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Gioventu’ bruciata

Tramite un ampio programma di assistenza sociale, abbiamo colpito alle radici la criminalità … I nostri cittadini che negli ultimi 6 anni non trovavano lavoro non hanno dovuto rubare per non morire di fame. Ovviamente, quando abbiamo creato questi programmi non avevamo in mente semplicemente il ristretto obiettivo di prevenire i crimini. Malgrado ciò, nessuno che sappia quanto possano essere demoralizzanti gli effetti dell’inattività sarà incline a dubitare che la prevenzione del crimine può essere un importante effetto addizionale del nostro sforzo di fornire ai nostri bisognosi cittadini disoccupati l’opportunità di guadagnarsi, tramite un onesto lavoro, quanto necessario per i bisogni essenziali della vita.”

Franklin Delano Roosevelt, Presidente degli Stati Uniti, 17 aprile 1939.

Perché vi siete tutti preoccupati per la notizia di oggi che il tasso di disoccupazione giovanile italiano ha raggiunto il picco del 37,1%, del 5% superiore a quello di un anno prima, nel novembre 2011 quando il Governo Monti si è insediato (l’aumento dell’Unione europea nello stesso periodo è stato solo dell’1,5%), ed è un passo da superare quello portoghese, così entrando sul podio dei primi tre peggiori in Europa?

Tante ragioni. Una che mi preoccupa, così tanto, e che so preoccupare tantissimo anche uomini di valore del Governo Monti come il sottosegretario all’istruzione Rossi Doria, è l’immenso rischio che a queste statistiche si accompagni un lento ma inesorabile sprofondare di tanti giovani nel mondo del sommerso e dell’economia criminale.

Quando abbiamo pensato a scrivere l’appello al Presidente Monti sul garantire un salario di 1000 euro al mese per due anni ai giovani disoccupati che lavorassero nei gangli della Pubblica Amministrazione avevamo anche questo in mente. Non è stato fatto. Colpevolmente?

Un parametro per giudicarlo è chiedersi appunto quale sia il legame, in periodi di grave crisi recessiva come questi, tra introduzione di assistenza sociale e riduzione del tasso di criminalità. Non possiamo accertarlo per l’Italia visto che il Presidente Monti non ha raccolto il nostro appello ma ha preferito costruire un costoso meccanismo di indennità di disoccupazione che incentiva a lavorare di meno e che comunque non tutela i giovani disoccupati in cerca di una prima esperienza lavorativa, le più giovani viti da proteggere dalla grandine, visto che ad essi questa non si estende.

Eppure ci furono altri leader che ebbero il coraggio e la visione di affrontare di petto il problema in un momento di crisi analogamente drammatico, forse di più, di quello odierno. Già, FDR, Franklin Delano Roosevelt tre volte presidente degli Stati Uniti.

Che lanciò un programma di aiuti, di assistenza sociale diretta (in contanti o in natura, come cibo, alloggio, abiti … ) ma anche  di salari (specie agli uomini in età da lavoro) condizionati all’accettazione di una occupazione nel settore pubblico, che cambiarono per sempre il panorama sociale degli aiuti agli indigenti, che da finanziato (poco) dalla beneficenza privata divenne finanziato (molto) dall’aiuto federale voluto da FDR, dal 1932 in poi. Aiuti volti a colmare la differenza tra reddito familiare effettivo durante la crisi e bilancio ipotetico di una famiglia tipo.

Qualche cifra (tratta dal bell’articolo pubblicato due anni fa da Price V. Fishback, Ryan S. Johnson, and Shawn Kantor nel Journal of Law and Economics di Chicago): tra il 1932 ed il 1934 il Governo federale triplicò l’aiuto pro-capite, mentre il totale dell’aiuto pubblico crebbe dai 262 milioni di dollari del 1932 al picco di 1,38 miliardi del 1938, facendo scendere la quota di aiuti privati dal 27% del 1930 a meno dell’1% dopo il 1935.

Cosa avvenne al tasso di criminalità nelle città aiutate dai programmi di sostegno ai disoccupati di FDR? Un aumento dell’1% nella spesa pro-capite in aiuti si associò all’epoca ad una riduzione statisticamente significativa dello 0,154% nei crimini contro la proprietà. Per capirci, ai giorni nostri, una spesa di circa 70.000 euro (96.000 dollari del 2000 in realtà) avrebbe permesso l’eliminazione di un crimine, con tutti i suoi danni economici e psicologici connessi.

Ma, ancora più importante ai nostri fini, sembra dallo studio citato che l’effetto più rilevante quanto a capacità di abbassare il tasso di criminalità, lo ebbero i salari in cambio di occupazione nel settore pubblico. Perché ridussero il tempo a disposizione delle persone per commettere crimini. Ma anche perché aumentarono il costo opportunità di commettere atti criminali, ovvero rinunciare al salario pubblico messo a disposizione.

Ha ragione dunque Roosevelt: con il suo programma di sussidi legati ad occupazione pubblica venne ridotta la criminalità.

Torniamo a noi. Avessimo dedicato i soldi del contribuente, che c’erano eccome, invece che a pagare contributi ai disoccupati non giovani senza nemmeno condizionarli alla ricerca di un lavoro, incentivando per di più le persone a lavorare meno, se li avessimo dedicati a soddisfare le richieste del nostro appello oggi ci troveremmo con un generazione giovanile non solo meno disillusa, ma anche meno illusa dalla tentazione drammatica dell’illusione del guadagno facile, illecito, criminale.

Grazie Francesco.

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