PNRR e/o Fiscal Compact?

Dal Fatto Quotidiano di qualche giorno fa

Il 2022 non sarà l’anno della fine dell’austerità. Potrà sembrare un’affermazione incoerente con la realtà dei fatti, tanto più che sarà l’anno in cui entreranno a disposizione i primi fondi veri del PNRR.

Ma è proprio il PNRR che costituisce la nuova armatura a protezione dell’austerità avviata dal 2011 con il c.d. Fiscal Compact, un’armatura che si è sgretolata a forza di evidenze empiriche sulla sua distruzione di occupazione, imprese, benessere, sicurezza, uguaglianza, ottimismo. Tanto che quando il Parlamento europeo ne ha censurato la sua utilità nessuno ha più trovato il coraggio, al termine del suo periodo di prova, di proporne l’inserimento nei Trattati europei.

Ma quello che è uscito dalla porta è rientrato dalla finestra. L’art. 10 del Regolamento UE 2021/241 (che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza) dispone come la Commissione possa presentare al Consiglio europeo una proposta di sospensione degli impegni o pagamenti se uno Stato membro ha presentato un piano d’azione “correttivo” insufficiente in presenza di “squilibri eccessivi”, un linguaggio ben noto agli studiosi giuristi dell’austerità in salsa europea.

Con una mano dunque si si dà, con l’altra si riprende. Con gli interessi. Vogliamo i soldi del PNRR? Li avremo solo in un contesto analogo a quello del Fiscal Compact.

Ecco dunque spiegato perché Draghi (e prima di lui Conte) si sono adeguati a rassicurare l’Europa che, nel bel mezzo della peggiore crisi degli ultimi 80 anni, l’Italia, invece di aiutare i più deboli a risollevarsi per il tramite di una politica fiscale espansiva, farà per i prossimi anni l’opposto, ovvero la consueta austerità.

I numeri lo confermano. Dopo aver promesso per il 2021 un deficit dell’11,8% del PIL ad aprile del 2021, questo sarà pari per il 2022 al 5,6% a dicembre del 2022: un taglio di promesse di maggiori spese e minori tasse di più di 6 punti di PIL, ovvero di 120 miliardi di euro! Deficit che, lo abbiamo promesso, scenderà verso il desiderato (dai diavoli dell’austerità) al 3% nel 2024.

E quindi se vi chiedete perché l’Italia sarà il Paese che a fine 2022 avrà ulteriormente perso terreno rispetto a tutti gli altri dai livelli del 2019 pre-Covid (+1,8% contro il 3% dell’area euro e il 7% degli Stati Uniti) basterà guardare alla posizione di Biden, con deficit attorno al 10% del PIL rispetto a quelli rachitici europei del 3%: in tempi terribili come questi è con gli investimenti pubblici in deficit che si salvano i paesi e le loro democrazie. Ma forse è tempo di chiederci, ancor prima di come abbattere l’austerità, di come restaurare la democrazia.

Scultura di Angela Maria Piga, https://angelamariapiga.com/sculptures/

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