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La Spagna che dà fastidio a Giavazzi e ai noeurini

Leggere Giavazzi intervistato sul Corriere (28 agosto) sulla Spagna è come al solito interessante e paradossale. L’elemento chiave del recente successo macroeconomico iberico secondo l’economista bocconiano? “L’aggiustamento fiscale sul fronte della spesa. Si è deciso di creare maggiore disavanzo pubblico (al 5,6% del PIL nel 2014) non alzando le tasse“.

Sorvoliamo sul fatto che finalmente anche secondo Giavazzi gli ampi deficit pubblici in crisi come queste funzionano eccome, altro che riforme di lungo periodo. Ma secondo Giavazzi funzionano perché li si è prodotti con meno tasse e meno spesa. Meno presenza dello Stato dunque. Ideologia o verità?

*

E’ importante capire perché la Spagna tira. C’è molto in ballo.

La Spagna conta eccome, perché “tira nell’euro”, e quindi dà fastidio ai noeurini senza massa che pensano che non si possa crescere nell’euro.

Ma bisogna capirla bene, la performance spagnola. Non come la capisce, perché così gli fa comodo, il Prof. Giavazzi. Perché se la si capisse bene, allora darebbe fastidio pure a lui.

Sopra l’intervista campeggia un bel grafico dove si vede che la ripresa spagnola parte dal 2013. E cosa è successo a spesa e entrate strutturali (al netto degli effetti ciclici) spagnole in questo periodo?

Basta chiederlo ai dati prodotti dalla Commissione europea (Tavola I.1.5).

http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2014/pdf/ee9_en.pdf

Le entrate strutturali salgono (salgono!) dal 37,5 al 38,5% del PIL. In Italia nello stesso periodo salgono, ma “solo” dello 0,2%. Le spese strutturali salgono (salgono!) dal 39,9% al 40,8% del PIL, praticamente quanto le entrate. In Italia salgono, ma solo dello 0,2%.

Ci si chiede di cosa parli Giavazzi, dunque. Ideologia pura, come al solito, la sua interpretazione del successo spagnolo.

Ma soprattutto ci si dovrebbe accorgere che ambedue i Paesi (Italia e Spagna), in questi 3 anni, hanno usato una classica politica fiscale c.d. in pareggio, aumentando cioè le entrate circa quanto le spese. Manovra che generalmente può portare a risultati espansivi, come abbiamo sempre argomentato in questo blog, perché l’aumento delle spese genera più produzione (appalti direttamente rivolti alle imprese) dello scoraggiamento che comporta un pari aumento delle entrate.

La differenza? Che la Spagna il c.d. “moltiplicatore del bilancio in pareggio”, come viene chiamato, lo ha usato con una forza 5 volte tanta quella italiana (1 vs 0,2): non dovrebbe stupire che la Spagna tra 2013 e 2015 abbia ripreso a correre ben di più che l’Italia.

16 comments

  1. Ho una domanda….sono 10 e passa anni che si inneggia alla spagna come modello, prima per la capacità di attrarre investimenti (che poi abbiamo visto essere inutili), poi dopo la crisi del 2008 per la capacità di fare le cosiddette riforme ed infine adesso in quanto ha saputo attuare al meglio le politiche fiscali ed economiche di sua competenza. Ecco adesso la domanda è: ma se la Spagna è un esempio tanto virtuoso mi spiega come mai tutti i parametri macroeconomici a parte la crescita del pil (debito pubblico, deficit/pil, disoccupazione, occupazione giovanile, debito estero, ecc…) sono sistematicamente peggiori della tanto bisfrattata italia?

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  2. Articolo sintetico, concreto, diretto. Ma volevo confrontarlo con l’intervista a Giavazzi sul Corriere (28 agosto), e non la trovo, forse non è sulla versione online del corriere?

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  3. Caro Prof, grazie per aver portato l’attenzione sulle vere cause della crescita spagnola (analogamente sarebbe da fare per paesi come Portogallo e Irlanda e anche Regno Unito). E restando in tema Giavazzi….un suo commento all’articolo di Giavazzi sul Corriere di ieri “Meno stato per tagliare le tasse” ?

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  4. La Spagna che tira con disoccupazione al doppio della nostra e con la gioventù spagnola costretta ad emigrare? Non mi sembra esempio da imitare

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  5. Antonello S.

    31/08/2015 @ 14:58

    Attualmente in Spagna il mondo del lavoro riporta questi dati:
    - disoccupazione giovanile 56%
    – disoccupazione totale 26%
    – disoccupazione a lungo termine 13%
    La percezione della ripresa negli iberici è molto flebile perchè in realtà è stata ottenuta anche in virtù di una forte svalutazione salariale unita alla riduzione di alcune garanzie in materia di tutela del lavoro, che ha reso più appetibili gli investimenti stranieri in Spagna.
    Oggi i lavori più gettonati sono (come in Italia) quelli di cameriere (anche in considerazione del boom turistico incentivato dalla contrazione dei prezzi) ed i servizi di pulizia, certamente tutti offerti con contratti precari o a tempo determinato.
    Il reale indicatore del benessere di una popolazione è un lavoro diffuso, garantito e sorretto da un’autorevole legislazione a tutela dei diritti minimi e che soprattutto venga retribuito in maniera dignitosa, senza ricorrere ai trucchi impliciti nelle riforme Hartz IV in Germania che, avranno si abbassato la disoccupazione e riproposto la leadership economica tedesca, ma anche creato un insanabile barriera fra i vecchi lavoratori tutelati ed i milioni di sottopagati grazie ai famosi “mini-jobs” (tant’è che la Germania è il Paese in Europa con il maggior numero di lavoratori sottopagati rispetto alla loro media reddituale).
    La propaganda europea, diffusa soprattutto nei media mainstream (Sole, Repubblica, Corriere ecc.) cerca in tutti in modi di pubblicizzare la “ripresina” spagnola per cercare di salvare disperatamente l’Euro e le politiche economiche ad essa collegati, anche in vista delle imminenti elezioni in quel Paese.
    Una pesante sconfitta di Rajoy getterebbe sicuramente un notevole discredito sulla bontà del “miracolo” spagnolo, oltre a soffiare sul fuoco dell’accresciuta consapevolezza riguardo le proprietà salvifiche che avrebbe dovuto garantire la moneta unica (Prodi dicet).

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  6. Riccardo Bucella

    31/08/2015 @ 20:10

    Il Teorema di Haavelmo del bilancio in pareggio è pericoloso con un livello di spesa come quella italiana, perché potrebbe avere un livello nullo

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  7. Riccardo Bucella

    31/08/2015 @ 20:27

    Il Teorema di Haavelmo del Bilancio Pareggio potrebbe, com’è stato, avere effetti irrilevanti con un livello di spesa e tassazione come quello italiano! Il punto è perché il moltiplicatore è così basso?! Secondo me perché la qualità della spesa è pessima: fondi perduti, malversazioni etc…cosa diversa da appalti/infrastrutture etc.. Cioè quello a cui Lei fa riferimento! Più spesa in c/capitale è più qualità nella spesa corrente….Forse così si potrebbe dare all’economia l’effetto sperato. Cioè distribuire meglio la spesa che così fa contenti pochi milioni di italiani a danno dei molti e avere così più effetto sul Moltiplicatore! Che ne pensa Professore?!!?!

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  8. prof. trovo la vostra definizione di “noeurini senza massa” assolutamente geniale. Una domanda: si parla del teorema di Haavelmo?
    Da quando hanno avviato le politiche di austerità mi sono sempre detto che fossero un’assurdità, soprattutto provenendo da gente che dovrebbe aver studiato ben più del mio libro del corso di macroeconomia della laurea triennale

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  9. TulliodaBelluno

    01/09/2015 @ 18:30

    Gentile prof. Piga,

    La Spagna ha veicolato la crescita del proprio settore manifatturiero uscendo (in parte) dal vicolo cieco di un’economia fondata sul binomio mattone – ombrellone.
    Una riconversione coraggiosa.
    Questo è avvenuto prevalentemente via deflazione salariale. Una svalutazione interna veramente spinta, quella spagnola, che ha consentito, ad esempio, l’insediamento di impianti di assemblaggio del settore automobilistico in precedenza costruiti in paesi come la Slovacchia o la Polonia. Salari bassi, veramente bassi e grande precarietà a quanto scrive il New York Times, che rendono – sicuramente insieme ad altri aspetti – la Spagna più attraente di paesi nei quali gli operai arrivano a guadagnare a stento 800 euro al mese.
    Attendo contributi chiarificatori su quanto sta accadendo in Spagna, sono interessato a capire, non a tifare: è un caso che merita di essere ben studiato, ma se questa è la strada per tornare a crescere, beh, prepariamoci ad una risalita molto dolorosa.

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  10. ANTONIO CECCANTINI

    06/09/2015 @ 14:57

    Condivido in pieno le osservazioni del prof. Piga. Vorrei che potessimo uscire dalla solita analisi macroeconomica fondata su dati che non corrispondono alla reale economia. Inoltre, la qualità della spesa pubblica intesa come capacità di produrre ed attrarre anche altri investimenti privati è diversa nei vari Paesi.

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