Il 6 agosto scorso il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini ha avuto la cortesia di replicare al mio articolo sul Sole 24 ore (qui riportato nella sua versione su questo blog) del 3 agosto scorso. Purtroppo sul web non è rintracciabile il suo articolo (sarò grato a chiunque riuscisse ad inviarmene una copia da linkare qui). Pubblico qui la mia risposta al Ministro.
*
Il Ministro Enrico Giovannini replica al mio articolo in cui argomentavo come le ragioni della caduta del Governo Draghi al termine del primo semestre del 2022 avessero anche motivi economici. In particolare legavo la scarsa ripresa 21-23 dell’Italia dopo lo shock Covid rispetto a quella degli altri partner europei 1) all’eccessivo rigore delle politiche fiscali italiane (in accordo con l’UE) e 2) al fatto “che l’Italia di investimenti pubblici dal PNRR ne ha visti sin qui ben pochi rispetto al previsto e per un motivo molto semplice: la lentezza della nostra macchina degli appalti pubblici”.
Il Ministro non entra sul punto 1) dell’eccesso di rigore previsto dal PNRR stesso ma sul punto 2) di cui è istituzionalmente titolare, con dovizia di dati utilissimi per un dibattito.
E’ evidente che, se oggi di valutazione della performance di politica economica di un Governo entrato in carica a febbraio del 2021 vogliamo parlare, il 2021 rimane l’anno decisivo per capire cosa sia stato fatto. L’unico dato relativo all’evoluzione dei finanziamenti del PNRR è stato comunicato il 23 febbraio 2022 dal ministro Franco, nel corso di un’audizione sullo stato di attuazione del PNRR presso alcune Commissioni congiunte Senato e Camera: «Per quanto riguarda l’avanzamento finanziario del Pnrr, a oggi risultano spese già sostenute per circa 5,1 miliardi collegate alle seguenti linee di intervento: 2,5 miliardi per interventi nel settore ferroviario (RFI); 1,2 miliardi per interventi collegati all’ecobonus; 990 milioni per Transizione 4.0; 395 milioni per interventi nel settore della digitalizzazione della Scuola e per la messa in sicurezza degli edifici scolastici».
Sul Sole 24 Ore del 9 aprile con Francesco Bono e Gaetano Scognamiglio, segnalavamo la ricostruzione di un cronoprogramma di spesa complessiva sulla base delle schede tecniche inviate dal governo a Bruxelles nel mese di aprile 2021. A pagina 381 del documento, affermavamo, “è presente una tabella dove si riportano i costi stimati per ogni anno e per ogni investimento del Piano per cui si richiedono i finanziamenti del Recovery and resilience facility … Incrociando questo documento con i dati forniti dal ministro Franco, è possibile verificare che tra il 2020 e il 2021 sono state stimate spese relative al Pnrr per un totale di 15 miliardi e 425 milioni di euro. Emerge chiaro che, a febbraio 2022 sussiste uno scarto di 10 miliardi tra la spesa effettiva dichiarata dal ministro (5,1 miliardi) e la spesa prevista (15,425 miliardi). Il tasso di assorbimento dei fondi del Pnrr ammonta quindi a un terzo di quanto pianificato”.
Al di là che non sappiamo se i 5 miliardi “spesi” sono stati solo trasferiti all’ente attuatore o già impegnati, i 10 miliardi non spesi nel 2021 rappresentano lo 0,6% di PIL, frecce mancate all’arco del Governo Draghi per colmare il ritardo di ripresa nella performance post-2020 rispetto agli altri Paesi dell’area euro.
Ritengo comunque importante entrare nel merito di alcuni punti sollevati dal Prof. Giovannini per il post 2021, anche se non erano oggetto di trattazione nel mio articolo. Il Ministro evidenzia come nel 2022 bandi di gara e impegni siano cresciuti in maniera significativa. E’ importante ad esempio la crescita 2022 dei bandi di progettazione, non tanto per l’ammontare (400 milioni circa, pari allo 0,025% del PIL), ma per gli effetti successivi, in fase di realizzazione dell’opera. Tuttavia egli sa meglio di chiunque altro che la crescita complessiva dei bandi 2022 (e anni successivi) non garantisce né “aggiudicazione” né “aggiudicazione nei tempi utili previsti dal PNRR” e, inoltre, che aggiudicazione e impegno di spesa a loro volta non implicano generazione di PIL se non nel momento dell’effettivo avvio dell’opera (un vincitore di un accordo quadro verrà o non verrà chiamato ad effettuare l’opera? Siamo sicuri che i fabbisogni nel frattempo siano stati accuratamente determinati? Ed i terreni dove svolgere l’opera altrettanto accuratamente identificati? Non è detto) e che ciò ha a che vedere in maniera cruciale con l’efficacia e qualità delle nostre stazioni appaltanti. La Corte dei Conti ha manifestato in questi giorni preoccupazioni analoghe. Comunque sia, se tutto va bene, impatteranno su PIL, occupazione e sostenibilità ambientale dal 2023 in poi. Diciamo se tutto va bene, perché la stima di crescita del 2023 della Commissione europea (+0,9% contro l’1,4% dell’area euro) è difficile da conciliare con il quadro ottimistico disegnato dal Ministro: ma qui anche altri elementi potrebbero essere in gioco, quali le restrizioni eccessive di bilancio che questo Governo, come i precedenti, ha confermato.
Il Ministro menziona infine giustamente come le riforme contenute nel PNRR sono “il necessario moltiplicatore dei risultati attesi nel medio e lungo termine”. Credo che anch’egli convenga come la madre di tutte le riforme, nel campo degli appalti pubblici, senza la quale qualsiasi moltiplicatore di investimenti infrastrutturali è pari praticamente a zero, sia quella della governance delle nostre stazioni appaltanti assieme ad un corposo investimento parallelo in capitale umano per assumere personale qualificato che possa operarvici. Stiamo purtroppo parlando di una riforma ancora da varare (e che comunque punta ad una eccessiva centralizzazione mentre sarebbe opportuno, per aiutare PMI e territorio, utilizzare l’esistente valorizzando le SUA provinciali) e di cifre finora mai addirittura stanziate. Ma questo è un altro tema, aperto al contraddittorio con altri significativi Dicasteri.
“Assolutamente”, Copyright opere Angela Maria Piga, all rights reserved.