Oggi sul Sole 24 ore
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14 lunghi anni. Così tanto abbiamo dovuto aspettare per vedere il Parlamento italiano finalmente autorizzato a esaminare il c.d. Disegno di legge annuale per le micro, piccole e medie imprese (MPMI), così come proposto pochi giorni fa dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. E’ proprio il Parlamento che, nel 2011, approvò la legge 180, detta anche “Statuto delle Imprese”, che prevedeva appunto come obbligatorio tale Disegno di legge, da presentare alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno. Fu approvata con applauso unanime di tutti gli schieramenti politici di allora. In effetti lo Statuto rimane ad oggi una delle più alte manifestazioni di attenzione politica per il ruolo essenziale dell’impresa e dell’imprenditore nel generare progresso e sviluppo.
Eppure quell’afflato originario così nobile è stato tradito per ben 12 volte, da Ministri dello Sviluppo Economico e da Presidenti del Consiglio dei Ministri che non hanno ottemperato all’obbligo di legge, dimenticandosi regolarmente non solo della scadenza del 30 giugno ma addirittura di proporre tale Disegno di legge alle Camere. E’ possibile che abbia giocato un ruolo, in questa manifestazione di pavidità e di mancanza di rispetto istituzionale, una pervicace miopia nel non vedere nelle piccole imprese il fattore strategico dell’avvio di qualsiasi ripresa economica sostenibile del Paese. Di 4,4 milioni di imprese attive in Italia, 0,09% sono grandi imprese. Eppure ci lasciamo alle spalle un quindicennio che ha fatto di tutto per far scomparire il rimanente 99,91%. Basti pensare alle infauste politiche di austerità: le piccole imprese, al contrario delle grandi, non hanno i mezzi per resistere alle tempeste economiche in assenza di politiche pro-attive a loro protezione e sostegno. Ma non c’è stata solo l’austerità: la mancata produzione annuale del disegno di legge per le MPMI è stata appunto una seconda brutale manifestazione di questo sado-masochismo. Provvedimenti mancati e politiche sbagliate sono la conferma di un contesto culturale contrario alle MPMI, il cui mantra è sempre stato “piccolo è brutto”, facilitando l’operare a favore delle grandi imprese di politici catturati da lobby e anche di quei sindacati che vedono, spesso a torto, nelle PMI un luogo non regolamentato dei rapporti lavorativi. Quanto stride tutto ciò con l’atteggiamento di policy al di là dell’Atlantico! Negli Stati Uniti infatti, dove l’austerità non ha albergato, una protezione esplicita alle piccole imprese è stata sin dal 1953 al centro della conduzione di una attiva politica industriale per il tramite dello Small Business Act (strumento legislativo) e della US Small Business Administration (strumento operativo).
Oggi tuttavia prendiamo atto che la promessa di più di un anno fa del Ministro Urso, di interrompere questa indecorosa e costante violazione del dettato dello Statuto delle Imprese, è divenuta realtà: anche se in ritardo di più di 6 mesi rispetto alla scadenza del 30 giugno, abbiamo in mano, con una qualche emozione, il primo testo di Disegno di legge annuale per le MPMI pronto per essere trasmesso in Parlamento. Esso contiene una serie di misure che spaziano dal favorire l’aggregazione e la crescita dimensionale delle imprese attraverso la previsione di incentivi fiscali mirati, al sostegno di settori strategici come quello della moda, alla delega al Governo per l’istituzione delle centrali consortili, a misure per favorire la semplificazione per l’accesso al credito, ad alcune semplificazioni amministrative, alla lotta alle false recensioni online e al riordino della disciplina del testo unico in favore delle Start up e Pmi innovative.
Molto manca all’interno del testo, in particolare per quel che riguarda quel mercato così essenziale alla sopravvivenza delle MPMI che è quello delle commesse pubbliche. Negli Stati Uniti è infatti lì che si concentra la potenza di fuoco dell’azione governativa federale, vera e propria leva di sviluppo industriale che agisce riservando gare pubbliche alle sole MPMI proprio in nome della maggiore concorrenza (futura, con un tessuto di piccole imprese divenute nel frattempo grandi grazie alla palestra che si dimostra spesso essere il lavorare per la Pubblica Amministrazione). E’ vero che la prevista riforma del Codice degli Appalti prevede l’essenziale facoltà di riservare gare sotto soglia alle MPMI, ma altro avrebbe potuto essere immaginato in questa sede di Disegno di legge per le MPMI, come ad esempio l’eliminazione definitiva dei ritardi di pagamento negli appalti per il tramite di pagamenti anticipati alle stesse, o la valorizzazione del MEPA gestito da Consip per gli acquisti sotto soglia della P.A.. Forse il Parlamento vorrà arricchire il testo anche su questo frangente.
Comunque sia, qualcosa si muove e va reso merito al Ministro Urso per essere stato di parola. Se dovessimo indicare l’articolo del disegno di legge che più ci emoziona, la nostra preferenza andrebbe all’ultimo, l’art. 19, che innova riformando la governance della politica per le MPMI, modificando il ruolo del Garante per le micro, piccole e medie imprese, da anni non operativo e prevedendo un nuovo approccio alla consultazione dei portatori di interesse, con un tavolo di consultazione permanente delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore delle startup, delle micro, piccole e medie imprese. Chi pensa al piccolo, pensa in grande.
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