Oggi l’intervista su La Verità.
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La spirale dei prezzi continuerà o è una situazione transitoria e tutto tornerà come prima? Gustavo Piga, economista, professore di economia politica all’Università di Roma Tor Vergata sostiene che forse la prospettiva potrebbe essere peggiore di quella degli anni Settanta.
“Se continuerà a lungo questa situazione? E’ una domanda da un milione di dollari. Se prendiamo le cause dell’aumento dell’inflazione che sono il contesto pandemico e quello bellico con le ricadute sulle forniture di materie prime e le difficoltà ad approvvigionarsi di energia, la risposta è nel vento. Dipenderà quando queste due situazioni cesseranno di esercitare la loro influenza”.
Cosa c’è di simile a quello che accadde negli anni Settanta?
“Anche allora non era chiaro quando sarebbe finito lo choc petrolifero. Ma mentre allora era una situazione eccezionale, di cui non avevamo esperienza, ora dovremmo esserci vaccinati invece in tutti questi anni non abbiamo fatto nulla per ridurre per esempio le dipendenze dall’estero nelle materie prime o per creare un esercito europeo a difesa dei nostri valori. I due choc pandemici e bellici hanno aggiunto problematiche che ci trasciniamo da tempo e che non sono state affrontate per mancanza di leadership consapevole e di visione di lungo termine. Le economie occidentali non sono in salute”.
E’ possibile fare una politica comune europea di contenimento dei prezzi?
“Questa impostazione è sbagliata. Non abbiamo bisogno di politiche di contenimento dell’inflazione ma di una maggiore attenzione alla variabile dell’occupazione.
Quali le differenze con gli anni Settanta?
“Negli anni Settanta i governi scelsero di fare più inflazione per avere più occupazione. Dedicarono la politica monetaria e fiscale a sostegno dell’obiettivo primario dell’occupazione anche a costo di maggiore inflazione e lo fecero con grande successo. La disoccupazione italiana durante lo choc petrolifero non aumentò tanto, non perché la crisi energetica non ebbe un impatto ma perché si compensò con politiche monetarie e fiscali espansive della Banca d’Italia e del governo”.
Però poi la situazione collassò con l’inflazione arrivata a due cifre.
“Negli Ottanta si cominciò a combattere l’inflazione perché era sfuggita di mano. Era arrivata al 20% non era certo paragonabile a quella ridicola di ora del 4%. Una delle ragioni per cui era arrivata a dei livelli alti era l’alto potere dei sindacati che spinsero all’adozione di clausole di indicizzazione salariale. Si determinò una ricorsa prezzi-salari e una spirale rialzista incontrollabile, un circolo vizioso. Questa problematica potrebbe entrare nel futuro in gioco ma con meno incidenza di allora perché ora i sindacati sono più deboli e la resistenza a fenomeni tipo quello della scala mobile è maggiore. Questo dà più spazio a politiche economiche a favore dell’occupazione sia fiscali che monetarie”.
Ma l’Europa e l’Italia stanno facendo queste politiche a favore dell’occupazione?
“Negli Stati Uniti stanno facendo politiche monetarie e fiscali molto più espansive che in Europa tant’è che la loro inflazione è piu alta. Purtroppo dobbiamo prendere atto che una Ue miope e stupida sta invece già parlando, in un contesto così drammatico come quello attuale, di combattere l’inflazione piuttosto che la disoccupazione e ci chiedono di rientrare dal debito. Ma è una politica folle e miope perché concentrandoci sui prezzi facciamo esplodere la disoccupazione e il disagio sociale che negli anni settanta parzialmente evitammo. E’ come mettere benzina sul fuoco di un contesto europeo molto debole”.
C’è quindi un’aggravante rispetto agli anni Settanta?
“La politica economica in Europa è diventata stupida. Mentre negli anni Settanta seguivamo le politiche americane di espansione oggi ci differenziamo dagli Stati Uniti sulle strategie di sviluppo e facciamo errori gravissimi. Chiedere al governo italiano di ridurre il debito invece di fare investimenti pubblici o sentire la Lagarde che parla di terminare i programmi di acquisti di titoli per immettere liquidità nel sistema sono follie che solo l’Europa si sa inventare. Il problema non è l’inflazione ma l’occupazione”.
Vuol dire che l’Europa si mostra incapace di affrontare questo momento di crisi?
“Non solo è incapace ma aggrava la direzione della crisi. E purtroppo l’Italia non è leader in Europa e non riesce a far capire ciò di cui c’è bisogno. Parte delle responsabilità sono anche nostre perché dovremmo rassicurare l’Europa che quando spendiamo lo facciamo bene ma in un momento così grave questo mi sembra un peccato veniale rispetto a quello di Bruxelles che raccomanda politiche assurde. All’errore di dipendenza energetica degli anni Settanta si reagì aiutando l’economia ciò che ora non si sta facendo. L’inflazione negli anni Ottanta si cominciò a combattere quando aveva raggiunto il 20%, oggi ci spaventiamo perché è al 4-5%”.
Quale sarà l’esito di questa politica europea?
“C’è il rischio di una implosione. Abbiamo già perso la Gran Bretagna e abbiamo eccitato i sovranismi. Mi pare che stiamo solo ripetendo in un contesto più grave gli errori che hanno generato tutto ciò.
Secondo lei quindi l’idea che la guerra in Ucraina ha compatto l’Europa è un’illusione?
“C’è un’Europa più coesa nella sua stupidità. Vedo che anche il governo italiano sembra essere favorevole agli annunci dell’eurogruppo sul rientro del debito. Più masochisti di così si muore!”.