Oggi sul Corriere della Sera la nostra opinione, con Gaetano Scognamiglio
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Recentemente il professor Cassese ha svolto una importante riflessione sul PNRR (Corriere della Sera del 1 novembre), invitando economisti, scienziati politici e amministratori pubblici a intervenire nel dibattito per dare il loro contributo, non lasciandolo in mano ai soli giuristi.
Come economisti abbiamo spesso ricordato, in tempi non sospetti, come obiettivi e “milestone” non sono virtuosi di per se stessi, perché potrebbero essere stati mal o troppo rapidamente programmati, oppure (come è stato il caso non solo per la riforma che prevede l’accorciamento dei tempi dei processi ma soprattutto per la messa a terra degli investimenti del PNRR stesso) sono stati ideati senza immaginare di irrorare tali riforme o investimenti con il dovuto ammontare di risorse umane qualificate e con i giusti incentivi atti a raggiungere il risultato.
Siamo stati i primi a ricordare, nel 2022, come a fronte di target e “milestone” raggiunti si doveva far con urgenza uno sforzo di spesa per ottenere con risorse umane qualificate una capacità amministrativa all’altezza della sfida che altrimenti si sarebbe rivelata fallimentare per il Paese. I ritardi successivi hanno validato quella nostra intuizione.
Ma è più in quanto interessati al risvolto politico e amministrativo che l’articolo del Professor Cassese ci stimola a intervenire. In particolare, la sua assolutamente corretta affermazione che “questo grande compito, la «prova» di cui ha parlato il Presidente della Repubblica, va superata nell’interesse di tutta la Nazione.”
Ecco è forse qui che rintracciamo il peccato originale del PNRR, quello di non essere riusciti e presentarlo dall’inizio come un progetto corale, su cui impegnare tutti, dalla politica alle PA ai cittadini, dai corpi intermedi ai media, per sottolinearne la fondamentale importanza della sua riuscita e per far uscire il Paese da una crescita troppo lenta rispetto all’Europa e al mondo. Fare capire cioè che siamo di fronte a un grande “progetto Paese” anzi il più grande e importante del dopoguerra, la cui riuscita o il cui fallimento interessa soprattutto le future generazioni e per questo motivo richiede a tutti i livelli un grande impegno non solo professionale ma anche morale. Perché questo non sia avvenuto forse dipende dal fatto che il PNRR non è apparso – e non è stato – il prodotto di un percorso partecipato, condiviso con il Parlamento, con i corpi intermedi e con le parti sociali. Da grande e entusiasmante progetto Paese quale poteva essere, sembra oggi essere diventato col tempo sempre più un adempimento che, come tutti gli adempimenti, si risolve in difficoltà burocratiche e autorizzative, a livello interno e europeo rischiando ritardi non recuperabili.
La storia ce ne spiega le ragioni: approvato dal secondo Governo Conte il 12 gennaio 2021 con le schede di progetto mai rese pubbliche, viene ripreso e rimaneggiato dal Governo Draghi, entrato in carica circa un mese dopo, per essere trasmesso il 25 aprile 2021 nel nuovo testo alle Camere, che lo approveranno senza possibilità di modifiche, tornando così in Consiglio dei Ministri il 29 aprile per essere trasmesso alla Commissione Europea il giorno successivo. Il resto è storia attuale, con le modifiche della governance decise dal Governo Meloni che si è dovuto far carica dei ritardi già accumulati e con la proposta di revisione inoltrata alla Commissione Europea il 7 agosto scorso.
Ora bisogna pensare al futuro, ai tre anni che ci separano dalla scadenza finale e alla necessità di conseguire tutti gli obiettivi. Cosa serve? Una grande iniziativa del Governo che recuperi il senso del progetto Paese, accompagnata da una accelerazione del piano di professionalizzazione dei funzionari pubblici. Questa a sua volta faciliterà una veloce qualificazione delle stazioni appaltanti (e la valorizzazione del ruolo delle Province che hanno dato dimostrazione di svolgere efficientemente il loro ruolo), utilizzando le energie e le capacità di tutti i soggetti impegnati nella formazione, unita a una revisione delle direttive dei Ministeri erogatori, spesso più realiste della Commissione.
Ecco, tutto ciò potrebbe permetterci di vincere questa sfida epocale che il Paese ha davanti.
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