Obama, datemi un Obama europeo. Ma non perché tutto quello che dice è giusto, ma perché tutto quello che di giusto dice non trova ospitalità nel Continente Vecchio. Le sue parole si inabissano nell’Oceano Atlantico, o forse oramai si dirigono, baldanzose e accolte con fiducia, verso l’Oceano Pacifico, abbracciate dal Continente Giovane, l’Asia di Abe.
Lo ascolto dire giustamente come non sia solo moralmente sbagliato che gli aumenti di reddito finiscano oggi solo nelle tasche dell’1% più ricco, che l’America continui a rimanere una “winner take all economy” dove quasi nulla viene lasciato alla larga maggioranza degli Americani; ma come sia anche una sciocchezza quanto a ricetta di politica economica.
“Perché quando le famiglie della classe media hanno meno da spendere, indovinate che succede? Le imprese hanno meno clienti che consumano.” Finendo per uccidere l’economia americana.
Obama rilancia, con un discorso forte, la centralità della classe media per le prospettive di crescita di lungo periodo dell’economia a stelle e strisce.
E poi arriva l’economista, un bravo economista, Casey Mulligan, che si scaglia contro Obama. Afferma di non avere mai letto in tutta la sua vita un modello economico in cui la crescita di lungo periodo di un paese dipenda dai consumi e non dagli investimenti. “I consumi crescono se crescono i redditi, non viceversa, sono gli investimenti che generano la crescita di lungo periodo”.
Che errore.
Certo che (anche se non sempre) gli investimenti generano crescita, quelli produttivi in un contesto produttivo. Ma mi ricordo dei bellissimi lavori – fine anni 80 – di tre economisti, Murphy, Schleifer e Vishny che ricordavano come spesso la Grande Spinta, the Big Push, la Grande Industrializzazione, in tanti Paesi è derivata da un’equa divisione dei maggiori redditi (provenienti ad esempio da un boom di export agricolo) che, finendo nelle tasche della classe media, dominante in termine di numeri, con la sua enorme domanda di consumi di beni manifatturieri prodotti internamente, ha stimolato invenzioni ed investimenti che non sarebbero mai stati altrimenti effettuati dalle imprese locali, permettendo, in un circolo virtuoso, a queste di crescere ed imporsi poi sui mercati stranieri.
Obama lo ha capito. L’Europa no.
Così muore l’Europa. A forza di tartassare la classe media europea, con maggiori tasse, e a forza di affermare il mantra della necessità di minore domanda pubblica, l’enorme potenziale domanda interna per i beni prodotti dalle imprese locali sparisce, e con essa le nostre imprese locali e la nostra manifattura. Un danno irreparabile.
Consumata, l’Europa muore.
05/08/2013 @ 13:55
Un bravo economista? E’ un Chicago boy, uno della Austrian school, il cui pensiero in questi anni ha fatto danni incommensurabili. Per lui esiste solo il neo liberismo.
05/08/2013 @ 21:47
Non esattamente, ma è vero che i suoi articoli sono da quella parte, anche se non sempre. Ma come lei sa Georges per me è meglio demolire gli argomenti che le persone.