THIS SITE HAS BEEN ARCHIVED, AND IS NO LONGER UPDATED. CLICK HERE TO RETURN TO THE CURRENT SITE
Post Format

La fiducia in Europa non c’è? Ricostruitela investendoci

Una parola rapidissima sull’articolo di Lucrezia Reichlin sul Corriere che giustamente ricorda come:

le nazioni, come le federazioni, stanno insieme sulla base di regole, ma le regole da sole non bastano. Si cementano con la fiducia. Quest’ultima si costruisce lentamente, è il retaggio della storia e dell’esperienza. Ed è solo a partire dalla fiducia che si può costruire il progetto europeo. Anche negli Stati Uniti la fiducia nella nazione, che tiene insieme cittadini con identità molto diverse, può improvvisamente deteriorarsi rendendo fragile ciò che sembrava indistruttibile. A maggior ragione questo è vero per noi europei, accomunati da molte cose, ma storicamente divisi in nazioni che nel passato si sono aspramente combattute“.

Ma come si genera fiducia? E’ un buco nero misterioso, questa parola, o possiamo lavorarci su con politiche specifiche?

Gli economisti su questo hanno molto da dire.

In particolare, mostrano come l’indice di fiducia (“trust”) nei Paesi dipenda dalle disuguaglianze o dalle differenze di reddito (vedi ad esempio qui per una sommaria analisi) prevalenti.

In Europa, queste sono andate crescendo tra i Paesi dall’inizio della crisi. Tremendamente. Da qui il crollo di fiducia su di un progetto in comune tra diversi.

Per ritrovarla, la fiducia, è naturale proporre che queste differenze vengano ridotte. Non è necessario immaginare a tal fine improbabili schemi di solidarietà tra Paesi che oggi non passerebbero mai nei Paesi più ricchi perché parliamo di una Unione – quella europea – ai suoi albori che, come quella statunitense alla fine del XVIII secolo, non aveva nessuna intenzione di creare schemi di solidarietà tra stati diversissimi (solo 140 anni dopo, con Roosevelt, si palesò durante gli anni Trenta un primo esperimento di assicurazione sociale tra Stati che solo dopo ancora qualche decennio si tramutò in implicita e definitiva solidarietà e vera fratellanza tra stati).

Per ridurre queste disuguaglianze che minano la fiducia e dunque l’Europa è dunque necessario arrestare quelle politiche che le hanno generate: le politiche del Fiscal Compact. Ripristinando una serie di politiche espansive sia al Nord che al Sud dell’area euro che beneficino i tedeschi (riduzione delle imposte e scomparsa dei surplus commerciali) e i greci (aumenti della spesa pubblica produttiva in investimenti e abbattimento, via crescita economica, del debito pubblico che l’austerità fa esplodere).

Senza esplicita solidarietà, con politiche che, facendo lo stretto interesse nazionale, raggiungono l’interesse comune. A volte succede, direbbe Adam Smith.

Altra via non c’è. Fidatevi.

3 comments

  1. Buongiorno,
    leggo sempre con interesse i suoi articoli. Purtroppo mi pare che, nonostante diverse voci si levino da diverso tempo per una (semplifico!) diversa politica sociale ed economica europea, le indicazioni provenienti dai diversi governi (primo su tutti quello tedesco) siano di tutt’altro tenore.
    A me pare di “leggere” una continua divisione fra le nazioni e, in particolar modo, trovo che si perpetri quella secolare tensione fra Francia e Germania per l’egemonia sull’Europa.
    L’Inghilterra si stacca per guardare al resto del mondo: si svincola dalle elefantiache norme europee per poter essere più agile nelle risposte alle problematiche della contemporaneità.
    Turchia, Russia ed USA recitano i loro ruoli su posizioni simili a quelle tenute reciprocamente un secolo fa.
    Trovo che, seppur con le ovvie differenze epocali, si stia generando una situazione geopolitica simile a quella precedente alla Prima Guerra Mondiale.
    Naturalmente non mi aspetto un conflitto armato in modo convenzionale, anzi credo che il conflitto già è in atto da diverso tempo mediante mezzi economici e finanziari.
    Non penso vi sia una cecità da parte dei politici: penso siano pienamente consapevoli di quanto stia accadendo (il drammatico impoverimento economico e culturale dei popoli) e che la “non-reazione” sia dovuta ad un preciso calcolo.
    Purtroppo, e concludo, non vedo molti spiragli.

    P.S. mi perdoni se quanto detto possa apparire forse un po’ pretenzioso, non ho pretese di storico, né di analista politico.

    Reply
    • Sono a Danzica, dove mi raggiunge la sua mail. Ci sono personaggi tedeschi importanti che mi dicono: dopo le elezioni la Merkel salverà l’Europa, ha capito il suo ruolo nella nostra storia (dopotutto era tedesca orientale). Ci sono motivi per credergli? Sì.

      Reply
      • Gustavo, che notizia! So che presto ci farai sapere di piu’. La Merkel, al suo possibile ultimo mandato, subito dopo aver vinto le elezioni, e quindi non avendo piu’ paura di essere impopolare, finalmente fara’ qualcosa di energetico? Si, effettivamente sembra credibile. Ricordale di non fare eleggere alla BCE un inadatto. E poi festeggiamo!!

        Reply

Lascia un Commento

Required fields are marked *.

*