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Paolo De Ioanna

Nel periodo del maccartismo, il noto giornalista televisivo Ed Murrow della CBS ebbe modo di dire una volta, confrontandosi apertamente contro il Senatore McCarthy che lo accusava di parteggiare per la causa comunista e per l’Unione Sovietica:

“Non discendiamo da uomini timorosi: non discendiamo da uomini che temono di scrivere, di associarsi, di parlare e di difendere quelle cause che furono, sul momento, impopolari.”

Lo diceva con tono posato, deciso, ma anche appassionato. Lo faceva in un momento storico in cui non era facile farlo, dato il comune sentire. Non era facile esercitarsi in tali scontri contro il potere costituito. Con dignità, intelligenza, passione civile ed eleganza. Per nulla facile.

E non è facile incontrare uomini di questa stoffa.

Mark Twain ebbe a dire una volta che la libertà d’espressione è il privilegio dei morti: “chi è in vita non è del tutto privo, in senso stretto, di un tale privilegio, ma lo possiede solo come vuota formalità: sa di non poterne fare uso, e non può dunque essere considerato come un effettivo possesso… Nel cuore di ogni uomo si cela almeno un’opinione impopolare sulla politica o sulla religione… Più l’uomo è intelligente, maggiore è la quantità delle opinioni di questo tipo che ha e che tiene per sé… Questa riluttanza a esprimere opinioni impopolari è giustificata: il prezzo da pagare è molto alto … il risultato naturale di questa condizione è che, consciamente o inconsciamente, prestiamo più attenzione ad accordare le nostre opinioni con quelle del nostro vicino e a mantenere la sua approvazione, piuttosto che a esaminarle con scrupolo per poter vedere se siano giuste e fondate.”

Non è facile incontrare uomini intelligenti di una stoffa tale da non temere di esprimere una o più opinioni impopolari, tanto più se con dignità ed eleganza. E sono fortunati coloro che nell’arco della loro vita incontrano almeno una persona così.

A me è capitato: Paolo De Ioanna ed io abbiamo dibattuto e progettato un intenso momento del suo e del mio cammino.

Mi avvicinò, a seguito di qualche convegno sulla politica fiscale in Europa: riteneva che le mie idee fossero di complemento alle sue. Mi sentii onorato. Paolo aveva questa gentilezza innata che metteva a proprio agio chiunque e partecipai volentieri alla condivisione dei miei pensieri con questo giurista che conosceva l’economia meglio di un economista ma rifuggiva per una sorta di timidezza dall’usarne il giargone tecnico.

Scrivemmo sui quotidiani insieme, ma io seguivo sempre un suo testo iniziale, avevo bisogno della sua scrittura per trovare coraggio in quella forma giuridica che dava forza a proposte apparentemente irrealizzabili. La sua penna scorreva gentile e sicura come il suo sorriso, le sue parole sgorgavano ferme e intense come il suo sguardo: impossibile non sentirsi pronti a qualsiasi sfida insieme a lui.

Paolo De Ioanna ci sospinse a elaborare una proposta referendaria contro il Fiscal Compact europeo. Intuì prima di tutti noi la possibilità di un pertugio legale, e fu facile per noi, che credevamo come lui in un’Europa dell’euro diversa, percorrere il suo sentiero in una logica di una nuova politica economica per il continente. Rimaneva amareggiato dell’opinione dei suoi colleghi costituzionalisti, increduli e condiscendenti nei suoi riguardi, per avere osato mettere in dubbio la santità dei Trattati o per aver creduto nella costituzionalità di un’iniziativa referendaria “che metteva a repentaglio la costruzione europea”. Non temette mai, invece, di mettere a repentaglio la propria reputazione di Consigliere di Stato o di commis d’État, con questa sua passione civile per un’Europa della solidarietà, nella quale dominasse la Politica – intesa come rappresentanza degli interessi di tutti i cittadini – e non i tecnicismi elitari.

Quel referendum non arrivò mai alla Corte Costituzionale, malgrado le 350.000 firme raccolte con la CGIL: un’enormità, ma troppo poche per raggiungere quota 500.000. L’atteggiamento del PD, contrario alla nostra iniziativa nella sua parte di maggioranza, fu decisivo. A distanza di 4 anni, il Fiscal Compact è prossimo al pensionamento, assieme a quelle forze politiche che lo sostennero, a difesa di classi incapaci di comprendere i cambiamenti che la globalizzazione stava comportando. Altre forze politiche hanno sposato l’intuizione di Paolo e di chi lo seguì, ma non i suoi valori europei. L’eterogenesi dei fini non spaventava Paolo quanto spaventa me. Il suo pensiero colto, aggiornato, metteva i miei timori contingenti in una prospettiva storica più ampia, aprendomi nuovi modi di comprendere il mio tempo. Mi mancherà, moltissimo.

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