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La donna che salvò l’occupazione giovanile e che non c’è oggi

Il mio intervento (aggiornato ad oggi) alla Tavola Rotonda “Nuove proposte concrete per rilanciare l’economia e l’occupazione”, organizzato dalla CISL.

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Questo Governo non sa come risolvere il problema giovanile. Non è la priorità. Lo si capisce. Non è nelle corde del Premier che parla di tasse come se fossero la ragione di vita dell’azione politica. Nessuna empatia.

Proprio non sa farlo. Lo dicono i numeri. “Poco più di un giovane su 10 è disoccupato”. Numeri che raccontano di un contributo all’occupazione sempre negativo (vedi grafico Nota di Aggiornamento del DEF).

Non è la priorità, mi pare evidente. La Garanzia Giovani su cui poggia l’intera strategia governativa è un fallimento, lentissimo a carburare quando ci vuole velocità di azione, risorse, senso di emergenza civile.

Emergenza.

Il rischio terribile che si annida nella mancanza di opportunità quando si è giovani è infatti quello del cadere nella disperazione, nell’indifferenza e infine nell’abbandono di ogni nuova opportunità, facendo sfiorire il potenziale del nostro Paese. 

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Noi l’abbiamo. La strategia specifica. Proposta a Monti e Letta, con migliaia di firme. Ignorata. E la disoccupazione è salita. La nostra proposta è stata sempre ignorata.

La nostra proposta:

18 aprile 2012

Chiediamo al Governo che destini 1% del Prodotto Interno Lordo di ogni anno finanziario del prossimo triennio, 16 miliardi di euro, senza addizionali manovre fiscali – come permesso dal Patto fiscale di recente approvazione dato lo stato di recessione della nostra economia – ad un Piano per il Rinascimento delle Infrastrutture Italiane che veda occupati ogni anno 1.000.000 di giovani ad uno stipendio di 1000 euro mensili, con contratto non rinnovabile di 2 anni, al servizio del nostro Patrimonio artistico, ambientale, culturale e a  quelle iniziative della Pubblica Amministrazione che siano volte a rafforzare il nostro sistema produttivo nazionale riducendo barriere e ostacoli che si frappongono allo sviluppo di idee, progetti e, domani, di imprenditorialità.

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Ma non è più questione di proposte o di appelli. Ma di strategia specifica. Di nervosa e precisa determinazione a scacciare per sempre quest’incubo dalla società italiana. Imparando dai successi del passato.

C’è stato un tempo. Un leader. In cui questa determinazione ha superato ogni ostacolo. Ha ridato linfa. Nel 1933. Negli Stati Uniti. Una donna.

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Prima donna americana a rivestire una carica ministeriale. Ministro del Lavoro per il grande Presidente Franklin Delano Roosevelt dal primo giorno del suo mandato nel 1933 fino alla sua morte poco dopo Yalta. Senza di lei forse non saremmo stati qui a raccontare del New Deal. Frances Perkins.

La racconta, la vita di Frances Perkins, nella bellissima biografia “The Woman Behind the New Deal”, Kirstin Downey. http://www.amazon.com/The-Woman-Behind-New-Deal/dp/1400078563

Capace di far partire i CCC, i Civilian Conservation Corps, a pochi giorni dall’inaugurazione del primo mandato del Presidente democratico. Roosevelt chiese subito che fosse dedicato a impiegare persone senza lavoro nei parchi e nelle foreste.

Per 1$ al giorno, 540 dollari al mese attuali: se ci aggiungete che vitto, alloggio e scarpe erano coperti, arriviamo ai 1000 € della nostra proposta. Cifre di gran lunga superiori a quelle stanziate per il nostro servizio civile.  

La Perkins non è convinta: “cosa faranno nei parchi e nelle foreste?” Roosevelt non ha esitazioni: “costruiranno dighe e tuteleranno l’ambiente (preservation)”.

Pochi giorni dopo, Frances Perkins relazionava al Congresso per far approvare in quattro e quattr’otto la proposta. Che passa infatti un mese dopo, tra le contestazioni e le perplessità di molti (compreso il sindacato, il cui capo, Green, ebbe modo di definirlo un progetto intriso di … “sovietismo”, critiche identiche a quelle che il nostro piano ha ricevuto da più parti in Italia, specie quelle liberiste).

Per metterlo in piedi, la Perkins ideò il National Reemployment Service, un network di uffici di collocamento coordinati a livello nazionale, avviando in sordina l’inizio del progetto federale statunitense in cui il potere di Washington cominciò a prevalere su quello dei singoli stati: nascevano gli Stati veramente Uniti di America.  Inizialmente fu immaginato solo per gli uomini tra i 18 e 21 anni: in larga parte i figli maggiori che le famiglie lasciavano andare vagabondando per le città e le campagne, per carenza di mezzi di sostentamento. Nell’agosto del 1933, solo 5 mesi dopo, il programma dava lavoro a 300.000 maschi.

Nell’aprile del 1936, erano stati creati 2158 CC Camps, ognuno di loro con circa 160 occupati, 60% dei quali sotto i 19 anni. Poco più di 85% di loro inviava regolarmente denaro a padre e madre.

Ma evidentemente lo scopo travalicava quello di mero sollievo economico. Da una lettera del direttore del programma, Persons, alla Perkins: “il suo effetto più importante è quello di dare a giovani non ancora maturi, che si trovano sulla soglia degli anni d’ingresso nel mondo del lavoro, importanti abitudini verso lo sforzo e utili abilità. Tutto ciò mentre si formeranno fisicamente e acquisiranno – grazie al raggiungimento di soddisfazioni in un ambiente decoroso – quegli elementi di sicurezza di sé, cooperazione e visione più ampia delle cose, tutti aspetti essenziali per mantenere un morale alto.”

I CCC non si estero alle donne se non in maniera minimale (28 campi). Esso creò problemi razziali specie nel Sud degli Stati Uniti. Ma complessivamente fu un enorme successo: più di 3,5 milioni di americani parteciparono al CCC nei 9 anni di esistenza. Altro che servizio civile all’italiana che occupa un numero esiguo di ragazzi.

Nacque poi, poco tempo dopo, con 500 milioni di dotazione, circa 10 miliardi di dollari odierni, cifra simile a quella che chiedemmo a Monti prima e Letta poi, la Federal Emergency Relief Administration: progetti locali di edilizia, parchi, parco-giochi. Iniziato con in mente i giardinieri, divenne rapidamente fonte di occupazione per storici, archeologhi, musicisti. Soldi che andarono a finanziare il lavoro di artisti che ridipinsero con fantasia gli uffici postali e le biblioteche pubbliche. Guadagnando tempo prezioso in attesa della ripresa.

Ci tenne a precisare Franklin Delano Roosevelt: lavoro pagato, non sussidio di disoccupazione. Non voglio, disse, amministrare “narcotici, un sottile distruttore dello spirito umano”. Già.

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Monti, Letta, Renzi: nessuno di loro volle o vorrà avviare il piano di Frances Perkins per i giovani, quando invece la situazione che li tocca assomiglia molto a quella degli anni Trenta.

Perché?

E’ evidente che la parola “pubblico” che affianca questo programma li terrorizza, perché tutti e tre hanno creduto e credono fermamente che privato e pubblico siano due sfere “sostitute” e non “complementari”. Che il privato può fare altrettanto bene se non meglio quello che il pubblico tenta di fare con sprechi ed inefficienze. E non che privato e pubblico si rafforzano a vicenda, a volte con il pubblico che ridà ottimismo e energia a un settore privato scoraggiato e disilluso. E’ l’ideologia liberista divenuta dominante in Italia.

Perché? C’è chi sostiene anche oggi di un disinteresse etico per “l’Altro”. Credo che la struttura della crisi odierna aggiunga un’altra dimensione che foraggia indifferenza: la miopia dovuta al fatto che questa crisi è una crisi per alcuni ma non per tutti. Alcuni altri evidentemente si stanno arricchendo: la ripresa al Nord è ad esempio visibile, aiutata dall’euro, dal commercio mondiale, dai tassi d’interesse, e si estende a tutti quei territori dove le imprese sono più internazionalizzate. Ma non altrove.

Miopia. Miopia perché se una torta sempre uguale va in parti crescenti a una sola parte, la parte più affamata chiederà per ben presto di rovesciare il tavolo.

Prima che avvenga, questa miopia va curata. Con occhiali, e dunque occhi, nuovi. Occhi che sappiano capire che perseguire il bene comune rilanciando la battaglia per i più in difficoltà, che allarga la torta a disposizione di tutti. Ma per questo ci vogliono leader diversi, come lo furono FDR e Frances Perkins.

Grazie a Marco D’Agostini

3 comments

  1. io ho un idea migliore, assumiamo 500mila giovani per scavare buche, e altri 500mila per richiuderle.

    Reply
    • Dipende dal motivo per cui si scavano e riempiono le buche. Se per metterci dentro nuove reti idriche, gas, telecomunicazioni ( ne abbiamo enorme bisogno), tutto bene.

      Reply
  2. Sabino Maurelli

    12/10/2015 @ 12:20

    Io conosco i Piani di Lavoro Garantiti della Memmt. Occorre però Sovranità Monetaria. Grazie

    Reply

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