non se ne vede segno, se non nella richiesta di ritorno alla lira.

  3. Sono pienamente d’accordo sul rinnovamento tramite l’introduzione di nuove generazioni nella politica e nelle sedi legislative, ma la cosa più saggia da fare sarebbe guardare veramente ciò che siamo, su quale terreno abbiamo edificato il nostro ormai frantumato sistema. Un modo per uscire dai vecchi schemi per accettare i nuovi inizi, per dirigere a nostro favore il cambiamento.

    Ma quale è stata la storia di troppi giovani in Italia?
    Spesso sperduti, assieme alla possibilità che abbiamo bruciato di fare apparire in loro il significato di futuro, senza averli potuti preparare e attrezzare a condurre con forza e convinzione il nostro Paese e l’Europa verso l’innovazione.

    Che è successo in questo mare di egoismi?
    Il risultato è che forte è stata l’inclinazione a pensare, non ai salari insufficienti come si potrebbe pensare, ma piuttosto che qui non è valsa la pena darsi da fare, perché tanto solo le raccomandazioni sembrano contare, e a pensare a chi un lavoro ce l’ha, come a un individuo assolutamente privilegiato.
    Molti è sempre più numerosi guardano sfiduciati questa realtà, e sentono solo vaghe pressioni o stimoli al cambiamento, a un impegno politico, poiché più forte è la sindrome dell’impotenza di chi si percepisce come inadeguato e quindi insufficiente e inutile alle scelte.
    E allora che dire di una classe politica e di una società che non ha permesso di impiegare quella parte della sua forza vitale, quella che i giovani esprimono con la loro inventiva?

    Ritrovare questo spazio di fiducia, non è solo un esercizio di efficienza economica, prevede da parte di tutto l’apparato grande pulizia e di una metamorfosi che oserei dire antropologica, per cominciare a garantire massima attenzione alla presenza, alle potenzialità, alla progettualità, alla ricerca, alle idee, e al vero bene per la collettività.

    Far sì che finalmente si spezzi quel grande fraintendimento creatosi tra, il fulcro vitale della persona espresso attraverso la soddisfazione del fare le cose bene, con l’appagamento istintuale della bestia a pancia piena.

    Tutto questo non so se sarà possibile e attuabile in tempi utili, grandi occasioni sono state perdute,anche da parte degli educatori, ma rimane comunque fondamentale che avvenga quel salto in avanti con forze rinnovate, che pare auspichi anche Giuseppe Guarino, perché la nostra società possa sopravvivere e diventare esemplare di un paese civile e avanzato.

    E qui assieme ad importanti iniziative Professore vedo forte la sua presenza e quella de i Viaggiatori.

    Reply

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*