Nel silenzio generale ovattato dai rumori su Italia e Grecia è scivolato un G 20 disastroso per il mondo. Eccoci qua, a gestire certamente il primo momento difficile (drammatico?) della governance mondiale del nuovo pianeta globalizzato e cosa è successo? Nulla.
Sarebbe utile sentire, piuttosto che il parere di Sako e Lagarde, le opinioni dei leader dei paesi emergenti che non hanno voluto sporcarsi troppo le mani con la crisi europea, ma i resoconti che leggo non aiutano, sono purtroppo tutti “occidentaleggianti”, una frattura contraddittoria tra passato (noi) e futuro (loro), che faremmo meglio a colmare presto culturalmente se vogliamo ancora giocare un ruolo nel trascinare la locomotiva mondiale. Quanto sforzo avevamo (“noi” europei) fatto prima di questo incontro di Cannes per ottenere un deal con indiani, cinesi, russi, brasiliani? Presi dai nostri problemi interni continentali, sospetto “zero” (vedi punti 16 e oltre nel rapporto conclusivo).
Mi sconvolge anche l’”assenza” obamiana dal palcoscenico di Cannes. Con un tasso di disoccupazione che secondo previsioni doveva essere il 6% e si è bloccato al 9% e una (ri?)elezione che si avvicina, non mi piace troppo leggere sul New York Times dei venti di guerra che avvolgono il Medio Oriente:
“The first panacea for a mismanaged nation is inflation of the currency; the second is war. Both bring a temporary prosperity; both bring a permanent ruin. But both are the refuge of political and economic opportunists.” Ernest Hemingway, estratto da Appunti sulla Guerra, settembre 1935.