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Il Fondo Redenzione e il Fiscal Compact: sviluppi inattesi

Dal Direttore Patte Lourde riceviamo e molto molto convintamente pubblichiamo, chiedendoci dove naviga in queste acque tempestose la stampa italiana, che diamo per dispersa. Leggete attentamente.

Il 23 novembre 2011 la Commissione Europea ha adottato la proposta di Regolamento (Comm(2011) 0821) inerente le “disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro.”

L’iter di approvazione di questo tipo di Regolamento è ben strutturato. La procedura legislativa cd. ordinaria, che conferisce lo stesso peso al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione è, in sintesi, la seguente: la Commissione trasmette la sua proposta normativa al Parlamento e al Consiglio. Essi la esaminano e ne discutono due volte di seguito. Se dopo la seconda lettura non riescono a trovare un accordo, la proposta viene deferita a un comitato di conciliazione, composto da un egual numero di rappresentanti del Consiglio e del Parlamento. Una volta che il comitato giunge a un accordo, il testo approvato è trasmesso al Parlamento e al Consiglio per essere sottoposto a una terza lettura, affinché possano adottarlo come testo legislativo. Affinché il testo possa essere adottato, è indispensabile l’accordo finale di entrambe le istituzioni. Anche se un testo comune è approvato dal comitato di conciliazione, il Parlamento europeo può comunque respingere l’atto proposto alla maggioranza dei voti espressi (per saperne di più leggete qui).

E’ stata una riforma molto importante, introdotta con il Trattato di Lisbona del 1 gennaio 2009, quella del coinvolgimento del Parlamento nell’iter di approvazione della legge ordinaria in Europa, evoluzione della procedura di codecisione prevista dal Trattato di Maastricht del 1992. Occorre ricordare, infatti, che il Parlamento Europeo è l’unico organo dell’Unione Europea eletto direttamente dai cittadini europei.

Il 13 giugno scorso il Parlamento Europeo ha licenziato, in prima lettura, la proposta di Regolamento 2011/0821 con molti emendamenti approvati.

Le integrazioni approvate dal Parlamento non sono di poco conto. Vale la pena che le si esaminino con calma ed in fasi successive. Per chi abbia voglia di iniziare a farsi un’idea può vedere a quest’indirizzo il documento approvato.

Nel frattempo vi sottolineo l’emendamento 27: “(12 bis) Per assicurare il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria e il rispetto della disciplina di bilancio, è indispensabile salvaguardare la stabilità in tutta la zona euro e pertanto rafforzare l’efficienza e la resilienza del sistema finanziario della zona euro contro gli shock negativi, affrontare il problema della scarsa liquidità e le esternalità negative connesse alla frammentazione dei mercati dei titoli sovrani e ridurre i costi marginali di finanziamento per gli Stati membri che hanno difficoltà a finanziarsi. Per conseguire questo obiettivo superiore è necessario adottare una tabella di marcia verso l’istituzione di strumenti di debito sovrano comuni alla zona euro, che comprenda l’instaurazione di un quadro rafforzato per il coordinamento delle politiche economiche. Quale primo passo per l’emissione coordinata e comune di strumenti di debito sovrano della zona euro, è fondamentale l’istituzione di un fondo di rimborso del debito su un periodo di circa 25 anni, unita al coordinamento dell’emissione di debito da parte degli Stati membri della zona euro. Questo primo passo non pregiudica l’applicazione di altre misure della tabella di marcia prima dello scadere del periodo indicato.

L’introduzione del concetto di emissione coordinata e comune di strumenti di debito sovrano é un’importante affermazione politica: in Europa si va verso la mutualità delle politiche, passando per una maggiore la coesione delle politiche di bilancio ed economiche. Si tratta di adottare una tabella di marcia, ma mentre si specifica il primo passo (l’istituzione di un fondo di rimborso del debito – di seguito il “Fondo”), non viene definito tutto il percorso da percorrere, né viene proposta una descrizione del meccanismo di funzionamento del Fondo e una valutazione di quanto costi il “primo passo”.

Perché é importante definire tutto il percorso? Per dare modo ai cittadini, ai Parlamenti nazionali, ai Governi, ai mercati di discutere e giudicare le tappe che verranno seguite e, sopratutto, l’obiettivo di questa road map. E’ auspicabile che nella seconda lettura del Regolamento, ma forse anche nella nuova stesura della Commissione si osi di più in questo senso. Come venne fatto in occasione del Trattato di Maastricht, anche oggi è necessario che i cittadini dell’Unione sappiano verso dove l’Unione Europea può andare, per avere il modo di influenzare il risultato con il proprio voto, l’atteggiamento del proprio Governo e del Parlamento nazionale.

Ma anche il primo passo indicato nel sopra riportato emendamento del Parlamento Europeo necessita di maggiore dettaglio. E più viene scritto oggi nel Regolamento e minori saranno le incertezze nell’applicazione delle misure ivi previste e maggiore sarà il dibattito tra Istituzioni in modo da definire meglio il meccanismo stesso.

Il Fondo, che sembra essere analogo a quello proposto dal paper del German Council of Economic Expert e che ho commentato il 20 agosto u.s., serve per assicurare che tutti i Paesi con debito eccedente il 60 % in rapporto al PIL seguano un percorso di rientro. Perché tutto ciò è necessario? Per convincere anche i più scettici che la scelta di ridurre il debito al 60% del PIL è definitiva!  (come dice il GCEE “it will be necessary to convince sceptics, not least in Germany, that all participants will indeed adhere to their promises of redeeming their debt overhang and reforming their economies, especially since the period of redemption will span more than two decades.”), Questi economisti hanno un indubbio merito; hanno intuito che occorre trovare un “ponte” tra la situazione attuale e quella futura dell’Unione. Hanno fatto una proposta seria, ma dato che il ponte congiunge due sponde, di cui solo quella di partenza è nota (ad oggi non è infatti conosciuto dove l’Unione vuole andare) il rischio è di influenzare notevolmente dove il ponte atterrerà.

Per questo occorre discutere, costruttivamente, quanto da loro proposto ricordandoci sempre che questo sistema funziona all’interno del Fiscal Compact.

Nella proposta del GCEE, il costo di rimborsare il debito trasferito al Fondo è a carico dei singoli Stati (“all participant countries would have to accept the obligation to individually redeem their own transferred debt; it is not to be rolled over perpetually“) che vi dovrebbero fare fronte dirottando specifiche entrate fiscali al Fondo stesso (“First, as an important part of their consolidation efforts, participant economies should pledge to raise earmarked redemption taxes whose proceeds directly flow into the payments to the Fund“). Certo come contropartita il Fondo rifinanziarebbe il  debito a più lunga scadenza degli Stati ammessi al meccanismo e questo sarebbe un vantaggio che migliorerebbe la pozione fiscale dei Paesi grazie al minore tasso di interesse pagato sul prestito rispetto all’emissione diretta sul mercato (“Together with the interest advantage conveyed by the fund, the Pact thus makes the persistent realisation of the primary surpluses possible which are the major ingredient of any effort to reduce debt overhang.”)

Affinché ciò accada, il dubbio da fugare è quello relativo alla seniority del prestito concesso dal Fondo allo Stato rispetto al debito “nazionale”. Per capire perché questo aspetto èimportante è utile leggere un recente lavoro di Frank Westermann e Sven Steinkamp. Il punto che emerge da questa analisi è che occorre rassicurare i mercati che i titoli emessi dai governi nazionali siano privi di subordinazione rispetto ai prestiti concessi agli Stati dal Fondo. Nel caso del meccanismo proposto dal GCEE sembrerebbe che i prestiti del Fondo siano senior rispetto al debito nazionale, sia per la presenza di uno specifico flusso di tasse che affluisce al Fondo in misura corrispondente al prestito, sia per la possibilità che una parte di questo debito (il 20%) sia garantito dalle riserve auree o valutarie dei Paesi. Se così fosse, il debito nazionale verrebbe emesso a premio rispetto a  quello emesso dal Fondo, riducendo così il vantaggio corrispondente per il Paese che riceve i prestiti.

Questo, quindi, non è un meccanismo di solidarietà, se non per l’eventuale beneficio derivante dal rifinanziamento del debito a più lunga scadenza. Ma siamo poi così certi che il Fondo sarà riconosciuto come il Risk free rate europeo? Se il rimborso del debito emesso dal Fondo dipende dalle entrate fiscali “ad hoc” dei Paesi ammessi al meccanismo, forse è più lecito attendersi lo stabilirsi comunque di un premio rispetto al debito emesso dalla Germania. Inoltre, la diversa seniority del debito in circolazione potrebbe annullare tale possibile beneficio.

Ma ne sappiamo poco su come funzionerà questo meccanismo e poco se ne discute. Ma se già pesasse sugli spread?

8 comments

  1. D’accordo che sono argomenti ostici per i più, ma se ci fosse un maggiore sforzo di divulgazione da parte di testate come il Corsera o Repubblica probabilmente si riuscirebbe ad ottenere dalla gente una maggiore partecipazione. Ignorarli ostinatamente, come fanno i media ufficiali, è a mio avviso criminale (tanto se ciò accade per inettitudine o per connivenza) perché ogni volta che si distorce o si omette un’informazione si minano le basi per il confronto democratico e a lungo andare (ma l’andare è ormai breve) la democrazia stessa. Un film che stiamo vedendo già da troppo tempo.

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    • @Mauro

      “maggiore sforzo di divulgazione da parte di testate come il Corsera o Repubblica probabilmente si riuscirebbe ad ottenere dalla gente una maggiore partecipazione”

      Ma se quei giornali rappresentano certi interessi in nome di che dovrebbero improvvisamente mettersi a scrivere contro quello che gli conviene?
      Di informazione corretta oggi ce n’è quanta ne vuoi, tu per esempio te la vai a cercare e la trovi; domandiamoci piuttosto perché la maggior parte della gente non lo fa. Perché sono stupidi? Perché poverini sono vittime di un inganno e (parole di Silvia) prendersela con loro è come accusare dei bambini per essere stati molestati da un pedofilo? Sarebbe il caso di parlarne più a fondo perché senza una partecipazione di tutti i cittadini non si va da nessuna parte; come ha detto Vincenzo i questo blog la crisi è un epifenomeno della crisi della democrazia.
      E’ inutile criticare il mainstream dicendo che nasconde la verità e poi sperare che lo stesso mainstream si decida a sensibilizzare i cittadini.

      Intanto, abbandonati a loro stessi, i minatori del Sulcis si tagliano le vene in miniera, svengono e chiedono di essere riportati sotto:

      http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Sulcis-minatore-si-taglia-vene-per-protesta-E-questo-che-dobbiamo-fare_313641811554.html

      Un post sulla lotta di quei lavoratori no, eh?

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  2. Il buongiorno si vede dal mattino. Questo suo articolo e’ cazzuto (me lo conceda questo termine, un po’ volgare ma cosi efficace) a partire dal titolo

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