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L’emergenza è ricatto, l’indipendenza è nella crescita

Il piano per «salvare l’Italia» ha due parti. Innanzitutto bisogna sospendere, da qui alle elezioni, le emissioni di titoli a medio-lungo termine. Da settembre a marzo il Tesoro ne deve emettere 100 miliardi circa, di cui 60 circa detenuti da residenti, 40 da investitori esteri. Si cominci a vendere qualche società pubblica, ad esempio quote di Terna e Snam Rete Gas: i prezzi di Borsa sono depressi, ma anche i rendimenti dei Btp sono straordinariamente elevati. Vendere con la rapidità necessaria è tuttavia tecnicamente impossibile. Le azioni di queste società sono già state trasferite alla Cassa Depositi e Prestiti che può scontarle alla Bce e con la liquidità così ottenuta acquistare Btp.

La Cassa ha una licenza bancaria e lo può fare: è quello che da mesi fanno le nostre banche. Si può riprodurre il meccanismo con altre società pubbliche e veicoli diversi dalla Cassa. Affinché una simile operazione sia credibile non deve essere un’alchimia finanziaria, ma un «anticipo in conto vendita», cioè si deve cominciare a vendere. Si potrebbe anche pensare ad attrarre il risparmio delle famiglie con emissioni di titoli non soggetti a imposte per i residenti. Il ministro Grilli avrà certamente idee migliori: l’importante è la rapidità. Cento miliardi sarebbero sufficienti per cancellare la maggior parte delle aste di qui a marzo.

Sin qui Francesco Giavazzi.

100 miliardi di debito in meno sono circa 6 miliardi l’anno di cedole da pagare in meno. A queste dovremmo levare tutti i dividendi a cui rinunciamo per avere venduto le società partecipate. Anche se (e non ci credo) lo spread calasse, non ne godremmo se non su quei pochi titoli ancorati ai tassi a breve (BOT e CCT) che continueremmo ad emettere, dove lo spread è ben più basso.

Gli americani direbbero “peanuts”, noccioline. In questa tempesta politica ed economica mondiale le noccioline nemmeno si vedono a 1 cm di distanza.

C’è una compulsione a ripetere fenomenale in tutto ciò: nel 1992-1993 sotto l’emergenza facemmo, per ridurre di qualche nocciolina il debito pubblico, privatizzazioni d’emergenza senza prima liberalizzare i mercati, creando oligopoli privati che si opposero da allora a qualsiasi tentativo di aprire i mercati stessi. Danni permanenti all’economia reale mai misurati appieno, che si sarebbero evitati se non ci fossimo fatti prendere dalla frenesia dell’emergenza.

Oggi, secondo Francesco dovremmo vendere così un po’ a casaccio patrimonio strategico a prezzi splendidi per gli acquirenti (di cui molti acquirenti esteri). E per fare cosa? Per risparmiare (forse!) qualche miliardo oggi e trovarci domani più poveri di proprietà che se meglio gestite potrebbero sostenere la crescita?

Anche io sono convinto come Francesco Giavazzi che “Grilli avrà certamente idee migliori”. In attesa di vederle attuate, perché non ci concentriamo a mettere queste aziende controllate dallo Stato sotto un management che segue le direttive e le esigenze macroeconomiche del Tesoro piuttosto che quello di altre controparti non interessate agli esiti di politica economica? Perché non usare la liquidità in eccesso di queste società per fare investimenti nel settore reale che generino occupazione e PIL? Che aspetta il Tesoro, proprietario di queste aziende, ad utilizzarne le risorse umane, intellettuali, finanziarie, al servizio della guerra alla crisi di PIL? I nostri funzionari del Tesoro che siedono nominati dal Ministro ai tavoli dei consigli di amministrazione di queste aziende, cosa dicono durante i Consigli di Amministrazione? Gli sono state date direttive dal Ministro per mettere queste aziende al servizio del Paese in un momento di gravissima difficoltà o approvano i verbali del “business as usual”?

Oggi, sotto un’emergenza che nasce dal semplice fallimento di tutte le politiche suggerite in 2 anni di editoriali in prima pagina del Corriere della Sera (e puntualmente provate), siamo ridotti a questo. All’emergenza che cambia l’allocazione della ricchezza ma non la produzione di questa.

Un Paese è indipendente e moderno, per riprendere la frase finale di Giavazzi, se è capace di ragionare fuori dall’emergenza che genera ricatto, se è capace di pensare in grande verso la crescita economica, l’espansione delle opportunità individuali e la centralità dell’uomo e dei suoi valori. Tutto il resto genera fallimento e emergenza.

19 comments

  1. Buongiorno professore.
    Oggi non “litighiamo” concordo in pieno con il suo articolo.
    È incredibile la quantità di disinformazione e di terrorismo psicologico fatta dal Corriere in questi anni di crisi, la cosa ancora peggiore, come giustamente ha sottolineato, è che alla fine le bestialità economiche suggerite da Giavazzi e co. vengono applicate !
    Ed ora già immagino fra qualche settimana Monti a reti unificate, che con uno struggente messaggio alla nazione farcito di menzogne di vario tipo, annuncerà la (s)vendita dei gioielli Italiani per ridurre il debito pubblico.

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    • No, non è terrorismo quello del Corriere. Terrorismo è parola da usare per ben altre drammatiche situazioni. Sono dell’idea che la libera informazione è assicurata dall’ampiezza di giornali con idee diverse, il Corriere è uno sfogo pubblico di varie opinioni, spesso conservatrici ma anche interessanti: meglio che stiano all’aria aperta che al chiuso.
      Né sono bestialità quelle di Giavazzi. Sono teorie economiche che hanno molto rispetto nel mondo e che in certe condizioni dell’economia hanno grande valore. E quindi ci si divide tra ricette. Anche qui, l’informazione deriva non dalla verità di uno, ma dal confronto dei tanti.

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  2. C’ era quello che diceva che il potere è nelle mani di chi gestisce lo stato di eccezione; oggi siamo più avanti e il potere è nelle mani di chi può creare ad arte lo stato di eccezione (il ricatto dell’ emergenza) . Gutta cavat lapidem ma sembra che il lapis siamo noi.

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  3. Professore mi perdoni, ma un giornalista economico ed un giornale che continuano a diffondere ricette economiche che, negli anni 80 hanno portato al disastro economico i paesi in via di sviluppo, negli anni 90 hanno portato al fallimento e alla quasi guerra civile l’ Argentina e negli ultimi due anni stanno affamando i popoli della Grecia, della Spagna, dell’ irlanda e del Portogallo, lei come li definirebbe?
    Parlare dell’ aumento del debito pubblico come se fosse la causa della crisi, invece di essere considerato per quello che è, cioè la conseguenza degli squilibri portati dall’ euro nei piigs, come l’ aumento del Debito estero soprattutto privato ( come dimostrato dal lavoro di Manasse e Roubini ) e il defict del saldo delle partite correnti e favore della Germania e della sua politica di svalutazione salariale.

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    • Sono ricette che generano anche ricchezza: le politiche dell’offerta sono un pezzo fondamentale della creazione di ricchezza materiale. Dipende in che momenti e come vengono proposte, non è tutto bianco o nero. Le politiche della domanda che io propongo ora sono in certi contesti idiotiche e distruttrici di benessere.

      In realtà il debito pubblico italiano nasce per ben altri motivi dell’euro (vedi post di Cirino Pomicino). Concordo certamente che non è causa della crisi. E non credo che la germania con una politica di svalutazione salariale (fatta al tavolo con i sindacati e che oggi vedono aumenti di salari reali netti e minore disoccupazione) abbia commesso un crimine. L’errore è stato nostro di avere continuato a parlare per 10 anni di rispettare il deficit al 3% del PIL con vari trucchi contabili invece di parlare di Cina e equilibri mondiali come hanno fatto i tedeschi. Nostro. Non scarichiamo sugli altri le nostre deficienze intellettuali.

      Ora la Germania sta commettendo gravi errori, pari a quelli da noi commessi negli ultimi 10 anni. 2 colpe non fanno una soluzione, ma sono 1 buona ragione per unirci per superare la crisi. Unirci. La soluzione è solo questa.

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        • E come dice ilBuonPeppe

          “Purtroppo la svendita delle aziende pubbliche è uno dei punti centrali di questo governo. Lo faranno perché sono stati messi lì per questo.”

          Quindi concordo con Beppe e concodo con lei: 2 colpe non fanno una soluzione.
          All fine di tutto cio’ (qualunque sia la fine) ci troveremo un’Italia ancora piu’ povera.

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          • No. No. No. Questo Paese non si vende. Questo Paese è fatto di grandissima e dolorosa storia, di tantissimi uomini e donne fantastici lavoratori e produttori di bello. Questo Paese, senza il minimo dubbio, tornerà a splendere. Sia paziente e lavori duro per questo.

      • “le politiche dell’offerta sono un pezzo fondamentale della creazione di ricchezza materiale”

        Un esempio storico di politica dell’ offerta che lei ritenga un successo (quindi da seguire quando lo richiederà la situazione)?
        Pensa alla Thatcher? O preferisce Reagan?

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  4. Applausi.
    Purtroppo la svendita delle aziende pubbliche è uno dei punti centrali di questo governo. Lo faranno perché sono stati messi lì per questo.

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  5. Sera professore.
    Vorrei fare alcune precisazioni, so benisumo che l’ Italia ha molte colpe, non ultima la sciagurata scelta del 1983 di far separare la banca d’ italia dal ministero del tesoro, scelta che ha dato un bel impulso all’ esplosione del debito pubblico.
    Ma credo che il punto non sia questo, quando gente come Giavazzi e il giornale per cui scrive, continua a dare la colpa dell’ attuale crisi al Debito Pubblico come un mantra sacro, di fatto sta facendo disinformazione. Ora i motivi per cui ciò accade sono due a mio modo di vedere, o veramente non sa che l’ aumento del debito pubblico in questo momento è una CONSEGUENZA degli squilibri che ho già descritto, e quindi sbaglia in buona fede ( ma ho forti dubbi ) oppure sta mentendo sapendo di mentire e in questo caso si può solo parlare di disonestà intellettuale.

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  6. Pingback: Svendere a casaccio il patrimonio dello Stato? Sono solo noccioline | Informare per Resistere

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