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Rottamate i due ideologi del PD

Alesina e Giavazzi criticano sul Corriere il Premier Renzi sapendo bene di averne in mano l’agenda ideologica di politica economica. http://www.corriere.it/opinioni/14_novembre_15/tante-misure-cosi-poco-fb909348-6c8b-11e4-b935-2ae4967d333c.shtml

Hanno tutte le ragioni del mondo a chiamare questa manovra non espansiva. Ma non la chiamano restrittiva e recessiva perché vogliono far credere a Renzi che è nella direzione giusta, che ci vuole solo un piccolo sforzo in più e miracolosamente, seguendo i loro consigli, ce la faremo ad uscirne fuori dal pantano. Ma quale consiglio?

Uno solo, perché su tutti gli altri il Premier sta già seguendo alla lettera la loro ricetta. Equilibristi perfetti, si permettono di ricordare a Renzi come:

“… una manovra può essere espansiva anche se, a parità di deficit, riduce le tasse sul lavoro, compensandole con tagli di spesa, soprattutto in un Paese in cui la tassazione sul lavoro è una delle cause della scarsa competitività“.

Come no.

Sappiamo bene che non è vero. Che non è vero che una manovra, a parità di deficit (che comunque non è perché il deficit scende nel 2015), se taglia tasse quanto le spese, è espansiva ma piuttosto 1) è recessiva, perché i tagli di spesa colpiscono le imprese direttamente levandogli appalti mentre i tagli di tasse non vengono spesi in una crisi come questa ma risparmiati (famiglie che non consumano) o non sfruttati (imprese che non investono) e 2) è instabile, perché fa aumentare il debito pubblico su PIL tramite l’effetto recessivo di cui al punto 1).

Alesina e Giavazzi sono noti in tutti il mondo per questa loro ideologia che non ha spazio su nessun giornale scientifico di economia serio e di cui premi Nobel come Krugman e Stiglitz si fanno beffe pubblicamente. E’ nota la fonte di quest’errore scientifico: l’essere preda dell’ideologia che “pubblico è brutto” senza se e senza ma. Ideologia che rende impossibile pronunciare nemmeno a bassa voce quanto i 2 Premi Nobel americani chiedono da tempo all’Europa di fare: la ripresa degli investimenti pubblici per riavviare subito domanda, redditi e occupazione.

Ma, tornando a noi, quello che loro descrivono sopra è effettivamente quello che Renzi ha cercato di fare. Alesina e Giavazzi di fatti lo confessano, per l’attonito lettore del Corriere, quando si incartano meravigliosamente nelle loro contraddizioni, riferendo due tre righe dopo che il costo del lavoro sarà aiutato dalla manovra (“l’effetto netto sarà comunque una riduzione dell’Irap“) e verso la fine chiosando che il solo problema è che il Premier questa manovra non la ha “seguita passo passo … disinteressandosene“.

?

Insomma ma allora di che cosa si sarà mai scordato Renzi nella lista delle azioni che gli ideologi del PD avevano elencato? Sarà forse l’unica proposta concreta menzionata nell’articolo che manca ancora all’appello? Sarebbe cioè bastato ai nostri A&G che la tassazione sulle rendite finanziarie non fosse stata nel pacchetto Renzi per renderli felici? Sembrerebbe, a leggerli, proprio di sì.

Ma.

Che miopia da parte loro non capire che Renzi non può fare quanto da loro desiderato perché vittima, pofferbacco, della loro stessa ideologia.

La tassazione sulle rendite è salita per il combinato disposto di due sfortunate disgrazie. La prima la chiameremo ”la disgrazia del risparmio contro il consumo”.  Chi non crede che il pubblico possa (anzi scusate “debba”) intervenire nell’economia, deve per forza affidarsi al braccino del settore privato per rilanciare la domanda. E dunque deve inventarsi bonus fiscali e penalizzazioni al risparmio. Ma, come abbiamo detto, è un braccino del tennista, senza forza. Consumi e  risparmi in questa crisi non sono nemici ma amici in difficoltà ambedue: e la soluzione sta nel rilanciarli entrambi, rilanciando prima  i redditi. Via appalti pubblici, l’unica leva potente che abbiamo.

La seconda la chiameremo “la disgrazia del pubblico contro il privato”. Chi non chiede intervento pubblico non sente l’esigenza primaria di creare spazio nel bilancio per esso.  Si accontenta di tagliare a casaccio la spesa per metterci dentro qualche taglio di tasse. Ma essendo il Fiscal Compact uno strumento di aggiustamento automatico permanente e crescente nel tempo dei conti pubblici, e le tasse non generando maggiore reddito ed occupazione per quanto detto sopra, in tempo pressoché reale richiede che mentre si nutre, si trovino  risorse per nutrirlo ulteriormente. Un vero mostro insaziabile, il Fiscal Compact. Il limite oggettivo ad ulteriori tagli a casaccio  della spesa obbliga allora a aumentare le tasse altrove. Sui capitali e sulle rendite oggi, o, addirittura, domani, con l’aumento dell’Iva, finendo esplicitamente per deprimere sin da oggi quei consumi che si vorrebbero stimolare e il mercato con esso, per assenza del suo più potente alleato, il pubblico.

Sarebbe semplice spiegare ai nostri due ideologi che le rendite finanziarie potrebbero anche essere tassate meno, se di generasse reddito e sviluppo – via dalla stagnazione – tramite maggiori appalti ed investimenti pubblici, abbandonando il Fiscal Compact, e stimolando i redditi. Ma ciò non sarebbe tollerabile per i nostri A&G: meglio che muoia tutto ma che sopravviva l’ideologia, una Storia che conosciamo bene.

Certo, le ideologie fanno sempre bene a qualcuno, anche questo ci insegna la Storia. Ma se per caso Alesina e Giavazzi fossero interessati al destino dell’unico vero creditore netto dell’economia italiana, il sistema bancario, farebbero bene a chiedere, più che singole misure a favore di questo o di quello, le politiche economiche (giuste) che salvano il Paese tutto, le uniche che salveranno anche il sistema bancario italiano.

Le incoerenze di A&G si spiegano molto semplicemente con il terrore di ammettere che tutte le loro false teorie sono costruite per non permettere che la leva pubblica faccia il suo dovere in un momento di “emergenza” (parole loro non mie) in cui solo essa può salvarci. Renzi, viene il sospetto, è pervaso dallo stesso terrore e forse non è interessato alla spending review per timore che si riveli l’arcano: che pubblico può essere bello, anzi bellissimo, se solo lo si vuole, assieme e non contro il privato.

Comunque sia, Renzi farebbe bene, nell’interesse generale del Paese, a rottamare i due ideologi del PD, rimandandoli a casa a fare ricerca ed insegnamento. Cose per le quali, paradossalmente, sono decisamente più versati.

2 comments

  1. Sì.
    L’antitesi del cambiamento oggi? L’ideologia!

    L’ideologia che non è mai rivoluzionaria, ma portatrice di rigide regole che non investono nell’esperienza della realtà, ma piuttosto nell’uso che viene fatto della realtà nelle convenienze dei dominanti, dove gli individui riproducono e ripetono gesti e pensieri, esercitando così una funzione conservatrice tanto da escludere tutto quanto è diverso e potrebbe minacciare il loro potere.

    Questo crea inevitabilmente una totale e assurda mancanza di progettualità nello scambio e nella comunicazione, una progettualità obiettiva della quale avremmo non solo tanto bisogno, ma anche estrema e urgente necessità.

    Insomma ciò che offrono ideologi di questo tipo rientra tra i peggiori stili di vita.
    Dove si uccide quella potenzialità evolutiva e creativa che sarebbe implicita nella coscienza, nell’intelligenza e in ogni sistema sociale.

    “meglio che muoia tutto ma che sopravviva l’ideologia”

    Questo è l’orrore dal quale ci dovremmo veramente liberare.

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  2. Politiche espansive?

    Ecco i risultati (come volevasi dimostrare, me lo lasci dire…):

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-11-18/abe-va-alle-elezioni-anticipate-e-rinvia-l-aumento-dell-iva-104228.shtml

    Se non si fa veramente politica e ci si limita

    a) alle proposte consolatorie senza senso come chi dice “usciamo dall’euro”

    b) a credere che il sistema vada semplicemente riaggiustato per tornare a farlo funzionare come nel dopoguerra

    non ci si rende conto che sia l’austerità neo liberista (come si vede oggi) sia le politiche keynesiane (come si è già visto negli anni ’70) portano entrambe inevitabilmente a far deflagrare le aporie intrinseche del sistema di sfruttamento-dominio.

    Ora la scelta è se lasciarle miopemente esplodere con violenza da sole o se guidare la transizione storica con coraggio e in maniera matura.

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