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Il drago americano

Non male come prima mossa, bravo Super Mario. Così ci insegnavano all’università che si doveva fare il banchiere centrale: guidando i mercati e non facendosi da essi guidare.

Scordiamoci che sia un regalo all’Italia: prima di tutto è un regalo all’Europa che di spinta alla domanda aggregata ha un bisogno impellente. Secondopoi, un segnale chiarissimo i mercati l’hanno avuto: aggiornate gli orologi, sono cambiate le preferenze del banchiere centrale europeo. Ora costui viaggia più in sintonia di prima con il collega d’oltre Atlantico, Bernanke, con cui, siamo certi, parlerà ben più spesso di quanto non abbia mai fatto Trichet.

Il perché è semplice. Quando si studia al MIT per 4-5 anni, non solo si creano amicizie durature che contano, ma si diventa un po’ (molto?) americani. Nella mente di Draghi c’è quello che non c’era nella testa di Trichet e che non c’è nel Trattato Europeo, ma che c’è nel mandato del Fed: la politica monetaria serve anche a stimolare crescita ed occupazione. Lo ha detto, tra le righe ma nemmeno troppo, oggi in conferenza stampa: “Overall, it remains essential for monetary policy to maintain price stability over the medium term, thereby ensuring a firm anchoring of inflation expectations in the euro area in line with our aim of maintaining inflation rates below, but close to, 2% over the medium term. Such anchoring is a prerequisite for monetary policy to make its contribution towards supporting economic growth and job creation in the euro area.”

Dormiamo sonni più tranquilli; ora la palla, non più sgonfia, torna sul campo e spetta ai governi europei insaccarla con la giusta politica fiscale. Espansiva naturalmente.

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