Così lo ri-pubblico, ma non come commento. Poi ci torniamo.
Da Sergio Polini:
Grazie! Sento parlare così poco di quest’aspetto in Italia (unica eccezione, finora, il blog del prof. Alberto Bagnai) che temevo di ragionare male. Vorrei proporle un altro ragionamento, su cui i miei dubbi sono ancora più forti. Ci sono gli “ottimisti” come Alesina & C., ma i “pessimisti” sembrano in numero nettamente maggiore, tanto che l’elenco sarebbe troppo lungo. Ne scelgo due:
a) secondo Nouriel Roubini l’Italia dovrebbe ristrutturare il suo debito, tagliandolo del 25%, e poi dovrebbe uscire dall’euro per recuperare competitività [1];
b) secondo Joseph Stiglitz (che non è certo uno qualunque), è la Germania che dovrebbe uscire dall’euro [2].
Due esiti che, mi pare, avrebbero effetti ben diversi. Mi limito “per semplicità” (cioè per incompentenza…) a Italia e Germania. Tutti dicono che un’uscita dell’Italia dall’euro sarebbe una catastrofe, ma, che io sappia, nessuno ha ancora provato davvero a ragionare in termini concreti, cioè a quantificare la “catastrofe” (spero ovviamente di essere smentito).
Mi riesce più facile trovare conti per la Germania [3]. Secondo Dirk Meyer, economista dell’Università Helmut Schmidt di Amburgo, l’uscita dall’euro costerebbe alla Germania dal 10% al 14% del PIL; secondo Stephane Deo, economista di UBS, il costo sarebbe maggiore: dal 20% al 25% del PIL. Deo calcola anche un costo pro capite per i tedeschi tra 6000 e 8000 euro per il primo anno, tra 3500 e 4500 per gli anni successivi, mentre invece una ristrutturazione al 50% dei debiti di Grecia Portogallo e Irlanda costerebbe solo 1000 euro pro capite, e una tantum. Le stime di Deo mi sembrano esagerate, perché basate su un’ipotesi di rivalutazione del marco del 40%, che è ben oltre la misura della divergenza tra i tassi di cambio reali indotta dai differenziali di inflazione [4]. E’ comunque interessante che calcoli anche il minor costo di ristrutturazioni altrui.
Provo a tradurre: chi compie la prima mossa paga il prezzo più alto. Dico questo anche perché Dirk Meyer prevede una rivalutazione del 25% per il “nuovo marco” [5], che mi pare più credibile. Se ntendo bene, in caso di uscita della Germania dall’euro il nuovo marco si rivaluterebbe rispetto al sud-euro e anche rispetto ad altre valute, mentre il sud-euro non subirebbe forti scossoni, in quanto l’Italia ha un tasso d’inflazione paragonabile a quello della Cina, inferiore a quello di Russia e Brasile, di poco superiore a quello USA. L’Italia vedrebbe quindi migliorare i saldi commerciali negli scambi con la Germania e rimarrebbe più o meno come è ora rispetto al resto del mondo (import di gas e petrolio compresi).
Se invece fosse l’Italia a uscire dall’euro, la “nuova lira” si svaluterebbe del 20-25% rispetto all’euro e, con ciò, rispetto ad altre valute; una sorta di 1992 bis. Anche da questo punto di vista chi compie la prima mossa paga il prezzo più alto.
E giungo così (sperando di non averne sparate troppo grosse) alla domanda cruciale.
Sono tante, e così autorevoli, le voci secondo cui le manovre greche e italiane e una più rigorosa disciplina fiscale comune non servono assolutamente a nulla, e anzi non possono che indurre ulteriori deterioramenti, che verrebbe da credere alla «congiura degli imbecilli» di cui parlava Jean-Paul Fitoussi un anno fa [6]. Anche Helmut Schmidt non è stato molto tenero con la Merkel [7].
E se invece ci fosse maggiore lucidità nell’operato della Germania? Se si fossero ormai convinti che aveva ragione Dominick Salvatore quando diceva che l’euro sarebbe crollato al primo shock importante [8]? Se stessero semplicemente aspettando la fine dell’euro, ma la preferissero nella forma “escono gli altri”?
In questo caso, infatti, i costi sarebbero minori dal punto di vista economico e, dal punto di vista politico, potrebbero essere presentati agli elettori come colpa degli “altri”.
Va da sé che, se fosse così, preoccuperebbe alquanto la mancata concreta elaborazione, in Italia, di scenari alternativi a “decreti salva-Italia” che, in realtà, inducono recessione deprimendo sia la domanda interna che quella estera.
Quanto l’ho sparata grossa? Grazie.
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[1] Nouriel Roubini, Italy’s debt must be restructured, Financial Times, 29/11/2011, http://blogs.ft.com/the-a-list/2011/11/29/italys-debt-must-be-restructured/#axzz1f6nNZAkD
[2] http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/10/04/stiglitz-germania-fuori-dalleuro-o-il-continente-sprofonda/67733/
[3] http://www.spiegel.de/international/europe/0,1518,800700-3,00.html
[4] http://goofynomics.blogspot.com/2011/11/i-compiti-casa-della-famiglia-nucleare.html
[5] http://www.spiegel.de/international/europe/0,1518,800285-3,00.html
[6] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/05/03/contro-chi-giocano-mercati.html
[7] http://www.selpress.com/confapi/immagini/091210A/2010120929640.pdf
[8] Cfr. http://goofynomics.blogspot.com/2011/12/euro-una-catastrofe-annunciata.html
13/12/2011 @ 22:30
Vedi che bravi lettori che ti mando! Trattameli bene, ti raccomando: questa settimana sei l’economista di turno! E vedi bene che l’urgenza esiste. Ormai siamo più necessari dei farmacisti. Saremo altrettanto utili?
Voglio solo “rassicurare” Sergio. Ormai per l’elettorato tedesco (più esattamente: per un certo elettorato ) la colpa è nostra QUALSIASI cosa succeda. Non entro in dettagli, ma anche se (ad esempio) i cocci venissero tenuti insieme da una Bce finto tipo Fed, e alla fine ne risultasse un pocolino di inflazione, bene, sarebbe “colpa” nostra. Esattamente come per un elettore leghista la colpa in qualche modo è sempre e comunque degli immigrati (o di Roma).
In altri termini, la mia valutazione, un po’ pessimistica, è che non esistano strade che consentono con certezza di ridurre i costi politici di una scelta tecnicamente sbagliata come quella dell’euro (mi riferisco a costi in termini di impatto sull’integrazione sociale e culturale europea). Ma io non sono lucido e Gustavo lo sa: è per quello che (in un estremo conato di onestà intellettuale) vi ho invitato a rivolgervi a lui.
E ora sono curioso di sapere la risposta!
P.s.: tenetevi liberi a fine giugno: avremo un bel convegno con greci, portoghesi, argentini… e forse anche italiani (se non saremo già un Land)!